Le fonti documentarie, tra cui i dittici eburnei della Cattedrale e della Basilica di san Gaudenzio, concordano nell’indicare Agabio quale secondo vescovo di Novara, dopo Gaudenzio, nella prima metà del IV secolo. Secondo la tradizione, che venne fissata in un racconto agiografico del XII – XIII secolo, Agabio, fedele discepolo del primo vescovo, venne da lui stesso designato a guida della diocesi novarese e diede onorevole sepoltura al suo maestro nella basilica extramuraria esistente fino alla metà del XVI secolo. La figura di Agabio viene presentata come quella del pastore sapiente che, dedicandosi alla preghiera e al digiuno, riesce ad essere coraggiosa guida del gregge lui affidato, fino alla morte che i calendari da sempre collocano al 10 settembre. La sua sepoltura, situata lungo la strada per Milano, venne monumentalizzata con la costruzione di una chiesa lui dedicata, mentre le sue reliquie già dall’890 furono dal vescovo Cadulto traslate nella Cattedrale di Santa Maria, dove ancora riposano in un altare marmoreo. L’annuncio missionario dell’evangelizzazione, che la tradizione attribuisce all’operato di Gaudenzio, iniziò succesivamente a tradursi in evidenze materiali, come luoghi di culto e battisteri, la cui edificazione potrebbe coincidere con gli anni di episcopato di Agabio, edifici che sono il segno più evidente della cristianizzazione del vasto territorio diocesano. L’iconografia, genericamente riconducibile alla tipologia dei santi vescovi e non molto diffusa, possiede un elemento distintivo nella presenza dell’ostia e del calice, richiamando la particolare pietà verso il santo mistero eucaristico che la tradizione attribuisce ad Agabio.
Autore: Damiano Pomi
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