Li ricorda già insieme, alla data del 9 agosto, l’antico elenco di martiri di varie regioni, noto come Martirologio geronimiano (attribuito erroneamente a san Gerolamo). E così fa pure il Martirologio romano, redatto per tutta la Chiesa nel XVI secolo. Con questi nomi ci sono stati in Africa del Nord due martiri: Fermo, che morì a Cartagine (di fame) al tempo dell’imperatore Decio, promotore di una delle più dure persecuzioni contro i cristiani (249-251). E Rustico, che invece fu ucciso con altri a Lambesa (Algeria) nel 259, sotto l’imperatore Valeriano. I loro resti si trovano a Verona, in San Fermo Maggiore, singolare complesso sacro formato da due chiese costruite in tempi diversi l’una sopra l’altra, nel XIII secolo e poi nel XIII-XIV. La splendida chiesa superiore custodisce le reliquie di Fermo e Rustico. E la loro vicenda affatica gli studiosi per l’intreccio tra un esiguo dato storico e alcune narrazioni avventurose e pittoresche, prive di riscontri storici, ma che qualcosa di interessante suggeriscono. Secondo un’antica “Passione”, Fermo e Rustico non erano africani, ma bergamaschi, e morirono decapitati per la fede fuori dalle mura di Verona, super ripam Athesis, sulla sponda dell’Adige, al tempo dell’imperatore Massimiano (286-310). Dopodiché i due corpi sarebbero stati portati da Verona fino all’Africa del Nord, per essere seppelliti a Cartagine. Ma più tardi, eccoli di nuovo imbarcati e in rotta verso l’Italia, con una sosta a Capodistria, e con Trieste come destinazione finale. E qui, durante il regno longobardo di Desiderio e Adelchi (757-774) ecco arrivare il vescovo Annone di Verona; il quale riscatta a pagamento i resti dei due martiri. E poco dopo i veronesi li accolgono con grande solennità, collocandoli in una chiesa che da molto tempo era stata innalzata in loro onore. Tutto ciò si legge in due documenti: la Translatio ss. Firmi et Rustici della seconda metà dell’VIII secolo, e il Ritmo pipiniano (a cavallo tra VIII e IX secolo). Leggendario, quel racconto di un viaggio andata-ritorno dei due corpi. Ma nella leggenda il suggerimento c’è. Il richiamo all’Africa fa pensare non a un ritorno, ma a una venuta. Ossia all’estendersi anche in Italia del culto per le figure e le reliquie di questi martiri d’Africa. Come è avvenuto per altri, la cui fama è stata portata e divulgata in Europa dall’emigrazione forzata di tanti romani d’Africa di fronte all’invasione (429) dei Vandali di Genserico. E Verona era aperta a questa accoglienza, avendo avuto come vescovo – e volendolo, poi per sempre come patrono – il nordafricano Zeno. "Tutti questi elementi, posti nel vasto quadro della venerazione in Italia di santi africani, confermano l’ipotesi dell’origine africana dei santi Fermo e Rustico" (Silvio Tonolli, Bibliotheca Sanctorum).
Autore: Domenico Agasso
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