Urbano VI è il papa dell’inizio del Grande Scisma d’Occidente, che travagliò la Chiesa per 39 anni, dal 1378 al 1417 e vide in successione quattro pontefici dell’obbedienza romana e due papi dell’obbedienza avignonese, inoltre per cercare di risolverlo si avviò un Concilio a Pisa, che abolendo i due papi ne elesse un terzo, non riconosciuto dai primi due e così si ebbero tre papi contemporaneamente; l’obbedienza pisana ebbe due pontefici. Bartolomeo Prignano nacque a Napoli verso il 1318; insigne canonista napoletano, il 23 marzo 1363, durante il regno di Giovanna I di Napoli (1343-1381) venne nominato vescovo di Acerenza (Potenza). Papa Gregorio XI (1370-1378) lo nominò il 13 gennaio 1377 arcivescovo di Bari; fra i prelati italiani risiedenti presso la corte avignonese, Bartolomeo Prignano era uno dei più degni e competenti. Papa Gregorio XI fu l’ultimo dei sette papi della cosiddetta ‘cattività avignonese’, iniziata nel 1309 e terminata appunto nel 1377 con il ritorno a Roma del papa Gregorio XI, convinto a ciò da s. Caterina da Siena. Il papa una volta a Roma affidò al cardinale Prignano la Cancelleria Pontificia, giacché il vice cancelliere Pietro di Pamplona era rimasto ad Avignone; l’arcivescovo espletò questo compito in modo eccellente. Il 27 marzo 1378 morì Gregorio XI e i sedici cardinali presenti a Roma si riunirono in Conclave per eleggere il successore, ma non si trovarono subito d’accordo, la diversa nazionalità dei cardinali era alla base del contrasto. Ben undici di loro erano francesi, quattro italiani e uno spagnolo; i francesi non avevano intenzione di interrompere la lunga tradizione che durava da 70 anni di un papa francese sulla cattedra di s. Pietro; addirittura i porporati Limosini pretendevano un papa della loro provincia di Limoges. Gli italiani e i capi di rione della città di Roma, si batterono per l’elezione di un romano o perlomeno italiano e il popolo in Piazza S. Pietro faceva eco con urla minacciose e schiamazzo. I cardinali non riuscendo a trovare un accordo a favore di una corrente, alla fine fecero confluire i loro voti sul cardinale Bartolomeo Prignano arcivescovo di Bari e Cancelliere, il quale non apparteneva a nessun partito. Per distogliere il popolo in tumulto dal palazzo, presentarono come nuovo pontefice il vecchio cardinale Francesco Tebaldeschi romano e nonostante questi rifiutasse, effettuarono lo stesso la cerimonia d’investitura. Così facendo i porporati poterono mettersi al sicuro, uscendo dal palazzo e il giorno dopo il 18 aprile 1378, il card. Prignano, alla presenza del Collegio cardinalizio, venne incoronato con la tiara, prendendo il nome di Urbano VI. Con i suoi tratti somatici possenti, accomunò alle doti eccellenti di mente e di cuore, allo zelo ardente, alla vita integerrima (indossava il cilicio) un carattere focoso e impulsivo, che spesso superava i limiti della prudenza. Infatti se era suo scopo riportare la corte cardinalizia ad una condotta esemplare, non seppe però usare tatto e moderazione in un opera così delicata; ben presto prese a rimproverare i cardinali in pieno Concistoro, emanò disposizioni assai rigide, pretendendo il pronto adempimento, insomma si creò un clima ostile e teso e bastava una scintilla per appiccare il fuoco. E la scintilla scoccò presto, il 2 agosto 1378 tredici cardinali lo abbandonarono, a seguito del suo desiderio di aumentare il numero dei porporati italiani, per cui quasi tutti i cardinali francesi si ribellarono, vedendo diminuire il potere che fino allora detenevano da ormai 70 anni. Nella lotta che ne seguì si giunse ad impugnare la validità dell’elezione di Bartolomeo Prignano, dicendo con un manifesto alla cristianità, che la nomina era avvenuta dietro le pressioni esercitate dai romani; quindi la Santa Sede era da considerarsi vacante e nel contempo affermavano che Urbano VI non era adatto all’alta carica della Chiesa. Quindi il 20 settembre 1378 nella cattedrale di Fondi, i cardinali francesi elessero come papa il cardinale Roberto conte di Ginevra, che assunse il nome di Clemente VII (1378-1394). Fu un infelice soluzione, la cui colpa ricade tutta su quel gruppo di sconsigliati; perché ebbe inizio così il nefasto scisma che travagliò la Chiesa per 39 anni, con grande scandalo della cristianità, perché fu uno scisma dovuto tutto a cause interne della gerarchia ecclesiastica e non come nel passato per motivi dottrinari o per ingerenze provenienti dall’esterno. Urbano VI reagì con durezza, invano supplicato da s. Caterina da Siena