Il B. Paolo degli Ambrosi, di buona famiglia di Cropani, nacque il mercoledì 24 gennaio del 1432. Fu educato dai genitori nella pratica delle virtù cristiane e nella formazione culturale, sicché divenne ben presto un modello di vita santa per tutti gli adolescenti suoi contemporanei, i quali lo additavano con l'appellativo di Angelo. Era particolarmente dedito alla preghiera e alle pratiche di pietà in vigore nel suo paese.
Il 20 marzo del 1450, a 18 anni, entrò nel convento del Terz'Ordine Regolare, dedicato al SS. Salvatore, nella sua città natale, dove fece il suo noviziato, in spirito di umiltà, di obbedienza e fervente orazione, praticando per di più una mortificazione, piuttosto accentuata.
Nel 1458 accettò per ubbidienza di essere ordinato sacerdote. Benché avesse inclinazione alla penitenza e alla contemplazione, nondimeno si rese utile ai fratelli, che numerosi accorrevano a lui per consiglio e per conforto. Si adoperava in modo particolare a confortare le anime afflitte e a riconciliare le famiglie, che tanto spesso erano in conflitto tra loro in quei tempi. Si afferma che avesse da Dio il dono di scrutare i cuori, per cui conosceva in anticipo i bisogni e i desideri di quelli che venivano a lui prima che glieli manifestassero.
Preposto al governo del suo convento a più riprese, si adoperò a farvi fiorire la disciplina regolare e l'osservanza, più con l'esempio che con la parola.
Nella primavera del 1488 partecipò al Capitolo Generale dell'Ordine, tenuto a Montebello in Lombardia. Di ritorno fece una sosta a Roma. Quì, celebrando una mattina la S. Messa nella chiesa di S. Maria della Consolazione, si notò che al Memento dei morti sostò in silenzio e raccoglimento molto più a lungo di quanto fosse solito fare, con grande ammirazione dei presenti, che non sapevano rendersene ragione. Dopo la celebrazione della Messa egli confidò al Provinciale che durante la celebrazione del S. Sacrificio, il Signore gli aveva rivelato la morte di suo padre e che egli aveva in spirito assistito ai suoi funerali.
Al ritorno dal Capitolo di Montebello, egli visitò la Santa Casa di Loreto e i santuari della Verna e di Assisi, attingendo alla fonte il vero spirito di S. Francesco. Durante questo viaggio egli predisse prossima la sua fine.
Ritornato a Cropani, egli si ritirò nell'eremo di Scavigna a breve distanza dalla sua città, dove si diede tutto alla preghiera, alla contemplazione e alla penitenza.
Quì fu assalito da una persistente febbre, che lo tormentava da diversi giorni. Chiese che gli fossero somministrati i Sacramenti e che si recitassero dai confratelli le preghiere dei moribondi. Li esortò ad essere fedeli all'osservanza regolare e camminare sulle orme del Santo Fondatore in spirito di povertà e di amore. Atteggiando quindi le labbra ad un dolce sorriso, come se fosse ricreato da una visione di Angeli, se ne volò serenamente al cielo il 24 gennaio del 1489, a 57 anni di età, di cui 39 di religione come Terziario Regolare.
Gli furono tributati solenni funerali col concorso dei Religiosi, del Clero e di una immensa folla. Non pochi prodigi accompagnarono le sue esequie; per cui il popolo lo acclamò subito Santo e incominciò a venerarlo e a ricorrere alla sua intercessione per implorare da Dio grazie e favori. Sintomatico il fatto che un suo concittadino, conosciuto come Francesco l'orbo, per essere cieco di un occhio, ne scrisse la vita a pochissimi anni, una diecina, dalla sua scomparsa. Si tratta di un poema in vernacolo calabrese, andato purtroppo perduto.
