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Beato Giovanni Bono Eremita e fondatore

Festa: 23 ottobre

Mantova, 1168 - Mantova, 16 ottobre 1249

Giovanni Bono nacque a Mantova nel 1168, da Giovanni e da Bona. Dopo la morte del padre si diede alla vita vagabonda, esercitando l’attività di giullare. Colpito quarantenne da grave malattia, fece voto che, se fosse guarito, avrebbe abbandonato la sua condotta immorale per consacrarsi a Dio. Riacquistata la salute, si ritirò in un eremo presso Cesena, e là condusse una vita austera, caratterizzata da un’intensa preghiera e da una rigorosa penitenza. Ben presto il suo esempio indusse numerosi giovani a farsi suoi discepoli. In ossequio alle decisioni del Concilio Lateranense IV (1215), accolse la regola agostiniana, interpretandola con accentuata sensibilità eremitica e penitenziale.
Non sapendo né leggere né scrivere, pregava con i salmi che conosceva a memoria e con orazioni popolari. Sempre intento a promuovere il bene della Chiesa, accolse e rianimò nella fede dubbiosi, scettici, eretici. Morì a Mantova, il 16 ottobre 1249. Il suo corpo riposa nel santuario della Beata Vergine Incoronata, annesso alla Cattedrale.

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Martirologio Romano: A Mantova, beato Giovanni Bono, eremita, che, da giovane, lasciata la madre, errò per varie regioni d’Italia esercitando il mestiere di giocoliere e di attore comico, ma all’età di quarant’anni, dopo essersi gravemente ammalato, fece voto a Dio di abbandonare il mondo per donarsi interamente in penitenza e amore a Cristo e alla Chiesa e fondò una Congregazione sotto la regola di sant’Agostino.


Nacque a Mantova verso il 1168. Orfano di padre, a circa 16 anni lasciò sua madre e girovagò come attore comico per le varie regioni d'Italia; ammalatosi gravemente verso il 1209 si propose di mutare vita e fare penitenza dei suoi peccati. Recuperata la salute, cominciò ad attuare la sua promessa, vivendo prima come solitario, vicino a Bertinoro, e dal 1210 - o poco dopo - fino al 1249 in altro luogo più appartato, chiamato Butriolo, presso Cesena. Qui ebbe subito dei seguaci, che costruirono la prima casa della futura Congregazione, ma lui continuò a vivere nel suo eremo. Consta che vi tenesse un crocifisso, un'immagine della Vergine, una pila per l’acqua benedetta e una tavola sulla quale dormiva vestito. I cardi e i rovi dei giorni di maggior penitenza venivano sostituiti, quando era ammalato, con un po' di paglia e due mantelli, uno sopra la tavola e l’altro per coprirsi.
Accanto al suo eremo fu presto edificata la chiesa di S. Maria di Butriolo, dove andava tutti i giorni per ascoltare la Messa. I testimoni del suo processo assicurano che si confessava frequentemente, che era umile, benigno e caritatevole.
Da quando cominciò ad avere seguaci, cominciarono anche le visite delle persone attratte dalle sue conversazioni spirituali. Questo spiega il frutto dei suoi discorsi con persone di ogni ceto, sebbene, oltre ad essere laico, fosse un analfabeta. Si limitava ad ascoltare la Messa e l’Ufficio divino, e sfogava a parte il suo fervore con il Padre nostro, l’Ave Maria, il Credo, il Miserere e qualche altro salmo che sapeva a memoria. Il suo patrimonio spirituale si riduceva all'educazione cristiana ricevuta nella casa paterna, ai discorsi ascoltati dopo la sua conversione e al ricordo dei testi della Sacra Scrittura, che ripeteva nelle sue conversazioni. Questo piccolo capitale di dottrina si arricchì con l'esercizio delle virtù cristiane e l’intimità con Dio.
Il suo Istituto si propagò in diverse parti, ma, non avendo alcuna delle Regole approvate, i suoi fecero ricorso a Roma, ottenendo che fosse data loro la Regola di S. Agostino. Quando contava ormai una settantina d'anni, volle porre in mani più forti la direzione delle sue comunità. Poté così dedicarsi maggiormente, negli ultimi dieci anni, alla contemplazione. Ai primi di ottobre del 1249 cominciò con alcuni discepoli il viaggio verso Mantova. Qui giunto tale si ritirò nell'eremo di S. Agnese in Porto, dove morì il 16 delle stesso mese.
Sisto IV nel 1483 lo dichiarò beato.
La sua memoria liturgica ricorre il 23 ottobre insieme a quella di S. Guglielmo, eremita.

Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A.
 


 

