Chivasso, Torino, 1411 circa – Cuneo, 11 aprile 1495
Antonio Carletti (così si chiamava prima di abbracciare la vita consacrata) nacque a Chivasso nel 1411 da un'antica e nobile famiglia. Dopo aver studiato a Bologna diritto canonico e civile esercitò la professione forense. A trentatré anni la svolta: morti i genitori, persone molto pie, rinunciò alla toga per consacrarsi a Dio. Dopo aver venduto i propri beni (distribuendo il ricavato tra il fratello e i poveri) entrò tra i francescani di Santa Maria del Monte a Genova, assumendo il nome di frate Angelo. L'attenzione per i poveri sarà il grande filo rosso della sua vita. A Genova e a Savona promosse la costituzione dei Monti di pietà per combattere il fenomeno dell'usura. Tra i francescani fu eletto Vicario generale degli Osservanti, il ramo fondato da san Bernardino da Siena. Numerosi gli incarichi delicati a lui affidati da papa Sisto IV, anche lui francescano, che aveva conosciuto Angelo da Chivasso a Genova. Fu autore anche di numerose opere tra cui la «Summa Angelica», un manuale di teologia morale che ebbe grande fortuna. Morì nel 1495 nel convento di Sant'Antonio a Cuneo. (Avvenire)
Patronato: Chivasso (TO)
Martirologio Romano: A Cuneo, beato Angelo (Antonio) Carletti da Chivasso, sacerdote dell’Ordine dei Minori, insigne per dottrina, prudenza e carità.
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Nel 1411 a Chivasso, cittadina poco distante da Torino, nell’antica e nobile famiglia Carletti, nacque il nostro Beato a cui fu dato il nome di Antonio. Studiò a Bologna, uno dei centri culturali più importanti d’Europa, conseguendo la laurea in Diritto Canonico e Civile e in Teologia. La sua era una famiglia pia, tanto che anche un altro fratello diverrà sacerdote.
Tornato a Chivasso esercitò la professione forense e divenne membro della Corte di Giustizia. Erano gli anni dei fasti e dello splendore della dinastia dei Paleologi. Benché giovane, Antonio fu notato da Giangiacomo Paleologo che lo nominò Senatore e Consigliere del suo Marchesato. Il nostro beato dei Paleologi vedrà sia la fortuna che la caduta. La svolta della vita venne però all’età di trentatre anni: morti i genitori, rinunciò alla brillante professione e al matrimonio per consacrarsi a Dio. Sposò la povertà francescana prendendo il nome di Angelo. Vendette i propri beni, dividendo il ricavato tra il fratello e i poveri, e assegnò una casa paterna alla comunità per i pubblici consigli.
Entrò nel Convento di S. Maria del Monte a Genova, appartenente all’Osservanza di S. Bernardino da Siena che da poco era morto (un’unica Provincia univa Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta). Qui conobbe Francesco della Rovere (futuro Papa Sisto IV). Ebbe come primo e delicato incarico l’insegnamento della teologia ai novizi. Genova sarà per venti anni la sua residenza principale. Durante questo periodo promosse l’erezione in città e a Savona dei Monti di Pietà per combattere il drammatico problema dell’usura che era in mano a uomini potentissimi. L’attenzione per i poveri sarà costante per tutta la vita. A Savona fece anche costruire il Convento di S. Giacomo.
Dotto, umile, mansueto, paziente, dalle maniere cortesi, nel 1464 fu eletto Vicario Provinciale. Era il primo di numerosi incarichi: nel Capitolo di Mantova del 1467 venne nominato Commissario, insieme a Padre Pietro da Napoli, per la suddivisione della grande Provincia francescana di Germania (nacquero così quella di Boemia, di Polonia e d’Austria). Nel 1472 a L’Aquila ebbe, per la prima volta, l’incarico più importante: Vicario Generale degli Osservanti. In occasione di quel Capitolo, presenti duemila frati, si traslò il corpo di S. Bernardino dalla chiesa dei Conventuali a quella nuova a lui intitolata e il B. Angelo ebbe l’onore di collocarlo personalmente nella cassa. In questo triennio fondò i monasteri di Saluzzo, Mondovì e Pinerolo. Fu rieletto Vicario Generale a Pavia nel 1478. Tale carica significava viaggiare per l’Italia, spesso a piedi, per visitare i conventi, controllare l’osservanza della Regola ed eventualmente risolvere problemi e questioni.
Nel 1480 un gravissimo pericolo minacciò l’Italia. I Turchi conquistarono Otranto, dopo l'eroica resistenza degli abitanti che furono barbaramente trucidati (gli 800 superstiti piuttosto che abiurare la fede preferirono il martirio e sono oggi venerati come Beati). I musulmani volevano conquistare Roma e sottomettere tutta la cristianità. Sisto IV, che bene conosceva le doti dell’amico Angelo, lo nominò Nunzio e Commissario Pontificio per organizzare la difesa cristiana contro l’avanzata ottomana. Il B, Angelo visitò tutti i regnanti d’Italia manifestando la gravità della minaccia. La valorosa resistenza degli Otrantini (quindici giorni) che permise al Duca Alfonso d'Angiò di organizzare un esercito, la morte del sultano Maometto II, l’impegno e le preghiere del nostro Beato scongiurarono il pericolo.
