† 561/566 o 585
Martirologio Romano: A Treviri nella Renania, nel territorio dell’odierna Germania, san Nicezio, vescovo, che, come attesta san Gregorio di Tours, veemente nella predicazione, terribile nei rimproveri, fermo nell’insegnamento, fu colpito dall’esilio sotto il re dei Franchi Clotario.
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Delle varie testimonianze che ci sono pervenute su Nicezio (lat. Nicetius; fr. Nizier), la più ampia è la Vita scritta da Gregorio di Tours tra il 591 e il 594, quindi quasi contemporanea e nel suo insieme pienamente attendibile poiché in essa Gregorio descrive, come egli stessi attesta, ciò che gli ha riferito Aredio, abate di Attanum (oggi St-Yrieix-la-Perche), presso Limoges che, da giovane, era discepolo di Nicezio e aveva confidenza con il santo vescovo.
Di origine gallo-romana, come indirà il stesso nome, Nicezio nacque probabilmente a Limoges verso la fine del secolo V. Ancora in giovane età, fu affidato dai genitori a un monastero (Limoges?) dove ricevette la prima istruzione, poi si fece monaco e fu eletto abate. Da Teodorico I, re d'Austrasia (511-534), presso il quale godeva molta stima, fu chiamato, verso il 525-26, a governare l'importante diocesi di Treviri.
Appena arrivato alla sua sede, si mise subito a riattivare la vita religiosa, promuovendo efficacemente la riforma del clero, fondando nuovi monasteri, ricostruendo le chiese. Gli si deve specialmente la ricostruzione del duomo alla quale collaborarono anche alcuni artigiani italiani che Nicezio fece venire insieme con altri originari dell'odierna Svizzera.
Temendo soltanto Dio, non si lasciò intimorire dai grandi della terra, Teodeberto, figlio del re Teodorico, conduceva una vita poco esemplare; essendosi un giorno, dopo la morte del padre, presentato di domenica in chiesa accompagnato da alcuni signori conosciuti per la loro dissolutezza e persino scomunicati, Nicezio si rifiutò di continuare la Messa. Il giovane re protestò e allora un uomo, posseduto dal demonio, cominciò a gridare alte le virtù del vescovo e i vizi del principe, tacendo soltanto quando i malvagi compagni di Teodeberto si allontanarono. Persino il re Clotario I fu da Nicezio scomunicato (nel 561) e il santo vescovo dovette perciò andare in esilio, esilio che però non durò a lungo, poiché nello stesso anno Clotario morì e il successore, Sigeberto, richiamò Nicezio a Treviri.
L’opera e l’influenza di Nicezio non si limitarono alla sua sola diocesi, ma si estesero ad altre regioni, fino a Costantinopoli. Sappiamo anche che prese parte a vari concili celebrati nei regni merovingici. Delle due sue lettere di cui ci è pervenuto il testo, l’una è indirizzata all’imperatore Giustiniano I per esortarlo a cessare di perseguitare i cattolici con il pretesto di punire i seguaci di Eutiche e di Nestorio; l’altra è destinata a Clodosvinda, figlia del re Clotario I, diventata regina dei Longobardi, perché conduca alla fede cattolica il marito, re Alboino, ancora ariano; in questa lettera Nicezio ricorda alla sua figlia spirituale l’esempio di santa Clotilde e conclude: «Grida incessantemente, canta continuamente... vigila, vigila...».
Dopo una vita intensa, per più di trent’anni dedicata completamente alla Chiesa e al gregge affidatogli, Nicezio morì in una data non precisata, ma certamente dopo il 561; secondo alcuni nel 566 (Zimmermann e altri), secondo altri verso il 585 (Ewig). Fu sepolto a Treviri nella chiesa del monastero di san Massimino. Presso la sua tomba presto si ebbero frequenti miracoli di cui parla già Gregorio nella Vita. Dallo stesso Gregorio viene chiamato sanctus, e con questo titolo viene invocato anche nelle Litanie del Salterio d’Egberto del secolo X.
Il suo nome si trova nelle aggiunte al Martirologio Geronimiano, nel codice di Corbie (secolo VIII) e in molti altri martirologi posteriori, politicamente la sua festa si indicava, e si celebra ancor oggi, a Treviri il 1° ottobre; Adone però la trasferì al 5 dicembre, data in cui è recensita nel Martirologio Romano.
Autore: Puulius Rabikauskas
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