E' commemorata il 21 agosto nel Martirologio Romano,
inseritavi dal Baronio sull'autorità di una favolosa passio che si conservava nella Biblioteca Vallicelliana. Secondo questo testo, Ciriaca era una nobile romana la quale, rimasta vedova dopo undici anni di matrimonio, mise se stessa e i suoi beni a disposizione dei cristiani che, durante la persecuzione, si riunivano nella sua casa, sita sul Celio, per celebrarvi i divini misteri. Conobbe anche san Lorenzo che la guarì da un mal di capo; dopo la morte del santo, al tempo della persecuzione di Decio, fu arrestata e sottoposta a terribili tormenti durante i quali morì, il 23 agosto. Il suo corpo fu sepolto nell«agro Verano», non lungi da quello di san Lorenzo, in un suo podere.
Già nella complessa passio Polychronii si accennava ai rapporti tra Ciriaca e Lorenzo, ma senza riferimento al martirio della vedova, mentre gli Itinerari del sec. VII indicano la tomba di Ciriaca accanto a quella del famoso martire, e nella biografia di Adriano I ella è detta «beata». Secondo un'iscrizione conservata in San Martino ai Monti, il papa Sergio II (844-47) aveva trasportato il suo corpo in quella chiesa donde, più tardi, sarebbe stato ancora trasferito in quella di Santa Maria in Campitelli. Col nome di Ciriaca è anche indicato, in antichi documenti topografici, il cimitero della via Tiburtina in cui fu seppellito san Lorenzo, ma quel nome dovette essergli attribuito più tardi, poiché nella Depositio Martyrum esso è riferito semplicemente con la denominazione topografica «in Tiburtina». L'origine dell'attribuzione, con molta probabilità, deve ricercarsi in una notizia del Liber Pontificalis, in cui, alla Vita di Silvestro, si legge che Costantino donò alla chiesa di San Lorenzo al Verano «possessio cuiusdam Cyriacae religiosae foeminae quod fiscus occupaverat tempore persecutionis, Veranum fundum». Il «fondo Verano» fu facilmente identificato con «l'agro Verano» e, per conseguenza, col cimitero omonimo. Così Ciriaca entrò nell'agiografia di Lorenzo essendo, naturalmente, anch'essa elevata alla dignità di martire.
Autore: Agostino Amore
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