Nonostante avesse chiesto di essere dispensato fu eletto nuovamente Vicario Generale nel 1484 alla Verna (presente anche il B. Bernardino da Feltre) e poi confermato a Urbino nel 1489 (era quasi ottantenne). Rinunciò più volte alla dignità vescovile, rimanendo per tutta la vita un semplice sacerdote. Accettò nel 1491, solo per obbedienza al nuovo Papa Innocenzo VIII, l’incarico di arginare, col Vescovo di Moriana, la diffusione della Riforma Valdese nel Ducato di Savoia. Ottenne numerose conversioni e un accordo pacifico tra Cattolici e Valdesi (1493). Al termine del suo ultimo Generalato le Province dell’Ordine erano venticinque, tutte esemplari per santità.
Fu un grande predicatore: i suoi quaresimali affollavano chiese e piazze. Predicò a Mantova, Genova, Cuneo, Susa, nel Monferrato e a Torino alla corte di Carlo I. Scrisse diverse opere, la più importante delle quali è la “Summa casuum conscientiae”, detta "Summa Angelica". La prima edizione fu del 1476. Divisa in 659 capi, in ordine alfabetico, tratta delle varie questioni di coscienza. Utilissima per i confessori è un vero e proprio dizionario di Teologia morale. Ebbe grande fortuna e diffusione. Come simbolo dell’ortodossia cattolica Lutero la bruciò nella pubblica piazza di Wittemberg il 10 dicembre 1520 insieme alla Bolla di Scomunica, al Codice di Diritto Canonico e alla Summa Teologica di S. Tommaso. Era già stata stampata trentun volte.
Fu guida spirituale di umili e di potenti: ricordiamo il Duca di Savoia Carlo I, S. Caterina di Genova (dal 1475) e la Beata Paola Gambara (che conobbe nel 1484). Quest’ultima, attratta dalla vita religiosa, si consigliò con lui prima di sposare il Conte Costa di Benevagienna. L’unione infelice, causa l’infedeltà e il carattere del consorte, fu però una scuola di santificazione. Iscritta al Terz’Ordine Francescano, il Beato Angelo le fu Padre Spirituale indicando il modo in cui trascorrere le giornate: alzarsi presto, recitare le preghiere e il Rosario, frequentare la S. Messa, attendere ai lavori domestici e alla carità verso i poveri senza trascurare le letture spirituali.
Carico d’anni, di fatiche e di meriti morì l’11 aprile 1495, povero e umile (per tutta la vita disdegnò gli onori), nel convento di S. Antonio di Cuneo, dove ottantenne si era ritirato. Negli ultimi anni aveva persino questuato per le strade della città.
Tra i primi miracolati ci furono il Conte Costa, consorte della B. Paola, e un facoltoso genovese. Questi offrì la prima arca solenne in cui fu riposto il corpo del Beato che, incorrotto e flessibile, emanava una soave fragranza. A metà del XVI secolo il convento di S. Antonio, per ampliare le mura cittadine, venne abbattuto e il corpo fu traslato solennemente nel Convento di S. Maria degli Angeli che sorgeva fuori città. Nel 1625 vennero istruiti i primi Processi per la beatificazione.
Le sacre reliquie furono sempre tenute in grande considerazione, venerate spesso anche dai Savoia. L’arca venne trasferita temporaneamente nella cappella dell’Ospizio cittadino dei Frati per essere maggiormente accessibile al popolo in occasione di calamità: la pestilenza del 1630 e un temuto assedio nel 1640. Nel 1681, con atto pubblico, fu proclamato dai Cuneesi loro Patrono. Nel 1691 e nel 1744 i Francesi cercarono di conquistare la città e la protezione del B. Angelo fu tangibile. Nel 1691 una bomba inesplosa, dopo aver forato il tetto della chiesa, si adagiò di fronte all’urna. Benedetto XIV confermò il culto nel 1753, fissando la memoria al 12 aprile. In tale occasione Carlo Emanuele III, Re di Sardegna, fece dono di una cassa d’argento e bronzo per custodire il corpo, visibile attraverso un lato di cristallo. Nel 1802, a causa della soppressione del convento per le leggi napoleoniche, l’arca fu portata in Cattedrale. Dopo venti anni tornerà definitivamente a S. Maria degli Angeli.
Nella natia Chivasso, alla fine d’agosto di ogni anno, il santo concittadino è festeggiato con un’antica fiera. Alla sua città era rimasto sempre affezionato: vi costruì il convento di S. Bernardino (distrutto dai francesi nel 1542) e vi fece stampare la sua Summa nel 1486 da Giacomino Suigo. La cugina Bartolomea Carletti si fece, dietro suo consiglio, terziaria francescana fondando nel 1505, pochi anni prima di morire santamente, un monastero di Clarisse.
Autore: Daniele Bolognini
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