XI sec.
Vissuto nell'XI secolo, Gennadio fu discepolo di San Guinizzone, con il quale condivise probabilmente la vita eremitica in un rifugio tra i boschi. La sua santità è attestata da un miracolo prodigioso: inviato da Guinizzone ad un fabbro di Aquino per riparare alcuni strumenti di ferro, Gennadio fu schernito per il suo aspetto prosperoso, che contrastava con l'immagine di un asceta dedito alle penitenze. Tuttavia, la sua fede incrollabile fu dimostrata quando, cadutogli un ferro rovente sulla mano nuda, lo raccolse senza riportare alcuna ustione, lasciando stupefatti i presenti. Gennadio morì poco dopo il suo maestro, e le sue spoglie furono sepolte accanto a quelle di Guinizzone nella chiesa di San Nicola della Cicogna. Nel corso dei secoli, le loro reliquie furono venerate e celebrate per i miracoli compiuti, tanto da essere esaltate dall'abate Desiderio, poi divenuto Papa Vittore III.
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Santi GUINIZZONE e GENNADIO
Nella millenaria storia dell’abbazia di Montecassino, vi sono stati vari periodi di distruzione e dispersione della Comunità e della stessa abbazia, ma sempre seguiti da un periodo di fulgida ripresa; nell’uno e nell’altro periodo però splendettero figure mirabili di santi monaci e abati, alcuni perfino martiri.
E in uno di questi periodi di contrasto violento, nel secolo XI, troviamo i monaci santi Guinizzone e Gennadio (il cui nome reale è Gennaro, ma conosciuto come Gennadio).
Il primo originario della Spagna, si fece monaco a Montecassino, trovandosi implicato nelle disavventure che l’abbazia subì alla fine del X secolo, per colpa di Pandolfo IV di Capua e dell’efferato complice Todino.
Depredato il monastero, erano rimasti pochi monaci per recitare il divino Ufficio; Guinizzone chiese di ritirarsi a vita eremitica in una celletta costruita fra i boschi dei dintorni, un giorno fu pregato dai pochi monaci rimasti di recarsi dal malvagio Todino, che risiedeva nell’attuale Roccadevandro, per chiedergli il soccorso per una provvista di cibo; il santo monaco eremita acconsentì e si recò da Todino, il quale invece con cattiveria lo rinchiuse in una chiesa, togliendogli anche il bastone che era il suo simbolo eremitico, consegnandolo in custodia alla moglie.
Ma qui intervenne un miracolo di Dio, egli prodigiosamente poté uscire nonostante le porte chiuse e rendendolo invisibile, lo fece giungere ai piedi del colle, con il bastone recuperato.
Il monaco Gennadio (Gennaro) è legato a lui nella memoria, perché probabilmente è vissuto con Guinizzone nello stesso eremo; di questo monaco si conosce un miracolo che attesta la sua santità; inviato da Guinizzone ad un fabbro di Aquino per riparare alcuni strumenti di ferro, fu preso in giro dal fabbro e dai presenti per il suo aspetto prosperoso, che non sembrava quello di un asceta dedito alle penitenze corporali.
Ma mentre si proseguiva nel lavoro, cadde dall’incudine un ferro incandescente e Gennadio chinatosi lo raccolse con la nuda mano senza riportare nessuna scottatura, fra lo stupore dei presenti.
Guinizzone morì il 26 maggio di un anno intorno al 1050, nello stesso giorno la sua morte fu rivelata prodigiosamente ad un monaco che stava nei pressi di Benevento; fu sepolto nella chiesa di S. Nicola della Cicogna (poco lontano da Montecassino, alle falde del monte Cairo) e posto in un loculo di piombo a destra dell’altare; accanto a lui dopo qualche tempo fu deposto anche il corpo del suo discepolo Gennadio.
In seguito le due spoglie furono trasportate a Montecassino e collocate sotto l’altare maggiore vicino a quelle di s. Benedetto e di s. Scolastica.
Nel 1627, durante i lavori in corso nel presbiterio, le reliquie dei due santi, insieme a quelle dei santi Simplicio, Carlomanno e Costantino, furono sistemate nell’antica cappella di S. Bertario; ancora nel 1691 le reliquie di Guinizzone e Gennadio furono sistemate in una cappella dedicata solo a loro, artisticamente ornata di pitture di Luca Giordano, con marmi, stucchi e dorature.
Rimaste indenni dalla distruzione del bombardamento americano della II guerra mondiale, le reliquie sono state deposte sotto l’altare della ricostruita cappella del SS. Sacramento.
Furono molto venerati e celebrati dall’abate Desiderio (poi papa Vittore III) come operatori di miracoli.
Autore: Antonio Borrelli
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