Etimologia: Costanzo = che ha fermezza, tenace, dal latino
Martirologio Romano: Ad Ancona, commemorazione di san Costanzo, che, mansionario della chiesa, rifulse più per l’umiltà che per il dono dei miracoli.
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Di lui fornisce alcune notizie s. Gregorio Magno nei suoi Dialogi, mettendone in evidenza la profonda umiltà e la virtù taumaturgica. Secondo la narrazione dell'insigne pontefice, basata sulla testimonianza cuiusdam coepiscopi mei (probabilmente il vescovo stesso della città) e di altre persone del luogo, Costanzo, in abito monacale, esercitava l'ufficio di mansionario, o di sacrista, nella chiesa di S. Stefano, prima cattedrale di Ancona e famoso santuario, in cui, al dire di s. Agostino, si venerava una reliquia del protomartire. S. Gregorio fa soprattutto rilevare come all'aspetto dimesso e quasi spregevole del semplice e piccolo sacrista corrispondesse un grande spirito di perfezione, che rifulgeva attraverso il dono dei miracoli. Tra i fatti prodigiosi si ricorda che, per la virtù taumaturgica dell'umile sacrista, le lampade della chiesa ardevano pur essendo piene di acqua anziché di olio. Poiché si era diffusa la fama della santità e delle opere straordinarie del piccolo monaco molti accorrevano a lui per vederlo e per chiedergli favori spirituali. Un giorno capitò nel tempio un rude contadino che, vedendo l'esile sacrista su di una scala intento ad allestire le lampade, si rifiutò di credere alla sua santità e prese a deriderlo con parole offensive, trattandolo da bugiardo e presuntuoso. Costanzo, che aveva udito le ingiurie, corse ad abbracciarlo e a baciarlo, ringraziandolo di tale trattamento e dando così prova, come conclude s. Gregorio, che se era grande nei miracoli, era più grande per l'umiltà del cuore. Altro non si conosce di questo santo confessore. Il suo corpo venne più tardi trasferito a Venezia e deposto prima nella chiesa di S. Basilio, poi in quella dei SS. Gervasio e Protasio, ove si venera attualmente e se ne celebra la festività il 23 settembre, come nella diocesi di Ancona. Non sono note le ragioni e l'epoca precisa di tale traslazione: qualche cronista locale ritiene che il corpo sia stato trafugato nel sec. XII in occasione di un assedio e a seguito di rapina compiuta da alcuni mercanti veneziani. Certo è che la figura di Costanzo non ha alcun rilievo nell'antica iconografia sacra locale (essa non appare nei plutei attribuiti ai secc. XI-XII) e, poiché il nome del santo è taciuto in alcune formule liturgiche della antica Chiesa anconetana, si può pensare che il trasferimento delle reliquie sia avvenuto anteriormente al Mille e forse nel sec. IX, dopo la distruzione operata dai saraceni alla quale seguì per Ancona un periodo di abbandono. Oggi la chiesa cattedrale, come unico ricordo di Costanzo, possiede un frammento osseo che è stato donato, con autentica del patriarca di Venezia, nel 1760.
Autore: Mario Natalucci
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