A Omegna (Novara), sulle rive del lago, davanti ai monti maestosi, il 24 giugno 1870, nacque Andrea Beltrami. Il piccolo crebbe esuberante e felice, appassionandosi alle barcheggiate sul lago e alle ascensioni sui monti con una vitalità eccezionale. A scuola, era tra i primi e nella parrocchia si distingueva per la sua fede sicura e disinvolta.
Il suo parroco fu la sua prima guida spirituale. Dal giorno della Prima Comunione, ricevuta a 10 anni, ogni settimana c’era per Andrea la Confessione, e la Comunione si faceva sempre più frequente. Con l’aiuto dei genitori, diventò un adolescente sveglio e limpido nella vita.
Al termine delle elementari, andò a continuare gli studi a Lanzo, nel primo istituto salesiano fondato da Don Bosco, fuori Torino. Lì, a contatto dei suoi buoni maestri, si innamorò di Gesù sempre più intensamente.
Quando tornava ad Omegna in vacanza, continuava le gite sul lago e sui monti, ma ai suoi capitava spesso di trovarlo prostrato, nella sua stanzetta o in chiesa, come in estasi davanti al Tabernacolo. Non aveva che 15 anni: un adolescente eucaristico!
A Lanzo, un giorno ebbe la grande fortuna di incontrare Don Bosco e, rimastone affascinato, gli nacque dentro una domanda: “Perché non potrei essere anch’io come lui? Perché non spendere anch’io la vita per la formazione e la salvezza dei giovani?”. Nel 1885, Don Bosco gli disse: “Andrea, diventa anche tu salesiano!”. Nei mesi successivi, Don Bosco giunse a dire: “Come lui ce n’è uno solo!”.
Il 29 ottobre 1886, Andrea iniziava a Foglizzo l’anno di noviziato, con un proposito: “Voglio farmi santo”. Il 2 ottobre 1887, a Valsalice (Torino) Don Bosco riceveva i voti religiosi di Andrea: era diventato salesiano e intraprese subito gli studi per prepararsi al sacerdozio.
Vicino a un principe
In quei giorni, a Valsalice, stava compiendo gli studi verso la medesima meta, il principe polacco Augusto Czartoriski, con il quale Andrea si legò d’amicizia: studiavano insieme le lingue straniere e si aiutavano a salire verso la vetta della santità. Quando Augusto si ammalò, i superiori pregarono Andrea di stargli vicino e di aiutarlo.
Trascorsero insieme le vacanze estive negli istituti salesiani di Lanzo, Penango d’Asti, Alassio... Augusto che intanto era arrivato al sacerdozio, era per Andrea suo angelo custode, maestro ed esempio eroico di santità. Mentre Don Augusto si spegnerà nel 1893 Andrea dirà di lui: “Ho curato un santo”.
A Valsalice, Andrea continuava gli studi teologici e intanto si iscriveva alla Facoltà di Lettere a Torino e nel medesimo tempo faceva scuola di latino e greco ai compagni più giovani... Il 20 febbraio 1891, una violenta emorragia rivelava che era stato anche lui colpito dalla tisi, allora quasi sempre inguaribile.
Rimase sereno, ponendosi un solo problema: “Potrò essere ordinato sacerdote?”. I superiori, in attesa del miracolo, gli ottennero dal Papa Leone XIII le dispense necessarie per salire l’altare, pur non avendo terminato gli studi. L’8 febbraio 1893, Andrea Beltrami, nelle “camerette” di Don Bosco a Valdocco, fu ordinato sacerdote dal Vescovo salesiano Mons. Giovanni Cagliero.
Da quel giorno, la sua vita ebbe come scenario le quattro pareti della sua stanzetta a Valsalice, tra letto, scrittoio e altare. Malato “di professione”, si fece un orario di lavoro e di preghiera, entrando sempre più nel mistero della Croce di Cristo:
Il Signore mi vuole sacerdote e vittima: che c’è di più bello? Sono contento di questa malattia, persuaso che soffrire e pregare sia più utile per me e per la Congregazione, che lavorare...”.
La sua giornata iniziava con la Santa Messa, in cui egli univa le sue sofferenze al Sacrificio di Gesù ripresentato sull’altare. La meditazione diventava contemplazione.
