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Yuriria, Messico, 21 settembre 1882 - Cortázar, Messico, 10 marzo 1928
Mateo Elías Nieves del Castillo nacque da una famiglia di modesti contadini a San Pedro de Yuriria, presso Guanajuato in Messico, il 21 settembre 1882. Rimasto orfano di padre, dovette lavorare duramente per aiutare la famiglia. Nel 1903 poté entrare nel seminario agostiniano, assumendo con la professione religiosa il nome di Elia del Soccorso, in onore della Madonna del Soccorso. Venne ordinato sacerdote il 19 aprile 1916. Fu nominato parroco de La Cañada, mentre il Messico stava per essere sconvolto da una persecuzione religiosa. Quando il governo, per combattere la Chiesa, ordinò ai sacerdoti di abbandonare le zone rurali e ritirarsi nelle città, padre Elia rimase nascosto in una grotta della zona, per non abbandonare i suoi fedeli, prodigandosi nell’aiutarli spiritualmente e materialmente. Scoperto e catturato dai soldati governativi, venne fucilato in località La Cañada de Caracheo, nei pressi di Cortázar, il 10 marzo 1928, dopo aver benedetto il plotone e distribuito ai soldati le cose personali che portava con sé. È stato beatificato il 12 ottobre 1997.
Martirologio Romano: Vicino alla città di Cortázar in Messico, beato Elia del Soccorso (Matteo Elia) Nieves del Castillo, sacerdote dell’Ordine dei Frati di Sant’Agostino e martire, che, mentre infuriava la persecuzione, fu arrestato perché esercitava di nascosto il suo ministero e morì fucilato in odio al sacerdozio.
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Matteo Elías Nieves del Castillo nacque nell'Isola di S. Pedro, Yuriria (Guanajuato - Messico) il 21 settembre 1882. Era figlio di Ramón e Rita, un matrimonio di modesti agricoltori di profonda religiosità.
Dovette tardare a entrare tra gli Agostiniani, come ardentemente desiderava, sia per motivi di salute che per la sua condizione di povertà. Per questo arrivò ad essere sacerdote solo nel 1916, a 34 anni. Dopo le sue prime esperienze pastorali, gli fu affidato il vicariato alla Cañada de Caracheo, una borgata molto povera. Lì egli ha svolto la sua breve ma intensa vita di sacerdote, impegnandosi senza riserve per i suoi parrocchiani, infondendo in essi il conforto e la speranza cristiana e condividendone tutti i disagi e le sofferenze.
Ma il Messico stava vivendo uno dei momenti più tragici della sua storia. Uscito dalla dominazione spagnola con la guerra di indipendenza del 1822, non era mai riuscito a incamminarsi verso una vera unità nazionale. Le nazioni ricche, che accampavano enormi diritti per concessioni sul petrolio e altre risorse del sottosuolo, fomentavano ogni possibile divisione interna, a cui facevano da cassa di risonanza i latifondisti e, purtroppo, anche degli ecclesiastici di alto rango, tutti accaniti nella difesa dei loro antichi privilegi. Contro tutti costoro il clima era fortemente acceso, sfociando anche in forme di duro anticlericalismo, di cui spesso facevano le spese i sacerdoti che stavano in mezzo alla gente povera. Non c'era in pratica un vero potere centrale, una sicurezza del diritto, una speranza di appello e di giustizia. Chiunque avesse avuto modo di arruolar gente e di ammassare armi faceva la legge e diveniva "la legge". Odi, rivalità, lotte incrociate e senza quartiere esplodevano come le bolle in una massa di magma incandescente. La paura di tutti era che un giorno o l'altro potesse arrivare, magari nel più piccolo centro sperduto nelle campagne, un gruppo di quella gente.
E infatti arrivò anche a Cañada de Caracheo. Era il 7 marzo 1928. Ma già da un paio d’anni il governo aveva emanato drastiche disposizioni allo scopo di impedire qualsiasi attività religiosa che non fosse sotto il controllo diretto dell'autorità civile. Disposizioni che in genere non venivano osservate, però permettevano qualunque eccesso a chi aveva il dente avvelenato contro la religione. In genere la vita religiosa continuava più o meno normalmente, ma nel clima di grossi rischi. Ognuno ce lo sapeva. Andava bene finché andava bene, ma se qualcosa si inceppava, erano guai.
Il p. Elia, per prudenza, si nascose in una grotta tra quei monti. Grotta da eremita. Ma ne usciva regolarmente per prestare ai suoi parrocchiani tutte le cure religiose, come se nulla fosse cambiato. Prudenza, ma senza paura. I suoi parrocchiani, che non capivano nulla delle misure governative, capivano lui, lo amavano sempre di più.
Il 7 marzo, dunque, arrivò un distaccamento di soldati alla ricerca, sembra, di certi ladri di bestiame. Essendo l'ora tarda, decisero di pernottare nella chiesa parrocchiale. Ma al tentativo di forzare le porte la gente si ribellò e ci fu una sparatoria. I soldati allora chiesero dei rinforzi e un altro distaccamento raggiunse il paese. Il giorno 9 stanarono il P.Nieves, travestito da contadino, ma fu lui stesso a dichiararsi sacerdote quando gli chiesero le generalità. Fu immediatamente preso prigioniero, insieme a due giovani contadini, i fratelli Sierra, che cercavano di tenerlo nascosto.
La mattina del 10, soldati e prigionieri partirono alla volta di Cortazar, da cui dipendeva la Cañada. Ma i prigionieri non vi arrivarono. Prima toccò ai fratelli Sierra. Fu permesso che il Padre li confessasse, poi furono fucilati mentre gridavano: "Viva Cristo Re!"
Ripresero il cammino. Vicini ormai a Cortazar, il comandante fermò il drappello e disse a p. Elias con sarcasmo: "Ora sta a voi. Fateci vedere se sapete morire come sapete dir Messa". Il Padre rispose: "È giusto. Morire per la religione è un sacrificio gradito a Dio".
Su sua richiesta gli concessero una mezz’ora per prepararsi al grande passo che per lui era come l'offertorio di una Messa con Gesù. Fu lui a scuotere la pesantezza del momento dicendo: "Eccomi, io sono pronto". Quando i fucili furono spianati, egli disse con decisione: "Ora inginocchiatevi. Vi voglio benedire in segno di perdono". Si inginocchiarono tutti, eccetto il comandante che gridò: "Io non voglio benedizioni. Mi basta la carabina". E mentre il Padre aveva ancora la mano alzata per benedire, gli sparò al cuore. Il Padre fece in tempo a gridare con chiarezza anche lui: "Viva Cristo Re!"
Subito la gente prese a venerarlo come un santo martire.
Il suo corpo venne tumulato in un'apoteosi di folla, la terra imbevuta del suo sangue è stata conservata come reliquia, il luogo della fucilazione fu subito il suo santuario. Il suo sacrificio è stato un'offerta per la pacificazione del popolo.
Fu solennemente beatificato il 12 ottobre 1997.
Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A.
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