Alla sua scomparsa il corpo fu conteso tra Cropani e Belcastro, che lo voleva nella propria Cattedrale. Le ragioni di Cropani prevalsero: perciò il clero e il popolo corsero a Scavigna per rilevare le sue spoglie mortali. Quivi giunti, si accorsero che la cassa da morto, fatta apprestare in tutta fretta e senza aver preso le dovute misure, non era adatta ad accogliere il suo corpo. Si racconta che essi fecero ricorso con fiducia all'intercessione del Beato, il quale esaudì le loro preghiere e rese la cassa adatta alle proporzioni del suo corpo.
A Cropani nuova contesa tra il Capitolo della Matrice e i Religiosi del Convento del SS. Salvatore per la custodia del sacro deposito. Ma prevalsero le ragioni dei Terziari Regolari, i quali accolsero nella loro chiesa la preziosa reliquia. A questa chiesa accorse la folla per venerarvi i1 corpo del Beato, che restò esposto e visibile per diversi giorni per soddisfare la devozione popolare, che accorreva numerosa a venerarlo. L'indiscrezione dei fedeli, desiderosi delle sue reliquie, non faceva altro che tagliuzzare la sua tonaca, asportandone dei lembi; sicché dovette essere rifatta più volte finché il corpo del Beato non venne seppellito in una delle cappelle della chiesa conventuale (sotto l'altare maggiore).
Tra i diversi prodigi, operati mentre egli era ancora esposto alla pubblica venerazione, di cui ci è stata tramandata la memoria dai suoi biografi, merita particolare attenzione quello che si verificò in Mesoraca. Un Professore di lettere di questa città, tale Mario Biondo, presente alle esequie del Beato, accostò un fazzoletto alla fronte del cadavere, che sudava, e, ritornando a Mesoraca, con questo fazzoletto, inzuppato di sudore si avvicinò alla figlia agonizzante e glielo stese sul capo, invocando con fede 1'intercessione del B. Paolo: questa fede ottenne 1'immediata guarigione della figlia. Altri prodigi si susseguirono, come vedremo a suo luogo, per cui la devozione e il culto del Beato Paolo presero sempre maggior incremento a Cropani, a Belcastro e nei paesi vicini.
Vicende delle reliquie
Il B. Paolo, come abbiamo narrato, morì nell'eremo di Scavigna, tra Cropani e Belcastro; ma il suo corpo fu trasferito solennemente a Cropani e sepolto nella chiesa conventuale dei Religiosi del Terz'Ordine Regolare, il SS. Salvatore, che era ubicato fuori, ma a breve distanza dal1'abitato, come si usava per le prime costruzioni dell'Ordine.
Malgrado la distanza di poco più di un chilometro, la tomba del Beato era meta continua di ogni ceto di persone che vi accorrevano per venerarlo e, soprattutto, per implorare la sua protezione nelle varie circostanze della vita. E non solo vi accorrevano dalla città natale, ma anche dai paesi viciniori e perfino da Crotone, come si rileva dalla narrazione dei diversi prodigi da lui operati su persone, che abitavano piuttosto lontano da Cropani.
Le reliquie del Beato restarono nella chiesa dei Terziari Regolari fino al 1652. In questo anno, in esecuzione della nota Bolla di Innocenzo X sulla chiusura dei piccoli conventi, in cui non poteva funzionare una comunità regolare, il convento del SS. Salvatore fu condannato alla chiusura. Allora il clero della Matrice reclamò 1'onore di trasferire il corpo del Beato alla chiesa collegiata. I Terziari Regolari acconsentirono alla loro richiesta a condizione che, nell'eventuale riapertura del loro convento, le sacre reliquie fossero loro riconsegnate per riportarle nella loro chiesa.
Il convento non è stato più riaperto, per cui le reliquie del B. Paolo restarono nella Matrice in apposita cappella, che divenne ben presto meta della devozione popolare. Queste reliquie sono state poi incluse in una teca, posta entro il petto del busto ligneo del Beato e vengono solennemente portate in processione sia per la ricorrenza annuale della festa del 25 gennaio sia per le altre circostanze occasionali.
Nella chiesa matrice si conserva anche un quadro di modeste proporzioni con le immagini della Madonna, di S. Rocco, di S. Marco e del B. Paolo.
