San Girolamo, nel 375, si ritirò a Maronia (piccolo villaggio a trenta miglia a Sud di Antiochia), nei possedimenti dell’amico Evagrio, per condurre vita eremitica e vi incontrò il monaco Malco, che gli espose i particolari romanzeschi della sua vita. Qualche anno più tardi (390-391) Girolamo narrò queste vicende nell’opuscolo Vita Malchi monachi captivi. L’opera sa, come afferma lo stesso Girolamo, di esercitazione letteraria («mi voglio provare in una piccola opera e deporre in questo modo una certa ruggine di lingua») ed ha uno scopo parenetico-ascetico («espongo a persone caste un racconto attorno alla castità… Voi narrate ciò ai posteri, affinché sappiano che fra le spade ed i deserti e le bestie feroci la pudicizie non è mai schiava e che l’uomo consacratosi a Dio, può morire, non essere vinto»). Letterariamente essa è molto valida, mentre dal punto di vista storico si prospettano notevoli perplessità circa il contenuto della narrazione. Forse su un personaggio storico da lui conosciuto, Girolamo compose un romanzo con finalità propagandistiche a favore del monachesimo e della castità, non senza punte polemiche nei riguardi degli avversari romani.
Secondo la Vita Malchi, comunque, Malco, discendente da nobile famiglia, si era ritirato nel deserto della Calcide per consacrarsi alla vita monastica, nonostante la decisa opposizione paterna.
Nel monastero venne però a contrasto con l’abate, perché in seguito alla morte del padre, intendeva entrare in possesso dei beni familiari per distribuirli ai poveri e per costruire un monastero. Per questo attaccamento alle cose terrene fu punito; infatti, allontanatosi dal monastero, nel deserto incappò in un gruppo di beduini, che lo vendettero ad un proprietario di una lontana regione. Egli fu incaricato della custodia del gregge, cosa che non gli dispiacque, perché in mezzo ai pascoli gli era possibile la preghiera e la contemplazione.
In considerazione della fedeltà e dell’ottimo servizio, il padrone intendeva sposarlo ad una schiava che era stata violentemente separata dal marito. L’idea di nozze adultere fece sorgere in Malco un senso di disperazione, ma la donna gli propose di fare un matrimonio simulato, vivendo in assoluta castità. Trascorsero così qualche tempo, poi tentarono un’evasione. La narrazione di Girolamo a questo punto assume toni romanzeschi. I due, raggiunti nel deserto dal padrone e da un servo, si rifugiarono nella tana di una leonessa, la quale sbranò prima il servo e poi il padrone, mentre Malco e la donna, utilizzando i dromedari degli uccisi, raggiungevano il monastero nel quale Malco aveva iniziato la vita monastica. Essendo stato respinto, Malco si trasferì, seguito dalla donna, a Maronia, ove conobbe Girolamo e la donna si ritirò in un monastero. L’episodio degli sposi, vissuti in perfetta castità, è un motivo assai frequente nell’antica agiografia.
L’operetta di Girolamo fu ridotta in versi da La Fontaine. Della Vita esistono tre redazioni antiche (latina, greca, siriaca), che differiscono tra loro solo marginalmente. Il culto si diffuse molto in Oriente dove i sinassari e i menologi ricordano Malco al 20 e 26 marzo, e al 16 aprile. In Occidente la menzione è assai più tarda, fu infatti il Greven (morto nel 1477) che lo iscrisse nella sua egizio del Martirologio di Usuardo al 21 ottobre, giorno in cui era già sant'Illazione; dall’edizione del Greven passò nel Martirologio Romano.
Autore: Gian Domenico Gordini
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