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San Sofronio di Gerusalemme Patriarca

Festa: 11 marzo

Damasco, 550 circa – Gerusalemme, 639

Sofronio, siriano di Damasco, fu eletto patriarca di Gerusalemme nel 634. La Palestina al tempo si trovava a vivere sotto la pressione dell'imminente invasione da parte di Abu-Bekr, suocero di Maometto († 632) e del califfo Omar. Allo stesso Sofronio fu impossibile celebrare il Natale, come di consueto, nella chiesa della Natività di Betlemme a causa dell'assedio. Ma il patriarca dovette affrontare anche l'eresia del monotelismo che proponeva un modello cristologico incompleto e limitante. Assieme a Massimo il Confessore, Sofronio cercò di combattere con vari scritti l'eresia che usciva dalla stessa corte imperiale di Costantinopoli. Nel 638 però dovette consegnare la città al califfo Omar. Morì di lì a poco. Di lui ci sono pervenute alcune poesie e lettere. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Gerusalemme, san Sofronio, vescovo, che ebbe per maestro e amico Giovanni Mosco, con il quale visitò i luoghi del monachesimo; eletto dopo Modesto vescovo di questa sede, quando la Città Santa cadde nelle mani dei Saraceni, difese con forza la fede e l’incolumità del popolo.

Ascolta da RadioVaticana:   
  

Sofronio “il sofista”, una delle personalità più interessanti dell’epoca, colto, di mentalità aperta ed appassionato difensore dell’ortodossia, nacque a Damasco verso il 550. Abandonò ancora giovincello la sua città natale, per intraprendere numerosi viaggi, ma sempre rimase orgoglioso del suo luogo d’origine, “dove Paolo arrivò cieco e da dove partì guarito, dove un persecutore in fuga divenne un predicatore; la città che diede rifugio all’apostolo e da cui fuggì in un cesto calato dalla finestra, meritandosi così le grazie dei santi ed acquistando una grande fama [...]”. Sofronio compì i suoi studi prevalentemente a Damasco, ove fu istruito nella cultura greca e siriaca. Desideroso di farsi monaco, fece visita alla laura di San Teodosio in Giudea e qui incontrò Giovanni Mosco, con il quale strinse un duraturo legame di amicizia.
Difficile è valutare l’influnza che ciascuno esercitò sull’altro: Sofronio era decisamente più colto, ma considerava l’amico sua guida spirituale e suo consigliere. Il principale loro legame era forse costituito dalla comune fede calcedonese, ma iniziarono anche una collaborazione nel tramandare alle generazioni future le vite dei Padri del deserto. I contrasti già presenti a quel tempo nel mondo mediorientale spinsero i due amici a spostarsi molto, ospitati da diversi monasteri. Tra il 578 ed il 584 furono in Egitto, ove Sofronio fu allievo dell’aristotelico Stefano di Alessandria ed entrambi divennero amici di Teodoro il filosofo e Zoilo, quest’ultimo erudito calligrafo. In questo periodo Sofronio iniziò a perdere la vista, ma fu miracolato visitando la tomba dei Santi Ciro e Giovanni presso Menuti ed in ringraziamento scrisse un resoconto di ben settanta miracoli attribuiti alla loro intercessione.
Dal 584 in poi diventa difficile ricotruire con esattezza i loro movimenti. Per un certo tempo pare presero strade diverse: Sofronio divenne monaco nel monastero di San Teodosio, mentre Giovanni Mosco vagò tra il Sinai, la Cilicia e la Siria. I due amici si ritrovaro infine al servizio del patriarca d’Alessandria, San Giovanni l’Elemosiniere, nominato nel 610. Pochi anni dopo i persiani occuparono i luoghi santi e si diressero verso l’Egitto, quindi il patriarca con Sofronio e Govanni Mosco partirono per Cipro, passarono poi ad altre isole ed infine giunsero a Roma. Nella Città Eterna Giovanni l’Elemosiniere morì nel 619, consegnando a Sofronio le sue ultime volontà.
Grande impegno profuse Sofronio per contrastere le eresie dilaganti, in particolare il monotelismo che l’imperatore Eraclio aveva imposto a tutto l’impero con il benestare del patriarca Sergio di Costantinopoli. Dal 634 Sofronio fu il nuovo patriarca di Gerusalemme, ruolo che gli permise di proseguire con maggiore autorevolezza la sua battaglia. Essendo sempre più evidenti le eresie in cui stava cadendo Sergio e nel timore che papa Onorio potesse cadere nella trappola, incaricò Stefano di Dora di recarsi a Roma in sua vece, essendo lui impossibilitato per un’imminente invasione saracena, e lo fece giurare sul Calvario di rimanere fedele alla fede calcedonese.
L’inviato riferì al concilio Lateranense del 649 la volontà di Sofronio: Là mi fece promettere con giuramento solenne: “Se tu dimentichi o disprezzi la fede che ora è minacciata, dovrai rendere conto a colui che, sebbene Dio, fu crocifisso in questo santo luogo, quando nella sua prossima venuta Egli giudicherà i vivi e i morti. Come tu sai, non posso compiere questo viaggio a causa dell’invasione dei saraceni [...]. Vai senza indugio fino all’altra estremità della terra, alla sede apostolica, il fondamento dell’insegnamento ortodosso e di’ ai santi uomini che sono là non una, non due, ma molte volte ciò che sta accadendo; di’ loro tutta la verità e nulla più. Non esitare, domanda loro e pregali insistentemente di utilizzare la loro ispirata sapienza per emettere un giudizio definitivo e annientare questo nuovo insegnamento che ci è stato inflitto”. Impressionato dal solenne appello che Sofronio aveva pronunciato in quel luogo santo e venerabile, e considerato il potere episcopale che per grazia di Dio mi era stato conferito, partii subito per Roma. Sono qui davanti a voi per la terza volta, chino davanti alla sede apostolica implorando, come Sofronio e molti altri fecero, “venite in aiuto della fede cattolica minacciata”.
Ci vollere ben dieci anni prima che il papa San Martino I condannasse l’eresia al medesimo concilio. Sofronio scese a patti con i saraceni per evitare stragi di popolo a Gerusalemme, ma morì pochi mesi dopo nel 639. Lasciò ai posteri diverse omelie, una splendida orazione per benedire l’acqua nella festa del Battesimo del Signore, nonché inni e cantici di straordinaria bellezza. I suoi tropari per la settimana santa costituirono la fonte degli “Improperia” tuttora recitati nella liturgia del Venerdì Santo.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto/modificato il 2007-03-10

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