Nicosia, 5 novembre 1715 - Nicosia, 31 maggio 1787
San Felice Da Nicosia (al secolo Giacomo Amoroso), italiano, laico dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini (1715-1787). Per oltre quarant'anni ha offerto il suo servizio di mendicante svolgendo un apostolato itinerante. Analfabeta, ha avuto la scienza della carità e dell'umiltà.
Martirologio Romano: A Nicosia in Sicilia, beato Felice (Giacomo) Amoroso, religioso, che, dopo essere stato rifiutato per dieci anni, entrò infine nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dove svolse i più umili servizi in semplicità e purezza di cuore.
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Giacomo Amoroso nacque a Nicosia nel 1715, il padre Filippo era calzolaio e la madre Carmela Pirro badava alla numerosa famiglia. Il padre decise di far lavorare il figlio nella calzoleria più importante del paese affinché si specializzasse in questo mestiere. Giacomo presto imparò il mestiere e nello stesso tempo si era avvicinato alla congregazione dei Cappuccinelli presso il convento di Nicosia. Era per tutto esempio in quanto la sua spiritualità la testimoniava in tutte le cose di ogni giorno. Nel 1733 decise di chiedere di entrare come fratello laico nell'ordine dei Cappuccini, ma non fu accolto, anche a causa delle condizioni economiche precarie della sua famiglia alla quale era fondamentale il suo apporto. Una volta morti i genitori nel 1743 riprovò a chiedere di essere ammesso tra i Cappuccini direttamente al provinciale che era in visita a Nicosia, e, finalmente, dieci anni dopo la sua prima richiesta venne ammesso al noviziato nel convento di Ristretta con il nome di fra Felice. L'anno seguente fece la professione e fu inviato nello stesso suo paese di origine dove per 43 anni esercitò il compito di questuante. Nel convento esercitò vari lavori, portinaio, ortolano, calzolaio e infermiere, fuori era il questuante non solo a Nicosia ma anche nei paesi vicini, Capizzi, Cerami, Mistretta e Gagliano.
Si definiva "u sciccareddu", l'asinello che carico portava quanto raccolto al convento.
Aveva una particolare predilezione per i bambini, dalle sue tasche tirava fuori una noce, delle nocciole o delle face le regalava ai fanciulli ed in base al numero di queste cose ricordava loro le piaghe di Gesù, la santissima Trinità, i dieci comandamenti, piccoli regali che però davano l'opportunità a fra Felice di fare una breve e semplice lezione di catechismo.
Se per strada incontrava poveri con carichi particolarmente pesanti dava loro una mano per aiutarli, aiutava gli ammalati e cercava di fare qualcosa per i più bisognosi. Tutte le domeniche era solito andare a trovare i carcerati.
Il superiore nonché padre spirituale spesso lo trattava duramente, lo umiliava appioppandogli nomignoli quali poltrone, ipocrita, gabbatore della gente, santo della Mecca, fra Felice rispondeva a ciò dicendo "sia per l'amor di Dio". Ancora il superiore spesso lo obbligò ad esibirsi nel refettorio del convento con abiti carnevaleschi, distribuendo una massa di cenere impastata come fosse ricotta fresca, che miracolosamente lo diventò veramente.
Fra Felice distribuiva delle striscioline di carta sulle quali erano scritte delle invocazioni alla Beata Vergine e le utilizzava come rimedio infallibile per tutti i mali, appendendole alle porte delle abitazioni dove vi erano sofferenti ammalati o poveri, contrastava il fuoco che aveva attaccato i covoni da trebbiare, oppure appendendole nelle cisterne prive di acqua. Spesso avvenivano grazie ed eventi miracolosi che non facevano altro che accrescere la fama di fra Felice.
Una volta alleggerito da tutti i servizi data l'avanzata età e la malferma salute si dedicò alla preghiera.
Verso la fine del mese di maggio 1787 mentre era nel suo orto si accasciò senza più forze e dopo alcuni giorni nel suo letto raccomandandosi a S. Francesco e alla Madonna chiese al superiore il l'obbedienza di morire. Morì il 31 maggio del 1787. Fu dichiarato Beato da papa Leone XIII il 12 febbraio 1888.
Papa Benedetto XVI, nella sua prima cerimonia di canonizzazione, lo ha proclamato santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro.
La data di culto per la Chiesa universale è il 31 maggio mentre i Frati Cappuccini lo ricordano il 2 giugno.
"I poveri sono la persona di Gesù Cristo, e si devono rispettare. Riguardiamo nei poverelli e negli infermi lo stesso Dio, e soccorriamoli con tutto l'affetto del nostro cuore e secondo le proprie nostre forze. Consoliamo con dolci parole i poveri ammalati e prontamente rechiamo loro soccorso. Non cessiamo mai dal correggere i traviati con maniere prudenti e caritative." (Beato Felice da Nicosia)
Autore: Carmelo Randello
Si definisce u sciccareddu (dal siciliano “l’asinello”) che porta cibo ai poveri. Nato in Sicilia a Nicosia (Enna) nel 1715, Giacomo Amoroso, questo è il suo nome, è un bambino molto povero, mangia solo ceci e fave. Suo padre Filippo è calzolaio e la mamma Carmela Pirro accudisce la famiglia. La mamma è una donna religiosa e insegna al figlio ad essere generoso e caritatevole. Purtroppo Giacomo perde il padre ancora prima di nascere. Non può andare a scuola: deve lavorare nella bottega di un ciabattino per sopravvivere e non essere di peso alla famiglia. In cuor suo, però, sogna di diventare un frate per aiutare i bisognosi e far conoscere Dio a tutti.
Dopo dieci anni di insistenti domande per entrare in convento, sempre rifiutate perché analfabeta, nel 1743 riesce ad indossare il saio dei frati cappuccini, prendendo come nuovo nome Felice. Tuttavia rimane un laico perché non sapendo né leggere, né scrivere, non può intraprendere gli studi in seminario. I superiori lo trattano con durezza e lo scherniscono, ma lui è tanto umile e sopporta tutto con pazienza, per amore di Dio. I suoi compiti sono le pulizie domestiche, aiutare in cucina e in infermeria, coltivare l’orto, aggiustare le scarpe e, soprattutto, chiedere l’elemosina di paese in paese, tra Enna e Messina (Capizzi, Cerami, Mistretta, Gagliano), in groppa a un asinello, per i confratelli e per i poveri. A volte, incontra persone benestanti altruiste e gentili, a volte ricchi avari e avidi che non solo non danno nulla per chi non ha pane, ma trattano male il povero cappuccino perché ne sono infastiditi. Lui risponde sempre con gentilezza e dice: «Sia per l’amore di Dio».
Felice assiste gli ammalati, aiuta i poveri, la domenica visita i carcerati. Ai bambini regala dieci ceci per spiegare loro, in modo semplice, i dieci comandamenti che il fraticello impara a memoria ascoltando la Messa. Tante le guarigioni miracolose ottenute grazie alle preghiere e ai digiuni di Felice e quanti miracoli! Un giorno, una fanciulla affamata chiede con insistenza del pane per lei e sua madre, ma Felice non ha nulla: impietosito trasforma una pietra in una fragrante pagnotta. Muore a Nicosia nel 1787, attorniato da tutti i cittadini, ricchi e poveri.
Autore: Mariella Lentini
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