Il Breviario, il Rosario alla Madonna: un vero colloquio di amore con Gesù. Quando non era tormentato dalla febbre, Don Andrea studiava: la teologia cattolica, i moralisti, la storia della Chiesa, la Sacra Scrittura, le opere di Santa Teresa, di Sant’Alfonso, di San Francesco di Sales...
Dalla sua scrivania, uscirono una dopo l’altra le biografie di Santa Margherita Alacoque, di San Benedetto, di San Francesco d’Assisi, di Santa Liduvina (modello dei malati), di San Stanislao Kostka... e poi studi storici, opere teatrali, traduzioni critiche delle opere di San Francsco di Sales.
“Prima di scrivere – diceva – prego a lungo Maria SS.ma, Sede della Sapienza, e lo Spirito Santo a volermi illuminare e fecondare ogni parola affinché possa penetrare i cuori e fare del bene alle anime". Un vero apostolo della penna.
“Mi offro vittima...”
Ma la sua vocazione più vera era la preghiera e la sofferenza: essere vittima sacrificale con la Vittima divina che è Gesù. Lo rivelano i suoi scritti luminosi e ardenti: “È pur bello nelle tenebre, quando tutti riposano, tenere compagnia a Gesù, alla tremula luce della lampada davanti al Tabernacolo. Si conosce allora la grandezza infinita del suo amore”.
“Chiedo a Dio lunghi anni di vita per soffrire ed espiare, riparare. Io sono contento e faccio sempre festa perché lo posso fare. Né morire né guarire, ma vivere per soffrire. Nella sofferenza sta la mia gioia, la sofferenza offerta con Gesù in croce”. “Mi offro vittima con Lui, per la santificazione dei sacerdoti, per gli uomini del mondo intero”.
A Valsalice, Don Andrea era di esempio a tutti: un giovane chierico, Luigi Variara (di Viarigi, Asti), lo scelse come modello di vita: diventerà sacerdote e missionario salesiano in Colombia e fonderà, ispirandosi a Don Beltrami, la Congregazione delle Figlie dei Sacri cuori di Gesù e Maria.
Dalla sua stanzetta, Don Andrea, sempre più fragile, pensava pure a essere in qualche modo apostolo tra i giovani. Propose all’amico Don Aureli la fondazione di un circolo cattolico che unisse la cultura e l’educazione alla fede. Nacque così il “circolo Cesare Balbo”, che avrà tra i suoi soci Pier Giorgio Frassati.
Veniva modellandosi, Don Andrea, sempre più a immagine di Gesù, “abbandonandomi, come diceva, interamente alla direzione di Maria Ausiliatrice”. Il 20 febbraio 1897, festeggiò il suo sesto anniversario di malattia... Fu un anno difficile, ma il suo volto esprimeva la gioia del Paradiso ormai vicino.
Nella notte tra il 29 e il 30 dicembre 1897, sentì che Gesù veniva a prenderlo. Si alzò, vestì la talare più bella, poi da solo “si compose” sul letto, con il Crocifisso tra le mani, e attese sereno la sua venuta. Si spense al mattino, baciando il Crocifisso, a 27 anni di età e cinque di sacerdozio.
Tre mesi prima, il 30 settembre 1897, per la stessa malattia, era morta a 24 anni, nel Carmelo di Lisieux, Santa Teresa di Gesù Bambino. Davvero fratello e sorella in Cristo, Don Andrea e Teresa: uguale l’ideale e la chiamata, l’unione con Gesù sul Calvario per la gloria del Padre e la salvezza del mondo. Teresa è santa, Don Variara e Don Czartoryski sono “beati”, Don Andrea, già “venerabile”, quando sarà santo?
