A proposito dei martiri Eliodoro, Dasàn e compagni abbiamo già avuto occasione di parlare di questo importante gruppo di cristiani (i testi parlano di novemila) del Bet-Zaydé, regione dell’impero romano al confine con quello persiano, che il re Sapore II aveva deciso di deportare in Persia.
Sebbene il testo siriaco degli Atti dei Santi martiri Prigionieri non menzioni il nome di Ia, non c’è ragione di esitare nel collegarla a quella coorte di martiri di Sapore.
Essa ci è nota attraverso l’encomio anonimo greco pubblicato una prima volta negli Acta SS dal Pien, poi in edizione critica da H. Delehaye. Mettendo a confronto questo testo con gli Atti in siriaco dei santi martiri prigionieri, si nota una sostanziale identità letteraria e sarebbe assai interessante sottoporre il parallelismo dei due testi ad un esame completo per giungere a stabilire la loro esatta parentela, nonché i dati tratti da altre passiones relative alla stessa persecuzione.
Da tale esame, potrebbe infatti risultare che la passio greca di Ia non è se non un rimaneggiamento del testo siriaco, dal quale un redattore bizantino avrebbe preso soprattutto il quadro storico degli avvenimenti per mettere meglio in luce la figura della martire che godeva a Costantinopoli, come si vedrà, di un culto antico ed assai diffuso.
Dal testo della passio risulta che Ia aveva uno zelo ardente nella fede e che il suo ardore missionario aveva trovato efficace aiuto nella profonda conoscenza delle Sacre Scritture.
Quando i prigionieri, nel numero dei quali ella si trovava, giunsero nell’Huzistan, Ia trascorse il suo tempo a confortare nella fede i suoi compagni ed a predicare le verità cristiane alle donne pagane che sapeva accattivarsi con la simpatia e la carità. L’attività di Ia venne a conoscenza dei mariti delle nuove adepte, i quali se ne lagnarono con Sapore, descrivendola come dedita alle pratiche magiche di cui si serviva per allontanare le sue ammiratrici dal culto ufficiale, violando così direttamela le prescrizioni imperiali.
Il caso di Ia fu allora affidato a due maghi, Adarsabur e Adarphar, i quali non potendo toglierla dalla sua fede, la sottoposero ad una prima serie di tormenti e la fecero incarcerare. In capo a due mesi la sottoposero ad un nuovo interrogatorio senza giungere a migliore successo; per cui fu nuovamente torturata più crudelmente ancora e, morente, fu riportata in carcere. Sei mesi dopo subì la terza ed ultima prova. Dopo una serie di torture sempre più dolorose, conclusesi con il supplizio della pressa sotto cui le sue membra furono schiacciate, Ia fu infine decapitata.
Malgrado la proibizione di seppellire il suo corpo alcuni cristiani riuscirono a raccoglierne clandestinamente le spoglie e a collocarle in luogo sicuro. Il racconto termina precisando che il martirio ebbe luogo il 5 agosto.
I sinassari bizantini all’11 settembre, o al 10 e al 25 dello stesso mese, o ancora al 4 o al 5 agosto, commemorano Ia con una notizia che appare in stretta dipendenza con quella della passio riassunta in precedenza.
Oltre al testo della passio, ci è pervenuto anche un secondo documento agiografico greco. Si tratta di un panegirico, composto da Macario, monaco di Manganes (a Costantinopoli) che scriveva durante il regno di Andronico II (1282-1328), successore di Michele Paleologo. Come fa notare H. Delehaye pubblicando quest’opera, Macario «è un retore che dà libero corso più alla mania degli sviluppi attraverso i luoghi comuni, che alle sue facoltà inventive, quella mania propria ad un gran numero di agiografi».
Ciò che in questo discorso riguarda più direttamente Ia non è che un riassunto della passio greca. Il maggior interesse di questa composizione sta, comunque, in alcune notizie sul trasferimento a Costantinopoli, da parte di un imperatore che non è menzionato, delle reliquie di Ia, per le quali lo stesso imperatore fece costruire un santuario, fuori della Porta d’Oro. Questo avvenimento avrebbe avuto luogo in un’epoca piuttosto antica, perché, come riferisce Procopio, Giustiniano dovette far restaurare il tempio di Ia. Questa chiesa fu distrutta al tempo della presa di Costantinopoli da parte dei Crociati nel 1204 ed il corpo della santa fu trasferito nel monastero di Manganes.
Nel suo studio sulle chiese di Costantinopoli, R. Janin menziona, oltre quella della Porta d’Oro, altre due chiese dedicate a Ia nella capitale, una all'heptascalon e l’altra sul Bosforo. Di questi tre luoghi di culto si trova eco nei sinassari.
Oltre che nella Chiesa bizantina, occorre fare menzione di tracce di culto dedicato ad Ia nel Sinassario armeno di Ter Israel al 2 hori (= 11 settembre, una delle date dei sinassari bizantini) in cui Ia appare con il nome di Manousak. Occorre notare che si tratta in questo caso di una traduzione del nome secondo l’etimologia; infatti in greco la significa «violetta», e Manousak in armeno può essere tradotto letteralmente con «viola del pensiero». Si può stabilire una relazione tra il nome della martire e l’odore soave che si diffuse intorno dopo la sua esecuzione? Si può comunque pensare che la stessa lingua greca aveva già interpretato il nome della martire, che ci è sconosciuto nella forma siriaca.
Sebbene Ia manchi nel Sinassario Alessandrino di Michele, vescovo di Atrib e Malig, essa compare tuttavia nella traduzione geez all’11 mascara (= 8 settembre) nella forma Banafzez, nella quale si riconosce facilmente l’arabo Banafsag che vuol dire appunto «violetta».
Nelle due redazioni riassunte, le notizie dei sinassari armeni e geez sono, malgrado tutto, abbastanza chiare per potervi riconoscere la martire persiana.
C. Baronio ha introdotto Ia nel Martirologio Romano semplicemente nella forma greca, per la buona ragione che egli ne ha trovato la memoria a questa data nel sinassario bizantino da lui utilizzato.
Occorre infine ricordare la probabile identità tra Ia e l’Eudocia commemorata in alcuni sinassari bizantini al 4 agosto, come già abbiamo avuto occasione di affermare alla voce indicata.
Autore: Joseph-Marie Sauget
Fonte:
|
|
|
|