Vardan principe della famiglia Mamikonian era figlio di Hamazasp e di Dustr, figlia di s. Isacco, katholikòs armeno. Fu educato dal suo santo nonno nella pietà e nella fede cristiana, e specialmente nella conoscenza della Sacra Scrittura, come testimonia lo storiografo Lazzaro Parpeci. A sua volta, come padre di famiglia, educò cristianamente l’unica sua figlia, Susanna, che divenne martire e santa. Non minore era il suo coraggio e la bravura nell’arte militare; infatti combatté per tutta la sua vita nell’esercito persiano sul fronte orientale, meritando l’ammirazione dello stesso re persiano. Però ciò che di Vardan fece il santo martire fu la sua morte sul campo di Avarair, ove insieme con i suoi compagni combatté e morì per difendere la fede cristiana e la libertà di conservarla in Armenia, contro i Persiani, che volevano costringere l’Armenia ad abbracciare la religione mazdeista. L’Armenia, divisa politicamente tra l’impero bizantino e quello persiano nel 387, era soggetta ad entrambi gli imperi. La maggior parte si trovava sotto il dominio persiano, benché fosse governata da principi armeni, possedendo pure un proprio esercito. Yazdgerd II (438-459) istigato dal suo primo ministro Mihrnarsch, ebbe l’idea di convertire gli Armeni, come pure gli Iberi o Georgiani, e gli Aluani, alla religione dello Stato, perché pensava di poterli rendere più soggetti e docili al suo regno. Con una lettera che arrivò in Armenia all’inizio dell’anno 449, egli invitava tutti i principi armeni ad accettare la religione zoroastriana. I capi delle famiglie nobili si radunarono, insieme ai vescovi e ad altri ecclesiastici, ad Artasat, antica capitale dell’Armenia per esaminare la proposta del re sassanide. Tutti furono unanimi nel rispondere negativamente alla proposta di Yazdgerd il quale, avutra la risposta, s’infuriò e diede ordine di chiamare tutti i principi armeni alla sua corte. Se ne radunarono una quindicina, tra i quali Vardan, e arrivati alla corte il 12 aprile dell’anno 450, il sabato santo, furono trattai da ribelli e non con il consueto protocollo. Il re ordinò a tutti di presentarsi il mattino seguente alla corte per adorare insieme con lui il sole. Vardan rispose di non poter accettare l’ordine del re poiché non poteva rinnegare la sua fede cristiana per rispetto umano, mentre gli altri chiesero di pensarci vper poter prendere una decisione in una questione così delicata. Ottenuto il permesso, i principi armeni si radunarono per consigliarsi. Alcuni proposero di cedere al re con un atto esterno, per poter ritornare in patria ed ivi organizzare la resistenza; poiché non accettando l’ordine reale, non sarebbero potuti tornare in Armenia, ed il popolo, rimasto senza capi, sarebbe stato in balìa dell’esercito persiano. La proposta fu accettata da tutti eccetto da Vardan il quale era decisamente contrario a qualunque forma di rinnegamento della fede. Grande fu la pressione dei compagni per fargli accettare la loro proposta; citarono perfino le parole di s. Paolo che di Cristo disse: “Eum qui non noverat peccatum, pro nobis peccatum fecit” (II Cor. 5, 21) e aggiunsero: “Non sei migliore di Paolo, che voleva essere maledetto per salvare i suoi fratelli. Se per un momento accettassi di simulare esternamente l’atto di adorazione, potremmo ritornare in patria, ed ivi faremmo penitenza e difenderemmo il nostro popolo”. Alla fine riuscirono a strappare il consenso di Vardan e si presentarono al re per adorare il sole. Grande fu la gioia del re e della corte persiana, che li colmò di doni e di onori. Però dovettero accettare la compagnia dei magi, che insieme a loro sarebbero dovuti andare in Armenia per installare i templi del culto del fuoco, ed istruire nella religione zoroastriana le famiglie dei magnati ed il popolo. La triste notizia del rinnegamento dei principi precedette il loro arrivo in Armenia: i familiari chiusero le porte delle case davanti ad essi, e non li accettarono senza che prima fossero andati a fare penitenza. Vardan radunò i suoi e spiegò il motivo per cui aveva ceduto alle insistenze dei compagni, decidendo quindi di abbandonare la