Circa la conservazione e il culto delle reliquie del B. Paolo, abbiamo le testimonianze dei Vescovi di Catanzaro nelle periodiche Visite Pastorali, che si con¬servano nell'Archivio Diocesano di Catanzaro, a incominciare dal 1660 in poi. In questa prima Visita pastorale, compiuta dall'Ordinario, Filippo Visconti, il 28 aprile del 1660, cioè dopo appena sette anni dal passaggio delle reliquie dalla chiesa dei Terziari Regolari alla Matrice, si legge: "Visitavit sanctas reliquias, nempe corpus Beati Pauli de Ambrosio de Cropani tertii Ordinis S. Francisci, asservatum in arcula bene clausa alias de anno praeterito pariter visum, et scripturas illius fuerunt recognitae in ditto anno praeterito et in actis visitationis registratae". Mons. Emanuele Bellorado nella Visita del 26 agosto 1826 fece apporre i sigilli all'urna che contiene i resti del corpo del B. Paolo, il cui capo trovasi incluso nel petto del busto, cui abbiamo accennato.
I miracoli
I biografi e gli storici nel riportare la biografia del B. Paolo, accennano a diversi prodigi o grazie segnalate, da lui operati in vita e dopo morto.
Il De Sillis, il Bordoni e il Fiore, che sono scrittori coevi della prima metà del secolo XVII, ne riportano 22.
Tra questi si possono segnalare quelli che sembrano più significativi e altri compiuti dopo il tempo, in cui scrivevano i detti autori.
Abbiamo già accennato alla guarigione istantanea della figlia del Professore di Mesoraca, avvenuta poco dopo la morte del Beato, mediante 1'applicazione del fazzoletto, che aveva toccato la sua fronte.
Si parla anche della miracolosa guarigione di certo Francesco da Cropani, impedito di camminare, per un sasso che lo colpì al ginocchio e che ottenne 1'uso delle gambe in seguito all'invocazione del Beato.
Ancora: un vecchio, certo Gian Paolo da Paolo, mostruosamente gibboso e immobilizzato da grave malattia, fattosi portare alla tomba del Beato, riacquistò immediatamente la salute e sparì anche il suo difetto fisico.
A Belcastro, nel 1490, una certa Ilaria, soggetta a gravissima malattia infettiva insieme col figlio, riacquistò la salute dietro invocazione del B. Paolo, verso il quale nutriva una tenera devozione.
Quattro anni dopo, nella stessa città, sperimentava la benevolenza del B. il diacono D. Dionigi, che era tormentato da acutissimi dolori.
Nel 1491 a Crotone una donna, di nome Armenia, fece voto al B. Paolo e riacquistò 1'uso delle mani paralizzate.
Il Beato veniva invocato particolarmente in casi di siccità: allora si organizzava la processione con il suo busto e le reliquie e immancabilmente la pioggia veniva in abbondanza. Si ricorda, a tal proposito, la tremenda siccità e la carestia seguitane nel 1625: al termine della processione al canto delle litanie, mentre la statua stava per rientrare nella sua chiesa, il cielo limpido si coperse di nubi e venne la piaggia, al punto da doversi sospendere il seguito della processione. Questo avveniva e avviene ancora, ogni qualvolta si verificano tali calamità.
Nel 1705 dopo la processione, due donne osservarono che il volto della statua del Beato si era annerito e sudava. L'Arciprete e gli altri che furono avvertiti dalle donne costatarono la veridicità del fatto. In questa occasione, il P. Serafino Pecchia di Napoli, Carmelitano Scalzo, che predicava la quaresima nella Matrice, parlò del fatto con efficacia. Allora un certo Antonio Pucci, che aveva seguito la processione col proposito di scorgervi e uccidere un tale Gioacchino Bruno, che il giorno precedente lo aveva ferito, alzò la voce in mezzo al pubblico, confessando il suo proposito, tirò fuori il pugnale che aveva portato e lo spezzò innanzi alla statua del Beato.
