La "passio", pur ritenuta dagli studiosi fittizia, narra di un soldato romano che, rifugiatosi nell'antica Tifernum, uccise un drago e fu poi martirizzato durante le persecuzioni di Diocleziano. Le sue reliquie, donate o trafugate, giunsero a Città di Castello in epoca imprecisata e venerate in una basilica. Nel 1360 il ritrovamento del corpo alimentò la leggenda di un vescovo locale, ma l'ipotesi più probabile è che si trattasse del martire romano omonimo, le cui spoglie furono inviate a Tifernum.
Emblema: Palma
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Non esistono documenti, né lapidi, né epigrafi, precedenti al secolo VII che lo ricordino; secondo una ‘passio’ ritenuta dagli studiosi fittizia e favolosa, appunto del VII secolo, Crescentino chiamato anche Crescenziano, era un soldato romano, fuggito nella campagna dell’antica ‘Tifernum’, avrebbe ucciso un dragone che terrorizzava la zona, poi venne catturato dai suoi inseguitori e sarebbe stato ucciso il 1° giugno durante la persecuzione di Diocleziano e sepolto nel luogo detto ‘Gaddi’ o ‘Saddi’.
Sul posto fu eretto un tempio nel quale dimorarono il vescovo della città s. Florido e il prete s. Amanzio, che poi dopo la loro morte, furono sepolti anch’essi nella chiesa.
Le sue reliquie sarebbero state donate a Mainardo, vescovo di Urbino o si pensa anche che furono rapite. Il corpo del martire Crescentino furono ritrovate il 18 dicembre 1360 e come per altri casi, fu ritenuto vescovo di Città di Castello.
Ma l’ipotesi più favorevole indica che le reliquie del martire romano Crescentino, sepolto sulla via Ostiense, siano state mandate a Città di Castello in un imprecisato periodo e deposte sotto l’altare della Basilica.
In seguito, come è avvenuto spesso, s. Crescentino è stato considerato un martire locale. Nel 1500 Cesare Baronio lo inserì al 1° giugno nel ‘Martirologio Romano’, tenendo conto dell’antico culto che il santo martire godeva nella zona tifernate.
Autore: Antonio Borrelli
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