propria casa, per andare in territorio bizantino e vivere lì in penitenza per tutta la vita. Ma quando la notizia della decisione di Vardan si divulgò, gli altri principi armeni si affrettarono a farlo desistere dal suo progetto; perché egli era il generale dell’esercito armeno, e senza la sua presenza sarebbe stato difficile riunire tutti e formare una resistenza contro i Persiani. Una delegazione di sacerdoti e di amici si recò presso Vardan per dissuaderlo e trattenerlo; egli allora accettò l’invito a condizione che tutti accettassero di combattere fino alla morte per difendere la libertà della religione cristiana e per la Chiesa. I principi radunatisiaccettarono la proposta di Vardan, promettendo con giuramento sopra il Vangelo di combattere finno alla morte per la difesa della fede cristiana. Intanto era arrivato il capodanno del calendario armeno (il 6 agosto dell’anno 450), i magi, secondo quanto era stato stabilito, si accinsero ad entrare nella chiesa per deporvi il fuoco sacro; ma s. Leonzio, che era il preposito, si oppose con fermezza, ed il popolo, armatosi di bastoni, li cacciò con veemenza. L’esercito armeno sotto la guida di Vardan, che aveva l’ordine di difendere i magi, non si mosse, il capo di essi se ne lamentò presso il re. Yazdgerd capì che i principi lo avevano ingannato, ordinò allora al suo generale di occupare l’Armenia con la forza ed imporre la sua volontà. Intanto Vardan ed i suoi compagni si preparavano a difenderla e avevano mandato dei messaggeri all’imperatore Teodosio II, per chiedere aiuto. I messaggeri arrivarono quando questi era già morto (450) e il suo successore, Marciano, non accettò la proposta degli Armeni per non dare motivo ai Persiani di scatenare una guerra contro l’impero. La notizia dell’arrivo di un esercito persiano di centoventimila uomini con numerosi elefanti, convinse Vardan a radunare i suoi; formò un esercito di sessantaseimila uomini, e si accampò ad Avarair, a Sud del monte Ararat. Era l’anno 451, il venerdì antecedente la Pentecoste. Il katholicos Giuseppe, e molti vescovi e sacerdoti erano nell’accampamento ad incoraggiare ed assistere i soldati. Tutta la notte fu una preparazione spirituale; i sacerdoti battezzarono i catecumeni, amministrarono il sacramento della penitenza, celebrarono la messa, e tutti si comunicarono, come il “giorno della Pasqua” dice lo storiografo Eliseo, uno dei presenti. Vardan tenne un discorso rammentando la loro promessa di combattere per difender ela fede di Cristo e di morire se necessario, per cancellare la macchia del rinnegamento. Tutti risposero a gran voce: “Che la nostra morte sia conforme alla morte dei giusti, e lo spargimento del nostro sangue a quello dei santi martiri. Ed Iddio si compiaccia del nostro volontario olocausto, e non lasci la sua Chiesa nelle mani dei pagani”. Con queste parole, riportate dal surricordato storiografo Eliseo, essi si disponevano al martirio. Poiché era evidente che in una battaglia con forze disuguali, la vittoria militare sarebbe stata dei più forti, la metà dell’esercito armeno con a capo una decina di principi, preferendo la gloria terrestre a quella del martirio disertò il campo. Quelli che rimasero fedeli a Vardan e caddero nella battaglia di Avarair, certamente si immolarono volontariamente per la difesa della fede in Cristo, che i Persiani volevano sopprimere con la forza militare. Era quindi fallace l’obiezione di alcuni teologi del sec. XVII, che osarono metter in dubbio il martirio di Vardan e dei suoi compagni, volendo togliere perfino dal calendario il loro nome. Mentre il sommo teologo, s. Tommaso, aveva già risolto quella stessa obiezione, dicendo: “Et ideo cum quis propter bonum commune, non relatum ad Cristum, mortem sustinet, aureolam non meretur. Sed si hoc referatur ad Cristum, aureolam merebitur et martyr erit; utpote si Rempublicam defendat ab hostium impugnatione, qui fidem Christi corrumpere moliuntur, et in tali defensione mortem sustinet”. La festa di questi martiri si celebrava in Armenia il 20 hrotis (= 5 agosto).
Autore: Paolo Ananiam
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