Ancora nel 1867 Elisabetta Corabi, del fu Luigi e di Vittoria Bitelli di Cropani, depose sulla guarigione istantanea, per intercessione del Beato, del proprio fratello Carlo ridotto in fin di vita e salvato mediante l'unzione con un batuffolo di cotone, intinto della madre nell'olio della lampada che arde sempre presso la tomba del Beato.
Non pochi interventi prodigiosi sono ricordati da soldati cropanesi, che si sono rivolti fiduciosi all'intercessione del loro santo concittadino in gravi pericoli, in cui si sono venuti a trovare nelle due guerre, che hanno funestato l'umanità in questa prima metà del nostro secolo.
Il culto del Beato Paolo
I1 culto pubblico al B. Paolo ebbe inizio immediatamente dopo la sua morte, per via dei molti prodigi che gli venivano attribuiti. All'incirca 10 anni dalla sua scomparsa ne veniva scritta la vita in versi volgari calabresi dal concittadino Francesco, detto 1'Orbo. La chiesa dei Ter¬ziari Regolari, malgrado fosse ubicata fuori dalla città, veniva nondimeno frequentata dal popolo per la tomba del Beato, verso il quale la devozione popolare accusava un crescendo continuo. Ciò, naturalmente, suscitava le gelosie del clero locale, il quale cercò di reagire, contestando il culto al Beato, come indebito, perché si trattava di un personaggio non ufficialmente canonizzato dalla S. Sede.
Questa contestazione mosse il P. Alfonso Barchio, Commissario della Provincia dei Terziari Regolari di Calabria e concittadino del Beato, a far ricorso alla S. Sede, per far tacitare gli oppositori. Intervenne allora il Monitorium di Flavio Orsini, Vescovo di Muro e Auditor SS.mi, il quale lo emanò il 12 gennaio del 1562, minacciando di scomunica chiunque si opponesse a questo culto ab immemorabili.
Questo prezioso documento non si trova attualmente nell'Archivio Vaticano, perché gli atti dell'Uditore del Papa incominciano solo verso la metà del sec. XVII. Era però nel1'archivio del Convento del SS. Salvatore di Cropani, dal quale ebbe copia il Francesco Bordoni da Parma, che lo riprodusse nel suo Sacrum Sillabarium de Vitis Sanctorum , Beatorum et Servorum Dei Tertii Ordinis S. Francisci, del 1666. Contemporaneamente lo trascriveva anche il cappuccino Giovanni Fiore per la sua Calabria Illustrata, che, essendo di Cropani, ebbe agio di trovarlo nell'Archivio locale.
Il culto al Beato ha poi avuto il suo normale e incontrastato svolgimento, incrementato ancor più dal 1622, anno in cui i Terziari Regolari dal convento del Salvatore, posto fuori dell'abitato, si trasferirono in un nuovo convento entro città sotto il titolo della Madonna delle Grazie.
Ogni anno, come si è detto, si svolgeva la processione per le vie e le piazze della città il 25 gennaio e nelle occasioni straordinarie, quando c'era da implorare il Patrocinio del Beato in caso di calamità naturali. Ciò con piena autorizzazione dell'Ordinario, come si rileva dagli Atti della Visita pastorale del 15 dicembre del 1737, in cui si dice: "eiusque processio fit per vicos et plateas huius terrae die 25 mensis Ianuarii cum propria licentia Ordinarii". Anche quest'anno (1981) la processione del 25 gennaio è stata autorizzata dalla Curia Arcivescovile, come ci consta personalmente. Le spese per questa festa erano e sono sostenute generalmente dal popolo.
L'Amministrazione civica vi contribuiva con 12 ducati.
Questa processione si effettua anche a Utica N.Y negli Stati Uniti, dove si trova una consistente colonia di Cropanesi.
Nella Cappella del Beato nella Matrice di Cropani arde in perpetuo una lampada, alimentata dalla famiglia Dolce, per voto fatto dal Dott. Dolce nel 1780, in riconoscenza di grazia ricevuta per intercessione del nostro Beato.
