m. 1147
Etimologia: Bellino = gentile, grazioso, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Nella selva presso Fratta nel territorio di Rovigo, passione di san Bellino, vescovo di Padova e martire, che, insigne difensore della Chiesa, crudelmente aggredito dai sicari, morì per le molte ferite subite.
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Della famiglia padovana dei Bertaldi, compare la prima volta in un documento del 1107 come canonicus presbiter. Erano anni tristi quelli per la Chiesa padovana. Il suo vescovo Milone, fautore dell'imperatore Enrico IV, aveva aderito alI'antipapa Clemente III. Gli successe nel 1107 I'arcidiacono Pietro, che dieci anni dopo, deposto e scomunicato dal papa Pasquale II nel concilio di Guastalla (22 ott. 1106), si ritirò con gran parte dei canonici nel feudo vescovile di Piove di Sacco. Invece Bellino aderì al nuovo vescovo Sinibaldo, eletto e consacrato dal papa stesso. Quando nel 1110 scese in Italia Enrico V e i fautori dell'arcidiacono Pietro risollevarono la testa, egli con il suo vescovo dovette rifugiarsi ad Este sotto la protezione del marchese Folco. Cinque anni dopo, il suo nome compare in un atto pubblico accanto a quello dell'arcidiacono Pietro. Evidentemente questi si era sottomesso, per merito, sembra, di Bellino, che nello stesso tempo conduceva innanzi la riforma dei canonici e affrettava la ricostruzione della cattedrale, crollata nel terremoto del 1117. Quando nel 1120 Sinibaldo ritornò a Padova, Bellino poté influire ancor di più nell'attività pastorale di lui. Dai documenti del tempo emerge una linea uniforme di governo, la stessa che caratterizzerà l'episcopato di Bellino. Non sappiamo con precisione quando egli sia successo a Sinibaldo: un documento del 10 ottobre 1126 ce lo mostra ancora arciprete, un altro del 10 dicembre 1128 già vescovo. Eminente per la santità della vita e l'elevatezza delI'ingegno, Bellino si dedicò totalmente all'attuazione in diocesi della riforma gregoriana. S'adoperò pertanto a recuperare i beni che chiese e monasteri avevano perduto durante la lotta tra Sacerdozio ed Impero, a confermarne giuridicamente il possesso e, ove fosse possibile, ad aggiungerne degli altri; ben distinguendo, però, tra dipendenza feudale e dipendenza ecclesiastica, procurò che venissero in possesso diretto del vescovo le chiese cui era annessa la cura d'anime. Nella città, in rapido sviluppo, favorì l'affermarsi di quel primo stadio di organizzazione parrocchiale che furono le capellae con sacerdoti incaricati della cura d'anime d'un determinato quartiere. Promosse la unione di questi sacerdoti nella Fratelea capellanorum. Durante il suo episcopato e grazie al suo influsso sorsero le prime scuole, si moltiplicarono le emancipazioni dei servi della gleba, non solo nei feudi vescovili ma anche in quelli dei signori, e la città si awiò alle libere forme municipali. L'energia mostrata in difesa dei diritti della Chiesa non poté non toccare gli interessi di qualche potente. Nel 1147, probabilmente il 26 novembre, mentre era in viaggio per Roma o, come vuole il Barzon, per il monastero di Vangadizza (Badia Polesine), fu trucidato nelle boscaglie di Fratta Polesine da sicari al soldo della famiglia padovana dei Capodivacca. Il suo corpo, deposto nella chiesetta di S. Giacomo di Lugarano, quando questa, pochi anni dopo, fu travolta dall'inondazione, rimase trent'anni sotto le macerie, finché gli abitanti del capoluogo S. Martino di Variano lo estrassero per portarlo nella loro chiesa, la quale insieme con il paese stesso finì per prendere il nome del martire. Se la sua canonizzazione da parte di papa Eugenio III è solo una pia tradizione ed ignota è l'origine dell'uso di invocarlo contro le morsicature dei cani idrofobi, è certo che il suo culto si diffuse non solo nella diocesi di Padova, ma anche in quella di Adria, che anzi ne fece il suo patrono principale. Nel 1647 la famiglia padovana dei Guarini gli eresse una nuova splendida cappella e collocò la vecchia urna entro una di marmo rosso; nel 1774 Clemente XIII elevò a basilica la chiesa di S. Bellino è festeggiato il 26 novembre, probabile giorno anniversario della sua morte.
Autore: Ireneo Daniele
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