Prima di tutto il contesto storico, siamo nell’Alto Medioevo nel secolo X, un periodo difficile non solo per la Chiesa, ma anche per Roma e l’Italia di allora. Dopo lo smembramento del secolare impero romano, dopo i fasti di Carlo Magno e prima che esistesse un nuovo impero degno di questo nome, l’Europa cristiana viveva il suo periodo più infelice. La vita intellettuale e l’insegnamento languivano, le città si spopolavano, l’economia diventò inesistente e si tornò alle proporzioni del semplice baratto e a Roma i papi di quel periodo oscillavano tra le potenti famiglie romane e le pretese di re e signori feudali. E nel marzo del 931, in questo sconfortante momento storico, venne eletto poco più che ventenne, papa Giovanni XI, succedendo a Stefano VIII (928-931). Ancora in più giovane età, era stato cardinale prete di S. Maria in Trastevere; figlio di Marozia (892-937), potente patrizia, che spadroneggiava a Roma in quei tempi come prima di lei il padre Teofilatto, con il titolo di “senatrice e patrizia del popolo Romano”; e che insieme alla madre impresse il marchio di “governo di femmine a Roma”. Giovanni XI fu ritenuto, secondo una notizia del cronista Liutprando († 972), confutata da studi recenti, figlio di Marozia e di papa Sergio III (904-911), quello del famigerato ‘concilio cadaverico’, durante il quale fu dissotterrato il corpo del suo predecessore papa Formoso (816-896), sottoposto a processo e infine gettato nelle acque del Tevere. Ma in realtà Giovanni era figlio di Marozia e del suo primo marito, il duca Alberico I di Spoleto († 925); morto questi e anche il suo secondo marito Guido di Toscana († 928), Marozia aveva offerto la sua mano a Ugo di Borgogna († 947), re dell’Italia settentrionale e prossimo candidato alla corona imperiale. Potente e molto ambiziosa, fece salire al trono di Pietro questo giovane figlio, che nei suoi piani poteva esserle molto utile e comunque costituiva per lei ulteriore prestigio e potere; per la sua smisurata influenza fu soprannominata da alcuni “papessa Giovanna”. Fu proprio Giovanni XI a celebrare il matrimonio di sua madre con Ugo di Borgogna, che secondo il Diritto canonico erano nozze illegali, in quanto cognati. Lo sposo seppur potente, commise quel giorno una madornale imprudenza, offendendo in pubblico il suo nuovo figliastro Alberico II († 954), fratello di Giovanni XI e come lui figlio di Marozia e di Alberico I di Spoleto. Si fece un nemico, perché Alberico II prese a sobillare la nobiltà romana e il popolo, già timorosi che i Borgognoni prendessero possesso di Roma. Pochi mesi dopo, schiere di rivoltosi romani presero d’assalto Castel S. Angelo, dove si erano rifugiati il papa e gli sposi e mentre Ugo di Borgogna riuscì a fuggire, Giovanni XI e sua madre furono fatti prigionieri. Ad una despota ne subentrò un altro, il figlio Alberico, nuovo “principe e senatore di tutti i romani”, come si faceva chiamare, governò Roma con durezza per oltre vent’anni, fino al 954. Marozia si suppone che morì dopo un certo tempo in carcere, mentre Giovanni XI dopo lungo periodo di detenzione, vide restringersi grandemente il proprio ruolo, diventando un papa privo di potere e di prestigio, che amministrava i Sacramenti e nient’altro. Il già citato cronista Liutprando (vescovo di Cremona dal 958 al 972), dice che Alberico trattò Giovanni come il proprio schiavo personale; d’altronde durante il lungo periodo del governo di Alberico, arbitro e padrone assoluto di Roma e del papato, i papi di quel ventennio vissero tutti nell’ombra, il loro potere si ridusse semplicemente al diritto di battere moneta e datare i documenti emanati durante il loro pontificato. E proprio per il lungo periodo di prigionia e per il successivo periodo di libertà vigilata cui fu sottoposto, di papa Giovanni XI esistono solo cinque documenti da lui firmati, di cui uno è certamente molto importante; il papa concesse il privilegio al monastero di Cluny in Francia nel marzo del 931, confermando esenzioni, immunità e protezione pontificia alla grande abbazia, che diverrà il fulcro della riforma monastica, che tanto frutto diede nel secolo successivo. Con il suo intervento, il giovane papa creò le premesse affinché Cluny fosse indipendente dal potere laico e vescovile feudale del tempo; nel contempo si poteva diffondere creando nuovi monasteri, i cui abati non dipendevano da vescovi locali ma solo dai pontefici romani. Sempre nel periodo dell’influsso di Marozia, ci fu un’altro evento importante del suo, tutto sommato breve pontificato, cioè l’invio nel 932 di legati papali a Costantinopoli, capitale dell’Impero d’Oriente. Essi dietro invito dei bizantini, parteciparono alla consacrazione a patriarca di Teofilatto, giovanissimo figlio dell’imperatore d’Oriente Costantino VII Porfirogenito (913-959); questa partecipazione alla discussa consacrazione, vista l’età giovanissima, rientrava nei piani di amicizia e alleanza di Marozia con l’Oriente cristiano. Degli altri anni del suo pontificato non ci sono giunte notizie, del resto fu un pontificato di più o meno cinque anni, con un lungo periodo di carcere, libertà vigilata e il condizionamento dell’ambiziosa madre. Nato a Roma verso il 909, morì nella stessa città nel 935 sui 26 anni e sepolto in S. Giovanni in Laterano.
Autore: Antonio Borrelli
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