In questa cappella - da quanto risulta da una relazione del 1867 - "pendono molti voti, lavorati a cera, in onore del Beato per le ottenute grazie. Messe cantate, vespri, litanie ed altre preghiere se ne fanno dal Capitolo e se ne celebrano quasi continuamente". Ai nostri tempi un triduo di preghiere in onore del Beato, con l'Oremus del Comune dei Confessori, è stato riprodotto o composto dal cappuccino P. Remigio Le Pera, a conclusione del suo opuscolo sulla Vita del Beato, pubblicata nel 1935.
D. Raffaele Basile, Segretario del Capitolo di Cropani, estensore della citata Relazione del 1867, rileva che dai registri parrocchiali il nome Paolo abbonda tra gli uomini "ed anco vi sono delle donne col nome di Paola, e volgarmente un tale none abbonda più di qualunque altro".
Infine nota che alla processione del 25 gennaio col busto del Santo, che contiene in una teca il suo capo, interviene tutto il clero, con le Confraternite e moltissima folla "con molta solennità e devozione, e passando da certo luogo ove per tradizione si dice esser stata la sua casa, si posa la statua su di altarino, e gli si dona l'incenso, cantando il clero l'Iste confessor".
Tradizione ininterrotta
Paolo degli Ambrosi è stato decorato del titolo di Beato subito dopo la sua morte e come tale venerato sia a Cropani, dove si custodiscono le sue reliquie e se ne celebra la ricorrenza annuale, sia nell'ambito delle famiglie francescane, in modo particolare del Terz'Ordine Regolare, di cui è gloria imperitura.
Con l'aureola di Beato egli viene sempre ricordato da tutti gli scrittori in opere sia manoscritte sia edite.
I Vescovi di Catanzaro lo ricordano come Beato in tutte le Visite Pastorali, come risulta dalle citazioni riportate dal 1660 in poi. Ugualmente come tale ricorre presso i biografi e gli altri storici […].
G. Fiore, Martirologium Calabricum, in Append. al t.II della Calabria Illustrata, p. 468 (sub 25 Ianuarii): "Cropani B. Pauli de Ambrosiis... orationis, prophetiae et miraculorum gloria valde conspicui".
Il P. Fiore è soggetto molto qualificato dei Minori Cappuccini, di cui è stato Lettore, Visitatore e Provinciale. Morì nel 1688; perciò le sue opere sono state pubblicate e aggiornate dal P. Domenico da Badolato. Quanto egli ha scritto sul B. Paolo, attingendo alla Fonte locale, da cui proveniva egli stesso, ha un valore probativo molto importante, per cui gli autori posteriori immancabilmente fanno a lui riferimento.
Vicende della causa
Né i Terziari Regolari, né i Vescovi di Catanzaro, né il clero e il popolo di Cropani hanno mai dubitato della legittimità del culto al B. Paolo, perché é sembrato loro pacifico, dato che questo è esistito ab immemorabili, vale a dire fin dalla morte del Beato, come si rileva dalle invocazioni del popolo e dai miracoli registrati.
Il fatto che verso la metà del sec. XVI alcuni malevoli hanno contestato perché non era intervenuta la sanzione ufficiale della Chiesa, è frutto più che altro di gelosia, dato l'incremento che esso aveva preso. Non si deve, infatti, dimenticare che a Cropani vi era un convento di Minori Osservanti ed è perciò facile che contrasti del genere si verifichino tra le diverse famiglie religiose esistenti nella stessa città. A Nicastro, per citarne uno, gli Osservanti contestavano ai Cappuccini il diritto di vestire la statua di S. Antonio dell'abito cappuccino.
Comunque sia, il ricorso a Roma dei terziari Regolari procurò loro il Monitorium dell'Uditore del Papa Pio IV, Flavio Orsini, Vescovo di Muro, del 12 gennaio 1562, con cui si minacciava di scomunica chiunque avesse impedito il culto al B. Paolo.
Questo atto dovette essere interpretato come una sanzione ufficiale alla venerazione e al culto al Beato, il quale, per di più, non era compreso nelle note disposizioni di Urbano VIII, trattandosi di un Servo di Dio, che era venerato pubblicamente da 150 anni.
