Visse nella prima metà del sec. IV. Su diverse liste del sec. X egli figura come apostolo e primo vescovo della chiesa di Argentoratum, l'odierna Strasburgo, che era stata al tempo dei Romani un insigne municipium. In una di tali liste, compilata in versi dal vescovo della città, Erchembaldo, poco prima del 991 si legge: «Alpha nitet dignus pater huius sedis Amandus». Senza dubbio prese parte, nel 346, al concilio di Colonia, in cui venne condannato il vescovo locale, Eufrate, che negava la divinità di Cristo; meno certa è la sua partecipazione, nel 343, al concilio di Sardica, del quale in ogni modo sottoscrisse gli atti. La sua nomina è fatta risalire dai Bollandisti al tempo di Costantino il Grande (morto nel 337), quando la città era già stata in parte convertita al cristianesimo dai vescovi vicini e dai sacerdoti che in essa erano stati ordinati.
Si ignora il luogo della sua primitiva sepoltura: «In aede suburbana sepultum fuisse Sant'Amandum suadent saeculi IV mores; cuius tamen rei memoria nulla superest ». Si sa solo che nel sec. X egli godeva di grande fama e venerazione e che il suo corpo si trovava «penes canonicos Honovienses seu Honangienses» i quali dimoravano in un'isola del fiume Reno, detta appunto «insula Hanovia seu Honangia» (oggi Honau), due leghe a nord di Strasburgo. Di là, nel 1290, a causa delle frequenti inondazioni, con il consenso del vescovo del tempo, Corrado III, il corpo del santo fu portato a Rhinovia (oggi Rheinau), sei leghe a sud, dove il 3 novembre 1371, ebbe luogo una ricognizione delle reliquie, le quali non trovarono neppure a Rheinau stabile dimora, poiché il 22 maggio 1398 furono trasferite nella città e, dopo una breve sosta nella chiesa di Santa Caterina, furono sistemate decorosamente nella chiesa parrocchiale di San Pietro Vecchio, che era forse stata la sua cattedrale. La festa di sant'Amando si celebra il 26 ottobre e in alcuni luoghi il 3 novembre in memoria della traslazione, cui abbiamo accennato. Il suo culto ebbe l'approvazione della Santa Sede nel 1748 e nel 1796.
Autore: Alfonso Codaghengo
Fonte:
|
|
|
|