Cicoli, Abruzzo, 1077 ca. - Subiaco, 13 ottobre 1152
Chelidonia in greco significa «rondine». E, proprio come nel celebre detto, questa giovane santa dell’XI secolo visse la sua esperienza religiosa proprio «migrando» sotto un «tetto» di Subiaco, nei luoghi dei santi Benedetto e Scolastica. Abruzzese di origine, si era spinta pellegrina a Roma. Sulla via del ritorno prese il velo monacale nel monastero di Santa Scolastica, la più antica comunità femminile dell’Occidente. Visse per 60 anni nella solitudine dei monti Simbruini che circondano la valle dell’Aniene. Morì intorno al 1152. È patrona di Subiaco. (Avvenire)
Martirologio Romano: Presso Subiaco nel Lazio, santa Chelidona, vergine: si tramanda che per cinquantadue anni abbia condotto vita solitaria e di estrema austerità servendo Dio solo.
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Nacque a Cicoli, nell’Abruzzo, verso il 1077 da famiglia del popolo. Il suo nome di battesimo pare fosse Cleridona (“dono della sorte”), come risulta anche da un affresco del Sacro Speco di Subiaco, opera del Magister Conxolus (inizi del sec. XIII); quello di Chelidonia (“rondinella”) si cominciò a usare dopo il Rinascimento. Verso il 1092, desiderosa di dedicarsi a Dio, abbandonò la casa paterna e si ritirò a vita eremitica in una spelonca dei monti Simbruini, due miglia a nord-est di Subiaco. Il luogo era ed è noto col nome di Mora Ferogna che, secondo alcuni, conserverebbe il ricordo di un santuario della dea Feronia. Lì visse per quasi cinquantanove anni sola al cospetto di Dio, nel digiuno e nella preghiera, sopportando eroicamente le inclemenze delle stagioni, dormendo sulla nuda roccia, sfidando la ferocia dei lupi, nutrendosi delle offerte dei fedeli, ben presto attratti dalla fama delle sue virtù e dei suoi miracoli, e, talvolta, sostentata miracolosamente da Dio. Una sola volta interruppe la lunghissima solitudine compiendo, tra il 1111 e il 1122, un pellegrinaggio a Roma. Tornata a Subiaco, nella basilica di S. Scolastica, il 12 febbraio, giorno sacro alla santa sorella di s. Benedetto, ricevette dal cardinale Conone, vescovo di Palestrina, l’abito benedettino. Riprese quindi la vita eremitica, che non abbandonò più fino alla morte, avvenuta nel 1152, la notte tra il 12 e il 13 ottobre Dalla spelonca si innalzò allora fino al cielo una colonna luminosa che fu vista da innumerevoli testimoni in tutto il territorio sublacense e oltre. Anche a Segni, dove si trovava il papa Eugenio III, fu osservato il fenomeno: fu forse proprio Eugenio III che decretò a Chelidonia gli onori degli altari. Il corpo della santa fu trasferito subito dall’abate Simone in S. Scolastica e sepolto nella cappella di S. Maria Nuova. Ma nove anni dopo (per espresso ordine della santa, si disse), le spoglie furono riportate alla spelonca, presso la quale l’abate Simone edificò poi un monastero di religione e una cappella dedicata a Chelidonia e a s. Maria Maddalena. Il monastero è ricordato già in un documento del 4 ottobre 1187. Nel 1578, ormai abbandonato il monastero, il corpo della santa fu definitivamente trasferito in S. Scolastica dall’abate Cirillo di Montefiascone, con solennissime feste, e collocato nella cappella del braccio destro del transetto. Il monaco Guglielmo Capisacchi, che fu testimone dell’avvenimento, ne stese una minuziosa relazione e riscrisse anche la biografia della santa, dando forma più elegante a una Vita manoscritta, redatta da un anonimo contemporaneo di Chelidonia e andata più tardi perduta. I festeggiamenti per la traslazione risvegliarono il culto di s. Chelidonia in tutta l’abbazia sublacense, cosicché la Sacra Congregazione dei Riti il 21 ottobre 1695 la proclamava patrona principale di Subiaco. Fu sempre la solenne traslazione del 1578 a richiamare sulla santa l’attenzione del Baronio che la introdusse nel Martirologio Romano. In onore di Chelidonia si celebrano due feste in Subiaco: il 13 luglio per la traslazione, e il 13 ottobre per il transito. Interessante dal punto di vista folkloristico è la processione del 13 ottobre: dalla basilica di S. Scolastica essa, recando un’ampolla contenente il cuore della santa, raggiunge un punto da cui si domina Subiaco. Di lì con la reliquia si benedice la città e il territorio abbaziale; a notte poi, i contadini che abitano ai piedi del monte, dove la santa visse e morì, accendono falò attorno alla spelonca, quasi a rinnovare la meravigliosa luce che illuminò il luogo alla sua morte.
Autore: Benedetto Cignitti
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