III sec.
Due santi, Marciano e Nicandro, venerati in giorni diversi e con storie diverse, sono al centro di un enigma storico. Il Martirologio Siriaco li commemora in Egitto, mentre il Martirologio Romano li colloca in Mesia. Esistono prove per entrambi i gruppi, ma la verità rimane sfuggente. Un gruppo di dieci martiri egiziani, tra cui Marciano e Nicandro, è documentato con Atti e menzionato nel Martirologio Romano. I Bollandisti, studiosi di agiografia, sostengono invece che Marciano e Nicandro siano un unico gruppo di martiri in Mesia. La tradizione egiziana, però, suggerisce che il Martirologio Siriaco parli proprio dei martiri egiziani. Le loro storie, seppur con differenze, sono considerate entrambe autentiche. Un ulteriore elemento di confusione arriva dal culto di Marciano e Nicandro in Campania, legato a reliquie traslalate. Queste potrebbero appartenere a un altro martire, Nicandro di Capua.
Martirologio Romano: In Egitto, santi Marciano, Nicandro, Apollonio e compagni, martiri, che come si tramanda, per aver professato la fede cristiana, dopo atroci supplizi, furono rinchiusi in un recinto murario ed esposti al sole ardente, morendo infine estenuati dal calore, dalla sete e dalla fame.
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Il Martirologio Siriaco del secolo IV annuncia al 5 haziran (= giugno): "a Tomi, Marciano e tre altri martiri". Lo stesso giorno (5 giugno) il Martirologio Geronimiano, da parte sua, annuncia: "in Egitto, Marciano, Nicandro e Apollonio di cui si possiedono gli Atti".
Intorno a questa doppia commemorazione, allo stesso giorno, simile e diversa nel contempo, si è sviluppata una lunga e sfortunata ricerca. Si tratta di due gruppi di martiri o di uno solo? E se si dovesse concludere per la distinzione, come spiegare le apparenti relazioni?
A proposito dei martiri d'Egitto il Geronimiano parla di Acta conservati. In effetti si conosce una doppia passio greca dei «dieci martiri d’Egitto». L’esistenza di questo gruppo egiziano è confermata (almeno, per quanto riguarda il culto) dai sinassari bizantini che annunciano ad 5 giugno «in Egitto Marciano, Nicandro, Apollonio, Leonida, Areio, Gorgio, Iperchio, Selenio, Irene e Pambone. P. Franchi de’ Cavalieri, dopo aver studiato minuziosamente tutte le testimonianze della passio dei dieci martiri d’Egitto, confrontandole anche con altri testi similari (in particolare con la passio di san Polieutto e compagni, e quella dei quaranta martiri di Sebaste), poteva concludere per l’autenticità di questa tradizione, anche se qualche punto importante, come il luogo (Egitto o Alessandria) e l’epoca del martirio (Decio o Licinio) non potevano ancora essere fissati con certezza. Secondo il dotto agiografo il nucleo originario della passio dei dieci martiri poteva così riassumersi:
«Essi (Marciano e Nicastro) avevano dovuto comparire davanti al magistrato (di nome Massimo) insieme ad altri otto cristiani e in seguito al fermo rifiuto d’obbedire alle sue ingiunzioni, erano stati condannati a morire d’insolazione e di fame entro un recinto appositamente costruito in aperta campagna. Questo recinto divenne dopo la loro morte, loro sepolcro e monumento».
In Occidente, dopo Floro, seguito da Adone e Usuardo, i martirologi commemorano al 5 giugno i martiri d’Egitto, con un annuncio che non è altro che la ripetizione del Geronimiano. Lo stesso testo è stato introdotto da C. Baronio nel Martirologio Romano, sempre al 5 giugno, ma con l’aggiunta (certamente sotto l’influenza dei sinassari bizantini) di et aliorum dopo la menzione dei nomi dei tre martiri (dove Nicandro è divenuto Nicànore) e con la precisazione, peraltro poco provata storicamente, che il loro martirio aveva avuto luogo durante la persecuzione di Galerio Massimiano.
