Nei primi decenni del sec. XIV il culto di questo martire, attestato peraltro dal sec. precedente, ebbe un notevole incremento tanto che fu proclamato protettore di Bologna. Eppure si tratta di un personaggio fittizio. Sull'origine del culto a Bologna, le leggendarie Passio sancli Floriani et sociorum e la Vita in volgare di s. Petronio (entrambe del sec. XIV ca.) ci danno alcuni ragguagli: il vescovo Petronio, si sarebbe recato in pellegrinaggio in Palestina, e vi avrebbe acquistato numerose reliquie fra cui quelle di Floriano di Gaza e dei suoi compagni. In questa narrazione sono evidenti alcune sfasature: i martiri di Gaza, infatti, realmente esistiti furono suppliziati nel 638, mentre Petronio visse al principio del sec. V; inoltre, essi furono sessanta e non quaranta, come vuole la leggenda bolognese. Del resto la più antica biografia di s. Petronio del sec. XII, pur menzionando il viaggio in Palestina, non accenna al particolare dell'acquisto delle reliquie. Per spiegare la genesi del culto di Floriano bisogna rifarsi ad un documento storico del sec. XII, ossia al Sermo de in vention e san ctarum reliq uiarum dove si narra come, nel 1141, i monaci di S. Stefano di Bologna trovarono sotto il pavimento di una delle basiliche del complesso stefaniano (S. Croce) "speciosas arcas" in cui "sanctorum quadraginta martyrum pretiosa continentur corpora". Su uno di tali corpi era deposta "ulcherrima crux aurea". In questo documento autentico, peraltro, pur essendo elencati numerosissimi nomi di santi di cui furono trovate le reliquie, non esiste alcuna menzione esplicita né di Floriano né dei martiri di Gaza. In realtà i monaci che trovarono le quaranta salme parlarono di "martiri", ma probabilmente diedero questa qualifica a persone che non erano morte per la causa di Cristo. Successivamente si volle precisare la provenienza di quei corpi sconosciuti; infatti, si cominciò a parlare dei quaranta, trovati nelle preziose arche, come dei martiri di Gaza alla fine del XII o al principio del XIII sec.; la salma decorata con croce aurea, poi, fu ritenuta quella del capo a cui fu dato il nome di Floriano. Il Lanzoni, che ha esaminato la leggenda, ritiene che un anonimo chierico bolognese nel sec. XIII abbia collegato l'invenzione delle salme con la Vita del vescovo Petronio che del complesso stefaniano era considerato il fondatore. Queste costruzioni erano considerate imitazioni di quelle palestinesi, per cui si può fare l'ipotesi che il leggendista ritenesse le reliquie dei quaranta di provenienza palestinese. Per compilare poi la Passio s. Floriani et sociorum l'anonimo autore si servì della Passio sexaginta martyrum di Gaza compilata prima del sec. XI dove, però, non c'è alcuna menzione di Floriano, per cui resta sconosciuto il motivo della scelta del suo nome per la salma con la crux aurea. Può darsi che lo scrittore bolognese abbia imitato un passo del Liber Pontificalis di Agnello ravennate nel quale si riferisce che il vescovo Massimiano portò a Ravenna molte reliquie di martiri fra cui quelle di Floriano (probabilmente un martire nel Norico; cf. Delehaye, Origines, p. 326). Come Massimiano anche Petronio avrebbe portato a Bologna le reliquie di Floriano. Nella passio che porta il suo nome, Floriano entra nella narrazione in modo saltuario e marginale. Da Gerusalemme, dove si trovava, un angelo miracolosamente lo trasportò a Gaza facendolo apparire ai sessanta soldati suoi dipendenti, fatti prigionieri dai Saraceni, che egli consolò. Dieci di questi, con a capo Callinico, furono poi trasferiti a Gerusalemme ed ivi decapitati; gli altri cinquanta subirorono analogo martirio dopo un mese. Floriano li seppellì ad Eleuteropoli; per questo fatto il governatore Ambro lo condannò a morte. Gli storici bolognesi dei secc. XVI e sgg., accortisi della incongruenza cronologica, hanno fatto di Floriano un martire della persecuzione di Diocleziano; ma già nel sec. XVIII il Lambertini, pur non negandone l'esistenza, mostrava molte perplessità sulle vicende di questo Floriano. La bolla di Celestino III riguardante il culto di Floriano è un falso. Nel calendario bolognese la festa era il 17 dicembre.
Autore: Gian Domenico Gordini
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