I Vescovi di Catanzaro, nelle loro Visite Pastorali, che abbiamo ricordate, non hanno avuto mai alcunché da obbiettare sulla legittimità del culto e sulla processione del 25 giugno, tanto meno sulla statua con le reliquie che era posta in una nicchia della propria cappella e il quadro dei Patroni di Cropani, tra i quali figura il nostro Beato. Nella Visita Pastorale del 1715 il Vescovo non mise in dubbio la legittimità del culto, ma solo chiese la documentazione e 1'autentica delle reliquie e se questa non fosse stata presentata entro un mese minacciò non la sospensione del culto, ma 1'applicazione di una Pena pecuniaria di 200 Carlini. Questa documentazione fu presentata e ritenuta più che valida, come risulta dalla successiva Visita del 25 maggio del 1715 e, sopratutto, da quella del 16 dicembre 1737, in cui si legge: "Adest statua B. Pauli Cropanensis cum eius reliquiis et authentico documenta".
Solo nel sec. XIX la Curia Generalizia dei Terziari Regolari incominciò le pratiche per il riconoscimento ufficiale del culto al B. Paolo, con la beatificazione equipollente per modem cultus ab immemorabili.
Mons. Emanuele Bellorado, domenicano, fu nominato Vescovo di Catanzaro il 24 maggio del 1824. L'anno dopo il Procuratore Generale dei Terziari Regolari gli rivolgeva la supplica per l'istruzione del processo ordinario del Beato, da inoltrare alla S. Congregazione dei Riti, per averne la sanzione ufficiale.
Mons. Bellorado accolse la supplica e incaricava D. Gennaro Corabi, Arciprete di Cropani, di assumere le informazioni. Questi eseguì l'ordine, interrogando i testimoni nei giorni 21 e 22 ottobre del 1825 a incominciare dal Not. Salvatore Dolce, devoto del Beato per tradizione di famiglia, come si rileva dal fatto che fin dal 1780 ne aveva fatto voto. Al processo allegò la deposizione delle Dignità e dei Canonici del Capitolo della Collegiata, del 20 ottobre 1825, sulla perennità del culto al Beato e della processione solenne del 25 gennaio, nonché del Sindaco, dei Decurioni e abitanti del Comune di Cropani, della stessa data.
Mons Bellorado, il 26 agosto del 1826 rilasciò 1'autentica delle reliquie del B. Paolo, che fu inclusa nella stessa teca del Beato, apponendovi il proprio sigillo.
L'anonimo compilatore della notizia storica sulla Chiesa di Catanzaro, pubblicata nel 1845 nel IV volume della Enciclopedia dell'Ecclesiastico, afferma che Mons. Bellorado nel 1827 "prese conoscenza di questo antico culto e ne fece relazione alla S. Congregazione dei Riti". Questa affermazione di persona coeva e qualificata merita considerazione; nondimeno sembra che questa Relazione negli archivi della S. Congregazione (non sia mai arrivata), come si rileva dalla lettera del Procuratore Generale dell'Ordine del 3 novembre 1866, in cui dice "che di fatto rimase presso codesta Curia Vescovile o che venne spedita a qualche Agente di Roma per poterla presentare, ma che disgraziatamente questo non si effettuò". Crediamo che probabilmente Mons. Bellorado non ebbe il tempo di stenderla e di inoltrarla, perché il 28 gennaio del 1828 egli veniva trasferito alla metropolitana di Reggio.