Un ragazzo di sedici anni scappa da casa. Una madre piange, soffre, si dispera. Poi si affida al Cielo e prega giorno e notte per l’amato figlio. Questa è la storia di Giovanni Bono, nato a Mantova nel 1168. Non va a scuola e rimane analfabeta. È ancora un bambino quando perde il padre. Adolescente, alla ricerca di avventura e desideroso di godersi la vita, va via da casa e vive alla giornata, vagabondando per l’Italia. Fa l’attore comico girovago insieme a giocolieri e saltimbanchi. A quei tempi un girovago, tutto burle e lazzi, volgarità e battute maliziose, non era tanto ben visto. Spesso questi personaggi, per sbarcare il lunario, vivevano di piccoli imbrogli ed espedienti non sempre onesti. Giovanni Bono trascorre così la sua esistenza fino all’età di quarant’anni, quando avviene un fatto che cambia radicalmente la sua anima. Le preghiere della mamma, ascoltate dal Signore, cominciano a fare effetto.
Giovanni si ammala gravemente. È in fin di vita. Ripensa al suo passato, alla sua fuga da casa, alla sua vita di cui non è orgoglioso. Chiede a Dio la guarigione e promette di cambiare esistenza diventando eremita. Giovanni guarisce e mantiene la promessa. Non sa né leggere, né scrivere, ma ascolta con attenzione la Parola del Vangelo e conosce a memoria le preghiere. Le ripete quando è solo. Ne parla agli altri con parole semplici, ma efficaci, che toccano il cuore. Torna a Mantova, si confessa dal vescovo. La madre, felice, lo ritrova e poi muore.
Giovanni, ormai, è un altro uomo. Cerca un luogo dove stare in solitudine. Trova un rifugio a Butriolo (Cesena), oggi chiamato Rio dell’Eremo, dove sorge una chiesa costruita in suo onore, vicino a Ponte Abbadesse. Il suo letto è una tavola con della paglia, la sua coperta un mantello. Prega davanti a un crocifisso e a un quadretto della Madonna, mangia pochissimo, vive di nulla se non di contemplazione, adorazione, contatto con il Cielo. Presto l’eremita, rimasto laico, attira attorno a sé altri uomini desiderosi di imitarlo. Tanti lo vanno a trovare per avere conforto e consiglio mentre molti suoi miracolati raccontano di improvvise guarigioni da gravi malattie. Giovanni Bono fonda l’Ordine degli Eremiti con la Regola di Sant’Agostino; intanto, nel suo nome, i monasteri si diffondono in varie regioni del Nord e Centro Italia. Verso la fine della sua vita, l’eremita torna a Mantova dove muore nel 1249, presso l’Eremo di Sant’Agnese in Porto.

Autore: Mariella Lentini
 


 

Nasce al tempo in cui la sua città entra a far parte della Lega Lombarda contro Federico Barbarossa, che sarà poi sconfitto a Legnano nel 1176. Pare che i suoi genitori si chiamino Giovanni e Bona, e che dai loro nomi sia poi derivato il suo. Ma la vita in famiglia è assai breve: da bambino ha perduto il padre, e sui 16 anni abbandona la madre e la casa, andando a vivere per conto suo. Ha trascorso la gioventù battendo città e campagne d’Italia come attore comico, giullare. Un mestiere che allora produceva qualche personaggio famoso e parecchi morti di fame.
Tra i cristiani, poi, c’era ancora chi considerava dannati senza rimedio attori e giullari, forse sul lontano ricordo di quando, in epoca pagana, la figura del cristiano veniva schernita negli spettacoli.
Verso i 40 anni, Giovanni si ammala e attribuisce la sofferenza al genere di vita che conduce. Guarito, diventa un altro: lui, che non poteva vivere senza gente intorno, va in cerca di solitudine, isolandosi dapprima nei pressi di Bertinoro, in Romagna, e più tardi a Butriolo, vicino a Cesena. Solitudine e preghiera al modo degli antichi Padri del deserto; e, al posto di risate e applausi, il silenzio. Ma c’è pure gente che passa di lì, scambiando con lui qualche parola; c’è chi osserva il suo modo di vivere, chi decide di condividerlo. Giovanni Bono è un analfabeta che “sa parlare”, perché prima si era inventato un suo linguaggio sgrammaticato e spinto. Ora, invece, si ascoltano da lui discorsi di tutt’altro genere in una lingua nuova, che lui ha imparato dalle parole della Messa, dai salmi, dai confessori e predicatori. E poi si vedono i suoi digiuni: così lunghi e aspri, che molti dicono: "Se rimane senza mangiare per tanto tempo, vuol dire che lo nutrono lo Spirito Santo e la grazia di Dio". Questo “Zambono”, come lo chiamano, riguadagna i fedeli con l’esempio della sua vita povera, che toglie argomenti a chi accusa di avidità la gente di Chiesa.
Alcuni volontari si fermano a vivere con lui e come lui; e così nasce, nel giro di alcuni anni, una comunità, autorizzata dal vescovo di Cesena. Nel 1231 Giovanni consegna la regola di sant’Agostino ai primi compagni e poi alle comunità che nascono via via in Emilia, Romagna e Lombardia: saranno in tutto 26, formanti l’Ordine degli eremiti che ha per capo l’ex giullare analfabeta. Verso il 1238, settantenne, lascia la guida dell’Ordine, entrando nella terza fase della sua vita: quella del silenzio.
Infine, ecco il richiamo della terra che ha abbandonato in gioventù: Mantova. Verso la città nativa si avvia con alcuni compagni nell’ottobre del 1249, e fa in tempo a raggiungere l’eremo di Sant’Anna in Porto, dove muore il giorno 16. E qui, dopo la morte, le voci di miracoli fanno accorrere fedeli a migliaia: agli uomini della povertà radicale e del silenzio, la gente accorda d’istinto ammirazione e fiducia, li sente contemporaneamente vicini a sé e a Dio, e dunque capaci di prodigi per il bene sempre di qualcuno. L’eremo di Sant’Agnese, dove è stato seppellito, vede arrivare folle di pellegrini, con infiniti raccontidi miracoli da lui compiuti; di guarigioni, soprattutto. La causa di beatificazioneha inizio già nel 1251 per ordine di papa Innocenzo IV, poi si interrompe alla sua morte. Sarà Sisto IV a proclamarlo beato, nel 1483.
I suoi resti erano custoditi in Mantova nella chiesa di Sant’Agnese poi, dopo la soppressione del convento degli agostiniani nel XVIII secolo, furono portati nel Duomo di Mantova, più precisamente nel Santuario di Santa Maria dei Voti.


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana


Note:
La sua memoria liturgica ricorre il 23 ottobre, mentre nella diocesi di Mantova la sua memoria si celebra il 16 ottobre.

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Aggiunto/modificato il 2023-10-12

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