Tubzak, 247 ca. – Cartagine, 15 luglio 303
Patronato: Venosa (PZ)
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sulla via detta degli Scillitani nella basilica di Fausto, deposizione di san Felice, vescovo di Tubzak e martire, che, ricevuto dal procuratore Magniliano l’ordine di dare alle fiamme i libri della Bibbia, rispose che avrebbe bruciato se stesso piuttosto che la Sacra Scrittura e fu per questo trafitto con la spada dal proconsole Anulino.
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E’ un santo martire venerato a Venosa (PZ); la ‘passio’ originale scritta da un contemporaneo, è stata probabilmente elaborata in altre ‘passiones’ scritte da autori dell’Italia Meridionale, per cui il luogo del martirio del vescovo africano Felice è trasferito da Cartagine a Venosa in Basilicata o a Nola in Campania; a loro volta queste ‘passiones’ sono state poi riassunte in vari Martirologi con altre deformazioni ed aggiunte. Lo studioso agiografo Delahaye ha cercato di togliere gli elementi leggendari, presentando la seguente redazione originale. Nel giugno del 303, il magistrato di una località vicino Cartagine, Tubzak o Thibinca oggi Zoustina, eseguendo gli ordini imperiali, fece convocare in tribunale il prete Afro ed i lettori Cirillo e Vitale, chiedendo loro di consegnare i libri sacri, essi risposero che erano in possesso del vescovo Felice, in quel giorno assente dalla città. Il giorno seguente fu la volta del vescovo, il quale oppose un netto rifiuto alla richiesta del magistrato; gli fu dato tre giorni di tempo per riflettere, trascorsi i quali Felice venne inviato a Cartagine dal proconsole Anulino. Dopo 15 giorni di carcere, alla nuova richiesta di consegnare i libri sacri, il vescovo si rifiutò ancora e pertanto venne condannato alla decapitazione, aveva 56 anni; la sentenza fu eseguita il 15 luglio del 303; il suo corpo venne sepolto nella basilica di Fausto, celebre per i molti corpi dei martiri lì sepolti. In alcuni Martirologi è ricordato il 30 agosto, forse confuso con i santi romani Felice ed Adautto e in altri al 24 ottobre. La moderna edizione del ‘Martyrologium Romanum’ lo riporta al 15 luglio, giorno del suo martirio. A questo punto aggiungiamo qualche nota per comprendere il perché del culto di s. Felice in Italia Meridionale; può essere dipeso dalla presenza di reliquie del martire africano a Venosa, per cui le aggiunte leggendarie dicono che dopo l’interrogatorio, il proconsole Anulino non l’avrebbe fatto decapitare, ma lo avrebbe invece inviato in Italia, dove Felice transitò per Agrigento, Taormina, Catania, Messina ed infine a Venosa, dove il prefetto lo fece decapitare. Un’altra versione dice che fu inviato a Roma e condannato come schiavo a seguire gl’imperatori, per cui giunto a Nola venne ucciso il 29 luglio; le reliquie furono poi trasferite a Cartagine. A seconda delle versioni gli vengono affiancati nel martirio altri compagni: il prete Gennaro ed i lettori Fortunanzio e Settimio; Adautto; Gennaro, Fortunanziano e Settimino. Con ogni probabilità si tratta di santi africani, protagonisti delle vicende leggendarie di varie città meridionali, che hanno sostituito e venerato a Venosa, Afro e compagni, citati nell’originaria ‘passio’.
Autore: Antonio Borrelli
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