Un mendicante paralitico, come tanti che hanno disseminato le strade delle città in tutti i secoli, ricordando con la loro presenza, spesso vista con fastidio, l’altra faccia dell’umanità, che non consiste solo di gioie, divertimenti, buona salute, ricchezza, ma anche di povertà, malattia, emarginazione, sofferenza, ingiustizia.
Tale fu nel tardo VI secolo, Servolo, un paralitico povero di mezzi, che dimorava sotto i portici della strada che conduceva all’antica Basilica di S. Clemente a Roma.
Era diventato paralitico sin da bambino e la devastante malattia l’accompagnò per tutta la sua vita, condizionandolo in tutte le attività.
Ad aiutarlo c’erano la madre ed un fratello; tutto quel poco che riceveva dalle elemosine lo distribuiva ai poveri, proprio tramite i due familiari.
Se era colpito e immobilizzato nel corpo, era sveglio con la mente e con la volontà; non sapeva leggere né scrivere, nonostante ciò aveva comperato dei codici della Sacra Scrittura e quando dei sacerdoti si soffermavano da lui, li pregava di leggerglieli; nutrito così dalle parole ispirate della Sacra Scrittura, Servolo trovava conforto nelle sue estreme sofferenze e veniva spronato ad innalzare giorno e notte, le lodi a Dio, padre di tutte le creature anche le più provate.
Diventò quasi una tappa obbligatoria per i pellegrini ed i fedeli che si recavano alla vicina Basilica di San Clemente e si soffermavano presso di lui, che se da un lato riceveva una elemosina, che come detto finiva ad altri poveri, dall’altro ricambiava con parole di conforto, di consiglio, di esortazione, nel percorrere sulla scia di Gesù, Via, Verità e Vita, la loro esistenza.
Quando ancora giovane sentì approssimarsi la morte, volle che i pellegrini presenti si alzassero e cantassero i salmi nell’attesa, accompagnati dal canto flebile di lui, che ad un tratto tacque facendo segno anche agli altri di smettere e in un soffio disse: “Tacete, non udite forse le laudi che cantano in cielo?” poi dolcemente spirò; era il 23 dicembre del 590.
Alla morte fu presente il segretario di papa s. Gregorio Magno, da poco sul soglio pontificio (590-604), il quale raccontò al papa i particolari; a sua volta s. Gregorio Magno, nei famosi “Dialoghi” inserì un capitolo dedicato al santo paralitico e giunto fino a noi.
Successivamente Adone († 875), autore di un Martirologio storico, dice che Servolo fu sepolto nella vicina chiesa di S. Clemente, cosa non certa perché molti studiosi affermano che la sepoltura è sconosciuta.
Comunque nel Medioevo, sotto l’influenza di questa notizia, fu costruita “fuori della chiesa di s. Clemente nella strada”, una cappella in onore di S. Servolo, che secondo alcuni studiosi conteneva le reliquie del santo.
Autore: Antonio Borrelli
Quanta differenza c’è tra il buon Servolo che, nonostante la sofferenza e la sua infermità è sereno, gentile con tutti, non si spazientisce e, sempre di buonumore, canta le lodi al Signore, e quelli che hanno la fortuna di avere la salute e la ricchezza e non pensano ad aiutare gli altri, anzi, si lamentano sempre, anche di fronte alla più piccola e banale contrarietà! Servolo vive a Roma nel VI secolo. È paralizzato fin dall’infanzia. Non può camminare, né stare in piedi. La madre e un fratello lo aiutano per ogni minima incombenza e per trasportarlo da un luogo ad un altro. L’unica attività che gli è consentita è chiedere l’elemosina.
I famigliari lo accompagnano ogni giorno fino al portico dell’antica Chiesa di San Clemente. Qui il paralitico, accovacciato e immobile, raccoglie le offerte di chi, impietosito dalla sua condizione, offre qualche moneta. Servolo, però, non si lamenta. Non maledice il Signore per la sua sventura, anzi Lo prega e Lo ama, con fervore. Il povero mendicante divide la raccolta delle offerte in tre parti: una è per fare fronte alle proprie umili necessità; l’altra e per i più poveri di lui, soprattutto per coloro che imprecano, odiano tutti e tutto, incapaci di sopportare le proprie sventure e la terza la utilizza per comprarsi libri religiosi come la Bibbia. Servolo non sa né leggere, né scrivere, però quando incontra un sacerdote o qualche letterato, con gentilezza chiede di leggergli alcune pagine dei suoi libri. Anno dopo anno Servolo diventa, così, molto istruito e spesso ripete a memoria passi dell’Antico e Nuovo Testamento.
La sua modesta casa diventa un posto accogliente, dove spesso vengono ospitati pellegrini e poveri. Il paralitico non è mai solo e le preghiere e i canti rivolti al Signore lo confortano, gli danno gioia e lo aiutano a sopportare serenamente le sofferenze del corpo. Quando muore a Roma, nel 590, gli viene costruita una cappella vicino alla Basilica di San Clemente. Si narra di tanti miracoli di guarigione avvenuti dopo la sua morte, grazie alle preghiere a lui rivolte. San Servolo è protettore dei paralitici.
Autore: Mariella Lentini
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