di usare moderazione, nominò tutti in una volta 29 cardinali di varie nazionalità e con l’aiuto della compagnia di ventura di Alberico da Barbiano, il 29 aprile 1379 nella battaglia di Marino, riuscì a mettere fuori gioco Clemente VII, il quale riparò ad Avignone sotto la protezione francese, dove costituì la sua corte e un proprio ambito di potere. Il mondo cattolico si divise in due partiti, con l’antipapa avignonese si schierarono la Francia, la Scozia, la Spagna, l’Italia Meridionale; con Urbano VI i principi elettori di Germania, l’Ungheria, l’Inghilterra, il Portogallo, i Paesi slavi; il Regno di Napoli fu invece investito da scontri di potere fra le dinastie Durazzo e d’Angiò, appoggiate rispettivamente da Urbano VI e Clemente VII, la stessa regina Giovanna I cadde prigioniera e il 22 maggio 1382 fu assassinata; negli scontri fra le due dinastie europee vinsero i Durazzo sostenuti da Urbano VI, ma Carlo III di Durazzo, diventato re di Napoli, non mantenne le promesse fatte al papa per il suo appoggio, per cui Urbano VI nel luglio 1383 si recò nell’Italia Meridionale per protestare, ma venne imprigionato e poté essere liberato solo grazie alla mediazione dei suoi cardinali. Ma il papa fu ben presto in contrapposizione con gli stessi suoi cardinali, un gruppo di essi ritenendolo poco capace di governare volevano sottoporlo al controllo di alcuni cardinali, venutolo a sapere Urbano VI fece imprigionare sei cardinali e il vescovo di Aquileia, confiscando i loro beni e credendo che Carlo III di Durazzo e la regina avessero preso parte alla congiura, pronunciò contro di loro la scomunica e giacché non aveva forze militari sufficienti per resistere, si rifugiò a Genova portando con sé i prigionieri. Fece poi giustiziare il vescovo di Aquileia che aveva tentato la fuga e cinque dei sei cardinali prigionieri; questa serie delittuosa, ma che nel periodo tardomedioevale, con le lotte di potere che funestavano tutti i principi regnanti d’Europa, a cui non si può escludere il potere temporale dei papi, dicevamo era una cosa frequente, fece rivoltare contro Urbano VI altri cinque suoi cardinali che l’abbandonarono sollecitando il popolo e il clero romano di fare lo stesso, due di loro passarono dalla parte dell’antipapa Clemente VII. Morto il re di Napoli Carlo III il 24 febbraio 1386 in un attentato in Ungheria, Urbano VI lasciò Genova e ritornò a Roma, rifiutando poi un’alleanza con la vedova del re di Napoli; di fronte alle richieste di principi tedeschi di porre termine allo scisma dilagante nella Chiesa, rispose con una bolla con cui si chiamava alla crociata contro Clemente VII. È da annotare sempre riguardo il suo carattere combattivo, che lanciò l’interdetto e la scomunica contro il popolo romano, insorto contro di lui. Come iniziative ecclesiali sono note le nuove regole per la celebrazione dell’Anno Santo, stabilendo al 1390 la data di uno nuovo e inserendo la Basilica di Santa Maria Maggiore nelle chiese giubilari; dispose che la festa francescana della Visitazione di Maria fosse celebrata da tutta la Chiesa, confermò in Germania la fondazione delle Università di Colonia, Erfürt e Heidelberg. Lo scisma d’Occidente, che impegnò tutti i suoi undici anni di pontificato, provocò grande caos al punto che gli stessi vescovi, i teologi e perfino i santi dell’epoca erano discordi, infatti s. Caterina da Siena e s. Caterina di Svezia ritennero legittimo il papa di Roma, mentre s. Vincenzo Ferreri, il beato Pietro del Lussemburgo e s. Coletta, parteggiarono per il papa di Avignone, Dovunque si accendevano discussioni, le due parti si accusavano reciprocamente di scisma. Spesso due vescovi si disputavano la stessa sede, veri conflitti scoppiavano nei monasteri, nelle università e in seno alle famiglie; lo stesso Stato Pontificio fu coinvolto in vicende diplomatiche e belliche d’ogni genere, al punto che più di una volta fu sul punto di crollare. Il sentimento d’ossequio per il Papato e la Sede Romana ebbe una forte riduzione, si giunse a mettere in dubbio il primato del vescovo di Roma e si fece strada la “dottrina conciliare” che proclamava la superiorità del Concilio Ecumenico sul Sommo Pontefice. Papa Urbano VI è ritenuto nella storia come il legittimo pontefice, purtroppo la sua figura e personalità è stata fortemente condizionata dagli eventi della sua elezione e sarà sempre ricordato come il papa sotto il cui pontificato, maturò il Grande Scisma d’Occidente; morì a Roma il 15 ottobre 1889 a 71 anni.
Autore: Antonio Borrelli
|