Autore: Paolo Risso
Tutti se lo contendono, istituti, scuole laiche e anche seminari, perché è di un’intelligenza straordinaria e tutti i suoi esami sono un trionfo. Lui, invece, ha solo voglia di essere salesiano: se lo sente dentro come un imperativo che non amette repliche e lo vede come unico obiettivo di vita. All’origine di questa vocazione c’è un incontro, neanche tanto ravvicinato, con don Bosco, che gli fa comunque nascere il desiderio di essere un giorno come lui; soprattutto, c’è una predica del vescovo salesiano Giovanni Cagliero, che riesce ad ipnotizzarlo ed a fargli sognare la missione, possibilmente tra gli stessi indios in cui quel leggendario vescovo lavora. È nato nel 1870 ad Omegna (Novara), primogenito di dieci fratelli, da genitori profondamente cristiani, che fanno tuttavia fatica ad accettare un figlio salesiano. Così, mentre mamma piange e papà è fermamente contrario, alla fine prevale la fede e mamma, accompagnandolo dai salesiani di Foglizzo, raccomanda al maestro dei novizi: “Ne faccia un santo”. “Farmi santo” è anche il proposito che il ragazzo scrive quel giorno, a dimostrazione che le parole delle mamme non cadono mai nel vuoto, ma bisogna dire che davvero poche mamme sono prese così in parola dal buon Dio. Lo stesso don Bosco si lascia scappare che “di Beltrami ce n’è uno solo”, in quel giorno del 1886 in cui gli impone l’abito chiericale. L’anno dopo, nelle mani di un don Bosco ormai cadente e già sul viale del tramonto, emette i primi voti e comincia a prepararsi seriamente al sacerdozio. Gli è compagno il principe polacco Augusto Czartoriski, fragile di salute ma eroico nel suo impegno di santità. Tra i due nasce una profonda amicizia spirituale che si trasforma anche in aiuto fraterno, quando a questi è diagnosticata la tubercolosi. Andrea diventa praticamente la sua ombra, seguendolo per incarico dei superiori anche nei vari spostamenti, che Augusto accetta nella vana ricerca di aria salubre che gli restituisca la salute. Non è difficile immaginare quale influenza quest’ultimo eserciti sul più giovane Andrea, irrobustendo la sua fede, insegnandogli a soffrire per amore e instillandogli a poco a poco una spiritualità oblativa e riparatrice che diventerà poi la caratteristica specifica di Beltrami. Che nel 1893, alla morte di Augusto, ha la netta sensazione di “aver curato un santo”, riconoscendo quanto da lui ha ricevuto per la sua crescita spirituale e non sapendo che, con ogni probabilità, da lui ha ereditato anche la tubercolosi. Pian piano scavato e indebolito anche lui dalla stessa malattia, ha un modello di vita cui ispirarsi, sviluppando contemporaneamente una spiritualità propria. “Né guarire né morire, vivere per soffrire” diventa il suo programma di vita, nella certezza che “soffrire e pregare sia più utile per me e per la Congregazione, che lavorare...”. Sembra avere soltanto la paura di non fare in tempo a diventare sacerdote e così i superiori, molto saggiamente, mentre fanno novene per la sua guarigione, affrettano anche la sua preparazione e le necessarie dispense per poterlo ordinare l’8 febbraio 1893, a 23 anni non ancora compiuti. Ad imporgli le mani è proprio monsignor Cagliero, il vescovo della sua vocazione, e da quel giorno don Andrea capisce che la sua missione non sarà tra i giovani e neppure tra gli indios: il suo letto diventerà altare e cattedra, in cui immolarsi insieme a Gesù e da cui insegnare come si ama, come si offre e come si soffre. La sua cameretta diventa tutto il suo mondo, da cui scrive (numerose sono le sue opere spirituali e agiografiche) ed in cui celebra la sua cruenta messa.“Mi offro vittima con Lui, per la santificazione dei sacerdoti, per gli uomini del mondo intero”, ripete, ma la sua salesianità lo spinge ad intrattenere anche rapporti con il mondo esterno, ispirando e sostenendo, ad esempio, la nascita del centro guiovanile “Cesare Balbo”, di cui sarà socio anche Piergiorgio Frassati. Muore il 30 dicembre 1897, abbandonandosi nelle mani dell’Ausiliatrice. Nello stesso istituto di Valsalice si sta formando un giovane chierico astigiano, Luigi Variara, che lo sceglie come modello di vita e che, diventando sacerdote e missionario salesiano in Colombia, si ispirerà a lui nel fondare la Congregazione delle Figlie dei Sacri cuori di Gesù e Maria. E’ il “filo rosso” della santità, che da don Bosco, passando per don Rua e don Augusto Czartoriski, attrraverso don Andrea arriva fino a Luigi Variara, a dimostrazione che i santi non sono mai isolati e sporadici. Mentre però tutti questi sono arrivati alla gloria degli altari, solo don Andrea Beltrami (venerabile dal 1966) è ancora in “lista d’attesa” e si attende il riconoscimento di un miracolo che gli apra le porte della beatificazione.
Autore: Gianpiero Pettiti
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