Sec. IV
Crispina, martire. Nata a Tagora, in Numidia, nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano, venne arrestata e processata a Tebessa, nell'Africa Proconsolare.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Tebessa in Numidia, nell’odierna Algeria, passione di santa Crispina di Tagora, madre di famiglia, che, al tempo di Diocleziano e Massimiano, fu decapitata per ordine del proconsole Anulino per essersi rifiutata di sacrificare agli idoli.
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Il nome la dice " ricciuta ", o " crespa ", ma le sue fattezze non ci sono state tramandate. Probabilmente i capelli già si venavano d'argento, perché non era più giovane, e madre di diversi figli. Nel corso del processo che ella subì, i capelli le vennero rasati per oltraggio e dileggio. Il ricordo di Santa Crispina e del suo martirio è affidato a due documenti di grande valore storico. Uno è la Passione, tratta dagli Atti ufficiali del processo. L'altro è un sermone di Sant'Agostino, conterraneo della Martire, pronunziato nelle ricorrenze della sua morte. Nata a Tagora, in Numidia, la donna cristiana, moglie e madre, proveniva da famiglia nobile ed era di condizione agiata. Nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano, venne arrestata e processata a Tebessa, nella Africa Proconsolare, davanti al giudice Anulino. Sant'Agostino commenta così il suo luminoso sacrificio: " I persecutori si accanirono contro Crispina, contro questa donna ricca e delicata: ma ella era forte, perché il Signore era la sua protezione... Questa donna, fratelli, c'è qualcuno in Africa che non la conosca? Fu molto nota, di famiglia nobile, e ricchissima. Ma la sua anima non ha ceduto: è stato il corpo ad esser colpito ". La Passione, imperniata sul dialogo tra Crispina e il giudice, ci fa vedere con quanta tenacia la donna rifiutasse di " sacrificare ai demoni ", resistendo ad ogni minaccia piuttosto che " sporcare la propria anima con gli idoli, che sono di pietra, fabbricati dall'uomo ". Prima di lei, erano stati condannati probabilmente altri cristiani. Infatti i calendari fanno i nomi di Giulio, Potamia, Felice, Grato e sette altri. Perciò il giudice le chiese: " Vuoi tu vivere a lungo oppure morire tra i supplizi come gli altri tuoi complici? ". " Se volessi morire - ribatté la donna - non dovrei far altro che dare il mio consenso ai demoni, lasciando che la mia anima si perda nel fuoco eterno ". Venne emessa la sentenza di condanna, " conforme alle prescrizioni della legge di Augusto ". Crispina l'ascoltò benedicendo il Signore. Poi tese il collo fragile al taglio della spada, poco fuori Tebessa, in un luogo dove è stata ritrovata l'antichissima " memoria " sepolcrale dedicata alla Martire. Sant’Agostino, nel suo sermone, non esita a paragonare Crispina a Sant'Agnese; accostando la fanciulla candida e intatta come un'agnella ad una donna anziana e consapevole, sposa e madre. Agostino accenna anche alla sublime e misteriosa comunione che unisce ì morti ai viventi, i Santi ai sofferenti. " Questi Santi -egli dice - non soffrono più. Sono qui in mezzo a noi ". Ciò che era vero per Sant'Agostino, è ancora vero e consolante per noi. Viviamo in mezzo ai Santi, e il loro sacrificio ci è di aiuto.
Fonte:
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Archivio Parrocchia
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