Con i criteri dell’epoca, 100 anni fa era uno dei nostri acerrimi nemici, un “odiato austriaco”che impediva all’Italia di rientrare in possesso dei territori “irredenti”; anche piuttosto valoroso, almeno a giudicare dalla medaglia d’argento che riesce a meritarsi, insieme ad una ferita piuttosto seria, che per un po’ lo tiene lontano dalle trincee. Appena guarito, però, ritorna al fronte e questa volta riusciamo anche ad imprigionarlo, a Riva del Garda, fino al 14 agosto 1919.
Giacomo Gapp è nato in una famiglia numerosa di Wattens, Tirolo (Austria) il 26 luglio 1897. Frequenta il ginnasio francescano di Hall fino all’arruolamento; dopo la guerra entra dai Marianisti ed è ordinato prete ad aprile 1930 nella cattedrale di Friburgo. Inizia a svolgere il suo ministero tra Freistadt e Graz qualificandosi subito come il prete che, oltre all’insegnamento ed alla direzione spirituale, va a cercare i poveri, senza aspettare che questi vengano da lui. Raccontano che evitasse anche di accendere la stufa nella propria camera, per avere un po’ di legna o di carbone da portare alle famiglie più misere. L’altra sua caratteristica, che non passa inosservata, è la ferma opposizione al nazismo: si è confrontato e formato sulle direttive pastorali dei vescovi tedeschi ed austriaci e, in particolare, sull’enciclica “Mit brennender Sorge” di Pio XI, arrivando alla drastica, e per certi versi scomoda, conclusione che la fede cattolica è assolutamente incompatibile con la politica nazista. Se a ciò si aggiunge il pregio, che a volte viene scambiato per difetto, di non avere peli sulla lingua, possiamo facilmente immaginare i rischi cui comincia ad andare incontro. Nel 1938 lo mandano come viceparroco a Breitenwang-Reutte, nel Tirolo, dove facendo catechismo nelle scuole si gioca subito il posto, insegnando ai suoi alunni che bisogna amare tutti, indipendentemente dalla razza o dalla religione; il che, se evangelicamente parlando non fa una grinza, evidentemente va a cozzare con la politica razziale che è un cardine del nazismo.
E finisce così nella “lista nera”, tra i soggetti che devono essere attenzionati dalla Gestapo per la circolazione di idee pericolose. Sospeso dalla scuola e addirittura trasferito di parrocchia, rientra in famiglia a Wattens, ma anche di qui deve far valigie quasi subito, per via di una predica troppo esplicita. “Dio è il tuo Dio, non Adolf Hitler” è una frase ricorrente della sua predicazione. Incompreso e frainteso anche tra i preti, p.Gapp comincia a pagare con l’isolamento e la solitudine la sua fiera opposizione al nazismo che molti si rifiutano di condividere. Dopo un breve soggiorno in Francia lo spediscono in Spagna e tutti questi suoi spostamenti sono attentamente seguiti dalla Gestapo, che ormai lo considera un avversario temibile, una sorta di mina vagante, con l’aggravante di essere intelligente e culturalmente ben equipaggiato e, anche per questo, con notevole ascendente su chi lo ascolta. Con la sensazione che ormai tutti gli hanno fatto terra bruciata intorno, a fine 1940 chiede alla S.Sede l'esclaustrazione di un anno, subito concessagli; ma fuori della Congregazione resiste poco e due mesi dopo già chiede la riammissione, mentre in lui comincia ad essere chiara la percezione del martirio ormai imminente: “Versare il sangue per Cristo e per la Chiesa è per me la cosa migliore e più sublime”.