Nel Commento al Martirologio Romano, però, i Bollandisti sembrerebbero respingere quanto il Delehaye aveva detto in precedenza sull’autorità innegabile degli Atti dei martiri d’Egitto e, dopo aver accennato alle difficoltà presentate dalla storia di questi martiri, non esitano a concludere, colpiti soprattutto dall’identità della coppia Marciano e Nicastro: «Nobis certum est Marcianum et Nicandrum in Moesia passos esse, nec attendenda sunt hagiographorum commenta, qui eorum palaestram alio transferunt».
Sebbene non parlino esplicitamente dell’Egitto, i Bollandisti. Commentando precisamente una notizia posta dal Martirologio Romano in questo paese, respingono l’esistenza di un doppio gruppo di martiri.
Considerando la tradizione egiziana, cosa rappresenta l’annuncio del Martirologio Siriaco al 5 giugno: «A Tomi, Marciano e Nicandro»? Tomi è in Mesia, e questo trapianto subito ci riporta ai due altri martiri di Durostoro, ugualmente in Mesia: Nicandro e Marciano, commemorati (notare l’ordine inverso a quello dei martiri d’Egitto) l’8 giugno nei sinassari bizantini, e il 17 dello stesso mese nel Martirologio Romano.
H. Delehaye ha segnalato nel Geronimiano, a diverse date, qualche traccia di questi santi di Durostoro.
Pur segnalando le differenze rispetto alla passio dei martiri d’Egitto, P. Franchi de’ Cavalieri, riassumeva così quella di Nicandro e Marciano: «Essa fece parte, in primo luogo, di un gruppo notevole di passioni, quelle di Giulio veterano (giunta fino a noi), di Pasicrate e Valenzione (nota sin qui soltanto attraverso i compendi dei sinassari) e di Esichio. Sono racconti semplici, naturali, a volte patetici, e riguardano esclusivamente soldati romani delle truppe acquartierate lungo il Danubio, in specie a Durostoro.
Due di questi soldati, Nicandro e Marciano... si rifiutarono di ricevere un donativo e di sacrificare agli dèi. Tradotti dinnanzi al praeses Massimo (lo stesso nome del magistrato dinnanzi al quale sono comparsi i martiri d’Egitto), questi, benché alieno dal sangue, si ritiene obbligato a condannarli a morte, così ordinando il decreto imperiale per tutti quei soldati che non vogliono riconoscere la religione dello Stato. Ma la pena che Massimo sceglie è la più mite (la decollazione), né vi ricorre se non quando, spirata una lunga dilazione di venti giorni, egli ha perduto ogni speranza di smuovere la costanza dei due cristiani. Al luogo del supplizio i santi si recano accompagnati da un loro commilitone cristiano di nome Zotico e dalle rispettive consorti l’una d’animo debole e di scarsa fede, l’altra non meno affettuosa che eroica, un vero esempio di moglie cristiana».
È interessante rilevare a questo proposito che, di recente, F. Halkin ha trovato sia nel Sinassario di Chifflet sia in quello oxoniano della Christ Church, come data di commemorazione di Nicandro e Marciano il 27 maggio, precisamente quella del martirio di Giulio di Durostoro.
Un poco più avanti P. Franchi de’ Cavalieri aggiunge: «Bisogna pertanto concludere che, come le leggende, così sono indipendenti i due martiri danubiani dai dieci egizi, e che questi, commemorati nell’antichissimo martirologio orientale (per Franchi de' Cavalieri, infatti, bisogna vedere nell’annunzio del 5 giugno del Martirologio Siriaco una commemorazione dei martiri d’Egitto, non di quelli di Mesia), e celebrati in una passio greca, la cui versione risale al principio del secolo V, ricordata com’è nel Martirologio Geronimiano, sono storici quanto i primi due [danubiani]».
Per completare il quadro occorre rilevare un ultimo aspetto della storia del culto di Nicandro e Marciano, cioè quello della loro venerazione in Campania. Sempre secondo Franchi de' Cavalieri si può ammettere che, dopo una traslazione delle loro reliquie, i due santi di Mesia abbiano preso il posto dell'autentico martire Nicandro di Capua.
Autore: Joseph-Marie Sauget
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