Difatti il suo successore Mons. Matteo Franco ordinava all'Arciprete di Cropani, D. Filippo Ape, di istruire un nuovo processo sulla vita, miracoli e reliquie del B. Paolo: cosa che questi fece il 20 settembre del 1830, allegandovi un ristretto della vita del Beato, che l'Archivista della Collegiata, Can. Domenico Corabi, dichiarava di aver ricavato "da un antichissimo manoscritto logoro e strucito del tempo edace, che con studi e gran pena è leggibile". Vi accluse anche una dichiarazione di Sette Canonici e Venti cittadini qualificati di Cropani sul culto e la festa del Beato, che viene "preceduta da un novenario in cui la statua del detto Beato dalla sua cappella è portata sull'altare maggiore, presentandosi nel giorno festivo, cioè il 25 gennaio, voti e offerte da' cittadini non solo, ma da divoti di paesi vicini, recitandosi orazione panegirica e portandosi la statua processionalmente per tutte le strade del paese né mai si è interrotta nelle critiche circostanze del rivoltoso decennio (francese 1805-1815). Infine si allega la dichiarazione dello stesso Arciprete Ape sulla pratica dei Cropanesi nell'imporre il nome di Paolo ai propri figli, come risulta dai registri di battesimo, per devozione al B. Paolo concittadino.
Il 16 ottobre 1866 il Procuratore Generale del Terz'Ordine, P. Francesco Salemi, rivolgeva una nuova supplica al Vescovo di Catanzaro, per la ripresa della causa. E il Vescovo, Mons. Raffaele Maria Di Franco, accogliendo l'invito, rivolgeva all'Arciprete di Cropani un questionario sulla vita e il culto del Beato, al quale egli rispondeva esaurientemente: a questo 1'Arciprete allegò un foglio, datato Catanzaro 27 marzo 1867, con l'elenco dei documenti esistenti presso il Vescovo di Catanzaro.
Mentre si svolgevano queste pratiche, intervenne un fatto straordinario, cioè il miracolo operato dal Beato a favore di Carlo Carubi, ridotto in fin di vita da gravissima malattia e guarito sull'istante dopo l'applicazione di un batuffolo di ovatta, inzuppato nell'olio della lampada della cappella del Beato, come risulta dalla deposizione giurata della sorella del miracolato, che applicò il batuffolo di ovatta e invocò con fede l'intervento del Beato, nonché del Sig. Giacinto Ferro: le deposizioni sono state fatte davanti all'Arciprete Ape per delega del Vescovo, rispettivamente il 20 e il 25 maggio 1867.
Purtroppo nemmeno allora si portò a termine il processo. Sopravvenne, infatti, l'occupazione di Roma del 1870 e la conseguente applicazione delle leggi di soppressione degli Ordini Religiosi, che furono scacciati dai loro conventi e costretti a vivere di ripieghi.
Nondimeno troviamo una lettera non datata né firmata, ma - a quel che si presume - del Procuratore Generale dei Terziari Regolari al Vescovo di Catanzaro, con cui lo si prega di riprendere la causa, poiché "secondo il Decreto della Congregazione dei Riti del 5 dicembre 1768, all'Ecc.za V. Rev.ma spetta esclusivamente compilare il Processo". Ma questo, a quel che ci risulta, rimase ancora sospeso.
In seguito a colloquio avuto dal P. Bonaventura Macchiaroli, Postulatore Generale dei Terziari Regolari, con l'Arcivescovo di Catanzaro nell'agosto del 1939, questi in data 12 ottobre seguente nominò una commissione per istruire il Processo Ordinario, pregando il P. Remigio da Cropani, Ord. Min. Capp., di raccogliere tutte le notizie attinenti. Purtroppo anche questa iniziativa fallì, per il sopraggiungere della seconda guerra mondia1e.
Ora all'avvicinarsi della ricorrenza del V Centenario della morte del Beato Paolo, la Curia Generalizia dei Terziari Regolare ha creduto opportuno di riprendere la causa, nella speranza di portarla a compimento definitivamente.
A questo scopo, il P. Roberto Paley, Ministro Generale dell'Ordine, ha nominato Postulatore della Causa il P. Francesco Provenzano, con lettera in data 18 maggio 1978 col Nulla Osta della Congregazione per le Cause dei Santi del 30 dello stesso mese.