Per la Gestapo è il momento psicologicamente opportuno per tendergli la trappola mortale: due emissari, che si spacciano per ebrei desiderosi di convertirsi al cattolicesimo, riescono pazientemente a guadagnare la sua fiducia e ad accompagnarlo in Francia, ad Hendaye, dove il 9 novembre 1942 è arrestato. Il dispendio di forze e le energie impiegate per l’arresto dimostrano come quel prete faccia paura. Subito trasferito a Berlino e sommariamente processato, il 2 luglio 1943 è condannato a morte “per alto tradimento” e la condanna viene eseguita per decapitazione la sera del successivo 13 agosto. La salma è spedita al laboratorio di medicina dell’Università berlinese per i ben noti esperimenti nazisti e non restituita alla famiglia, per evitare ogni possibile onore post mortem. Himmler in persona è informato dettagliatamente di ogni cosa, a conferma di quanto p. Gapp abbia fatto tremare il nazismo, che, secondo l’affermazione dello stesso Himmler; “se avesse avuto uomini della tempra di quel prete si sarebbe affermato ovunque”. A guadagnarci, invece, è la Chiesa, che in lui ha un martire in più, proclamato beato nel 1996 da Giovanni Paolo II.
Autore: Gianpiero Pettiti
Volontario austriaco nella guerra mondiale del 1915-18, Jakob Gapp cade prigioniero delle truppe italiane insieme con 300 mila commilitoni al termine del conflitto. E l’anno dopo è di nuovo volontario. Ma in una congregazione religiosa, stavolta: nella Società di Maria (i cui membri sono comunemente detti Marianisti), fondata nel 1817 a Bordeaux da padre Guglielmo Chaminade per l’educazione della gioventù, e diffusa successivamente in vari Paesi, tra cui l’Austria. Nel 1920 Jakob comincia il noviziato e poi va a studiare in Francia e Svizzera; viene ordinato sacerdote nel 1930, ma già da prima aveva iniziato a insegnare a Graz, in Stiria.
Nel 1933 Adolf Hitler sale al potere in Germania, e rapidamente la trasforma in uno Stato totalitario, fondato sulla superiorità della “razza ariana” e su un brutale espansionismo, che nel marzo 1938 porta all’invasione tedesca dell’Austria, dove subito "accorrono uomini d’affari e banchieri tedeschi a comprare per una frazione del loro effettivo valore le aziende tolte agli ebrei e agli antinazisti" (Shirer, Storia del Terzo Reich).
E subito antinazista convinto è stato padre Jakob Gapp, per radicale avversione alla visione razzista che papa Pio XI ha condannato nel marzo 1937 con la famosa enciclica Mit brennender Sorge (Con cocente preoccupazione). In essa papa Ratti scriveva: "Chi eleva la razza, il popolo, o una determinata sua forma od altri elementi della società umana a norma suprema di tutto, anche dei valori religiosi, perverte e falsa l’ordine delle cose creato e voluto da Dio".
Decine di migliaia di arresti diffondono la paura per l’onnipotente Gestapo: anche la vecchia “Austria felice” si trova condannata all’applauso o al silenzio. Ma padre Gapp non applaude e non sta affatto zitto. Parla anche per chi non osa. E spiega che nazismo e cristianesimo sono assolutamente incompatibili. O l’uno o l’altro, nessuna via di mezzo.
Disarmato e temuto, quindi in pericolo gravissimo, padre Jakob deve fuggire dall’Austria al più presto: passa in Francia, ma neppure lì sta zitto. Perciò deve cercare presto scampo in Spagna. Ma la Gestapo tiene troppo a quest’uomo armato soltanto della sua voce; e lo raggiunge anche lì, in una comunità marianista di Valencia, facendolo uscire con un trucco e portandolo poi dritto a Berlino.
Nella capitale tedesca lo aspettano sette lunghi mesi di carcere e poi un processo di sole due ore, terminato con la condanna a morte. Il 13 agosto 1943, nel penitenziario berlinese di Ploetzensee, padre Jakob viene decapitato. Poche ore prima aveva scritto lettere gioiose ai familiari e ai superiori: "Considero questo giorno come il più bello della mia vita". "Ho attraversato dure prove, ma adesso sono felice".
Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 2 novembre 1996.
Autore: Domenico Agasso
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