† 538
La sua vita è strettamente legata a quella del fratello San Severino. Come lui, infatti, per essere perfetto seguì l'invito di Cristo e vendette tutto ciò che possedeva per distribuire il ricavato ai poveri. Per darsi completamente a Dio ed isolarsi maggiormente dal mondo, lasciò dopo qualche anno il fratello e si rifugiò alle grotte di Sant'Eustachio, dove poi sorgerà un eremo benedettino, quindi sui monti di Pioraco (MC). Vittima di forti tentazioni, si impose una dura e dolorosa penitenza: fece penzolare il suo corpo ad un albero con le mani strette fra due rami finché il fratello non andò a liberarlo. Quando morì, nel 538, gli abitanti di Pioraco raccolsero con grande venerazione le sue spoglie, gli dedicarono la loro chiesa e lo elessero a patrono della loro città. La sua immagine che fregiava lo stemma di quel comune, nel 1878 venne sostituita da un gambero rampante.
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La figura di San Vittorino, eremita vissuto nel VI secolo, si intreccia indissolubilmente con quella del fratello maggiore, San Severino. Entrambi, spinti da un profondo desiderio di perfezione e adesione al messaggio di Cristo, scelsero la via radicale della rinuncia ai beni terreni e del ritiro dal mondo. La loro storia, narrata con toni agiografici, offre spunti preziosi per esplorare la dimensione ascetica del cristianesimo primitivo e la ricerca di una vita consacrata interamente a Dio.
Come San Severino, Vittorino obbedì all'invito evangelico di vendere tutto ciò che possedeva e di donare il ricavato ai poveri. Questo atto radicale testimonia la volontà di entrambi i fratelli di spogliarsi di ogni legame materiale per abbracciare una vita di totale dedizione a Dio. La scelta della povertà volontaria rappresentava un ideale ascetico diffuso tra i primi cristiani, visto come mezzo per liberarsi dalle distrazioni mondane e per concentrarsi sulla propria relazione con il divino.
Dopo un periodo trascorso insieme al fratello, Vittorino decise di approfondire il suo percorso eremitico ritirandosi presso le grotte di Sant'Eustachio. Questo luogo isolato, circondato dalla natura selvaggia, offriva l'ambiente ideale per dedicarsi alla preghiera, alla meditazione e alla mortificazione della carne. Tuttavia, la solitudine e l'ascesi non risparmiarono Vittorino dalle tentazioni demoniache. Per contrastare le insidie del diavolo, il santo si impose una penitenza durissima: si legò ad un albero con le mani strette tra due rami, rimanendo sospeso in aria fino all'arrivo del fratello che lo liberò. Questo episodio esemplifica la lotta interiore contro le tentazioni e il desiderio di dominio sul proprio corpo, elementi centrali della vita ascetica.
San Vittorino si spense nel 538, lasciando un'eredità spirituale di grande valore. Gli abitanti di Pioraco, cittadina marchigiana dove aveva vissuto, ne venerarono con profonda devozione le spoglie mortali, eleggendolo loro patrono. La chiesa locale venne dedicata al suo nome e la sua immagine divenne parte integrante dello stemma comunale. Sebbene nel 1878 l'emblema civico di Pioraco abbia subito una modifica, sostituendo l'immagine di San Vittorino con un gambero rampante, la memoria del santo eremita continua a vivere nel cuore della comunità locale.
Autore: Franco Dieghi
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