Con lettera del 20 marzo 1980, il Padre Corpus lzquierto comumicava a Mons. Armando Fares, Arcivescovo di Catanzaro, il voto della Curia Generalizia sulla ripresa della causa e di averne dato mandato al Postulatore, P. Provenzano, che prenderà i contatti con l'Ordinario. Difatti il P. Postulatore, il 10 aprile successivo, pregava l'Arcivescovo di istruire "a norma dei sacri canoni il processo del Servo di Dio, nonché del culto a lui prestato fino al presente". L'Arcivescovo accolse l'istanza e convocò in arcivescovado per il 21 dello stesso mese le persone interessate, compreso l'Arciprete di Cropani, che funzionò da Attuario. Si convenne di passare senz'altro alla compilazione del processo storico, nominando a tale scopo tre persone competenti e qualificate: "il P. Francesco Russo, M.S.C., storico riconosciuto e qualificato in campo ecclesiale e in ogni altro campo circa la vita ecclesiale della Calabria (assente), il F. Remigio Le Pera (Cappuccino), al quale è da tutti riconosciuta speciale capacità in campo storico e in modo particolare per Cropani, essendo egli nativo di Cropani e cultore appassionato delle memorie storiche di Cropani". Vi aggiunse, quale suo personale rappresentante in questa commissione il Rev. D. Emidio Commodaro, arciprete di Montauro, laureato in storia ecclesiastica all'Università Gregoriana e Professore di questa materia al Pontificio Seminario S. Pio X di Catanzaro.
Fonte: beatopaolodambrosio.blogspot.it
Paolo D’Ambrosio è un frate francescano del Quattrocento. La sua umile e semplice vita è un esempio per i bambini e i giovani di ogni epoca, anche di oggi, per capire cos’è il Bene e cos’è il Male, in una società in cui sembrano prevalere egoismo, frivolezza e apparire. Il piccolo Paolo nasce il 24 gennaio 1432 in una povera, ma religiosissima famiglia a Cropani, un paesino di collina della Calabria che si affaccia sul mare, in provincia di Catanzaro. La notte della nascita di Paolo i paesani vedono stupiti del fuoco avvolgere la sua casa. Sembra un incendio, invece è una luce che preannuncia la nascita di un bambino che diffonderà tanto amore. Paolo vuole bene ai suoi genitori e ai suoi fratelli. È un fanciullo buono, generoso, gentile, servizievole. Non fa mai i capricci. Recita le preghiere, è molto bello e tutti lo chiamano “Angelo”. Studia e svolge i compiti con gioia e buona volontà.
A diciotto anni diventa frate ed entra nel Convento San Salvatore del Terz’Ordine Regolare di San Francesco d’Assisi di Cropani. Paolo cerca la solitudine e il silenzio per contemplare Dio e le bellezze del Creato. Va a vivere per molti anni nell’Eremo di Santa Maria dello Spirito a Scavigna, vicino a Cropani, dove in alcune grotte prega e digiuna. Per umiltà non diventa sacerdote, ma obbedisce quando lo ordinano nel 1485 “sacerdote in eterno”. Il suo ascetismo è accompagnato da una fervente opera nel sociale. Il suo sguardo caritatevole è rivolto verso gli ultimi e i bisognosi, afflitti da guerre, epidemie e fame.
Aiutato dalla madre, Paolo cura gli ammalati, dona cibo ai poveri, riappacifica, ascolta, conforta, consiglia, dà serenità. Tantissimi accorrono a lui. E quanti prodigi compie il Beato Paolo! Il più famoso avviene quando Paolo si incammina per visitare i luoghi santi d’Italia. A Roma, mentre celebra la Messa nella Chiesa di Santa Maria della Consolazione, avvolto da una nuvola scesa dal Cielo, diventa invisibile. Ricompare e racconta al superiore di essere stato a Cropani dal padre morente. Il Beato Paolo D’Ambrosio muore il 24 gennaio 1489 a Scavigna e per sua intercessione, subito dopo, invocando il suo nome, avvengono guarigioni miracolose di ciechi, sordi, zoppi, moribondi, e abbondanti raccolti. Il suo corpo riposa a Cropani dove ancora oggi, come cinque secoli fa, l’umile frate è venerato e invocato.
Autore: Mariella Lentini
Fonte:
|
|
|
|