† Gerusalemme, I secolo
I santi Simeone e Anna, secondo il racconto di Luca, erano due anziani che si trovavano al tempio al momento della presentazione di Gesù: in quel bimbo, nonostante l'assenza di qualsiasi segno esterno, videro la salvezza non solo per Israele ma per tutti i popoli. È un messaggio di speranza che invita la Chiesa a saper cogliere l'azione dello Spirito in ogni dove, nella certezza che in Cristo si ritroveranno raccolti tutti coloro che hanno saputo essere strumenti della vita di Dio. L'annuncio del Vangelo è anche questo: ricordare all'uomo che la vera salvezza è quella che viene da Cristo, resa possibile dallo Spirito Santo.
Etimologia: Simeone = Dio ha esaudito, dall'ebraico
Martirologio Romano: A Gerusalemme, commemorazione dei santi Simeone e Anna, il primo anziano giusto e pio, l’altra vedova e profetessa: quando Gesù bambino fu portato al tempio per essere presentato secondo la consuetudine della legge, essi lo salutarono come Messia e Salvatore, beata speranza e redenzione d’Israele.
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Non ha sentito gli angeli annunciare la nascita di Gesù, ma già da prima sapeva che la venuta del Messia era imminente. Vangelo di Luca, cap. 2: "Lo Spirito Santo che era su di lui gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte prima di aver veduto il Messia del Signore". E sa che ogni passo della sua vecchiaia lo avvicina a quel momento. Chi è Simeone, ricordato sempre fra i santi delle Chiese d’Occidente e d’Oriente?
Alcuni testi apocrifi, ossia non canonici, lo dicono "sacerdote" (Protovangelo di Giacomo) e anche "grande maestro", "beato e giusto" (Vangelo di Nicodemo). Luca lo dice solo "giusto e timorato di Dio, che aspetta il conforto d’Israele", cioè il Messia. Dev’essere dunque uno dei molti pii israeliti raccolti nell’attesa e piuttosto distaccati dalle vicende del tempo, dal fervido dibattito religioso fra i dotti nel clima della dominazione romana. Vive nel “timor di Dio”, conscio di trovarsi sempre alla sua presenza. E la sua vita esemplare è stata premiata con quella promessa, sicché la sua attesa del Messia non ha nulla di ansioso: Simeone aspetta sicuro e sereno.
Nasce Gesù, dunque, e viene poi il giorno della sua presentazione al tempio, secondo la Legge. Maria e Giuseppe si avviano col bambino nel fitto viavai intorno all’edificio sacro innalzato da Erode il Grande, e non ancora del tutto terminato. Ed ecco arrivare Simeone, anche lui, che riconosce in Gesù il Messia e lo prende tra le braccia benedicendo il Signore: ora egli può davvero morirsene in pace. E’ la scena dolce e notissima, tanto spesso narrata e raffigurata. Ma si può capirla solo tenendo presente il breve inciso di Luca al versetto 27: "Mosso dunque dallo Spirito...", dall’azione dello Spirito dipende ora ogni gesto di Simeone; e dipende tutto il suo discorso, che deborda vistosamente dalla tradizione, con parole che farebbero sobbalzare tanti maestri del tempo: "I miei occhi", dice, "hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". Simeone, “mosso dallo Spirito”, contraddice il particolarismo del suo tempo, che aspetta un salvatore solo o soprattutto di Israele. Lui invece risale più indietro, si rifà all’universalismo dei profeti, a Isaia: "Ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra". Gloria d’Israele sì, ma anche – e subito – salvatore per tutti.
Parole che stupiscono molto anche Maria e Giuseppe. Ma per la Madre di Gesù il vecchio Simeone ha ancora un annuncio: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i segreti di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima". Così termina Simeone, ancora “mosso dallo Spirito”, che ha incoraggiato la sua attesa. E soprattutto l’ha illuminata.
Autore: Domenico Agasso
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