Nel bel castello di Druelle (vicino a Rodez, nel sud della Francia) il 6 settembre 1787 nacque Maria Guglielma Emilia, primogenita di Gian Luigi de Rodat e di Enrichetta de Pomeyrols, entrambi appartenenti ad antica nobiltà. Aveva appena due anni quando venne affidata alla nonna materna che viveva nell’appartato castello di Ginals, nei pressi di Villefranche de Rouergue, lontana dagli sconvolgimenti della Rivoluzione Francese prima e napoleonica poi. Era con loro anche una zia monaca visitandina, secolarizzata a causa delle soppressioni religiose. Dal carattere vivace, crebbe agiatamente mantenendo profondi sentimenti religiosi. A undici anni fece la prima comunione, in modo semiclandestino visti i tempi difficili. All’ingresso in società, a sedici anni, sentì una certa insofferenza verso lo stile di vita austero in cui era cresciuta. Cambiò confessore, scontrandosi inevitabilmente con la nonna. Fece ritorno dai genitori, ma anche qui dovette adeguarsi alle abitudini monotone della casa. I principi religiosi di Emilia avevano radici profonde e la festa del Corpus Domini del 1804 segnò la sua maturazione spirituale: decise che avrebbe speso a gloria di Dio tutta la vita. Compiuti i diciotto anni, iniziò a collaborare con le suore di Saint Cyr di Villefranche, presso cui aveva studiato. Il desiderio di unirsi alla comunità era però di difficile attuazione in quanto, in realtà, quell’istituto era gestito da religiose di differenti congregazioni, soppresse durante la Rivoluzione. Non seguivano un’unica Regola e per l’età già avanzata erano poco propense ad accettare le idee innovative di Emilia. Iniziò invece un ottimo rapporto con l’abate Antonio Marty, cappellano della scuola, che per tre volte le suggerì di realizzare la propria vocazione altrove. Andò dalle Dame di Nevers a Figeac, poi a Cahor e infine dalle Suore della Carità di Moissac, ma inutilmente. Ogni volta tornava a Villefranche con molta incertezza e una profonda pena nel cuore. La svolta arrivò nella primavera del 1815, durante la visita ad un’ammalata. Comprese il reale disagio economico e morale in cui vivevano i poveri dei paesi circostanti e che il modo duraturo per migliorare le condizioni dei loro figli era istruirli: divenne lo scopo della sua vita. Importante fu l’incoraggiamento dell’abate Marty.
I primi bambini (quaranta!) furono ospitati in una piccola stanza dell’Istituto St. Cyr. Tre giovani donne, seguendo il suo esempio, costituirono il nucleo della futura Congregazione delle Suore della Santa Famiglia, dette di Villefranche. L’iniziativa suscitò molta ammirazione, ma pure i malumori di alcune religiose della casa e di parte del clero locale. Emilia, con l’aiuto del Marty, non si scoraggiò e l’anno successivo aprì una scuola gratuita in un locale preso in affitto. Poco dopo le religiose della casa di St. Cyr lasciarono i locali alla Rodat che, con otto compagne, aveva intanto pronunciato pubblicamente i voti religiosi. I bambini accolti erano diventati cento. Nel 1819 Madre Emilia acquistò anche un monastero abbandonato, ma la morte prematura di alcune suore e di alcune orfanelle, a causa di un’epidemia, fece scandalo. Si sentì indegna di portare avanti un progetto tanto ambizioso e pensò di porre fine al nascente istituto, confluendo nell’Ordine delle Figlie di Maria, da poco fondato. Furono proprio le compagne a convincerla a portare avanti un’opera tanto necessaria. Iniziarono per Emilia, in quegli anni, alcuni disturbi di salute che durarono poi tutta la vita: un tumore al naso e un ronzio permanente all’udito. Le sue suore, nel frattempo, erano richieste anche in altre città. La Madre, come ormai era chiamata, aprì una casa ad Aubin dove si era recata per farsi curare, portando avanti il progetto nonostante il dissenso dell’abate Marty che, chiamato ad altri incarichi (Vicario Generale della diocesi di Rodez), interruppe la collaborazione. Il numero delle case crebbe e le suore si dedicarono, oltre che all’insegnamento, anche all’assistenza ospedaliera e carceraria. Emilia amava però, soprattutto, la preghiera contemplativa ed ebbe l’ispirazione di fondare anche alcune comunità di claustrali che divennero il motore silenzioso di tutta l’opera.
Madre Rodat era per tutti un punto di riferimento anche se il carattere forte e a tratti austero, alle volte, causava malumori. Con cortesia e arguzia trovava la soluzione ad ogni problema. Temendo tuttavia di peccare d’orgoglio, visse gli ultimi anni in modo forse eccessivamente dimesso.
Nell’aprile del 1852 il tumore che da tanti anni la tormentava attaccò l’occhio sinistro. Consapevole della gravità della malattia lasciò l’incarico di Superiora Generale. La salute peggiorò costantemente fino al 19 settembre, giorno in cui finalmente fu accolta tra le braccia del Padre Celeste. Molti, con la sua intercessione, ottenevano grazie e la tomba divenne meta di pellegrinaggi. Beatificata nel 1940, fu canonizzata nell’Anno Santo 1950 (il 23 aprile) da Papa Pio XII.
L’opera di S. Emilia, attraverso la Congregazione delle Suore della Santa Famiglia, è oggi presente in varie parti del mondo.
Autore: Daniele Bolognini
Maria Guglielma Emilia nasce da genitori nobili e ricchi (Gian Luigi de Rodat ed Enrichetta de Pomeyrols) in un castello della Francia meridionale. Non ha ancora due anni quando scoppia la Rivoluzione. I genitori la portano dalla nonna materna, a Villeneuve de Rouergue, in un luogo più sicuro. Lei trascorre l’infanzia lì, mentre si succedono in Francia la monarchia costituzionale, la guerra, il terrore, la reazione al terrore.
Lì, nel 1798, riceve la prima Comunione in un clima ancora malsicuro, perché il terrore è finito, ma ogni anno c’è una congiura di destra o di sinistra, con polizia scatenata, processi, esecuzioni. Emilia ha 15 anni nel 1802, quando tutte le chiese di Francia sono riaperte al culto, e il “primo console” Napoleone Bonaparte va alla Messa di Pasqua in Notre-Dame di Parigi, dove i rivoluzionari avevano inscenato il “culto della Dea Ragione”. Si ricomincia, dunque. Ma spesso con divisioni tra i sacerdoti, sia per i rispettivi comportamenti durante la Rivoluzione, sia per le visioni pastorali in contrasto: c’è chi lavora per un apostolato adatto ai tempi nuovi, e chi vorrebbe rifare tutto come prima della Rivoluzione. Anche Ordini e Congregazionisi ricostituiscono in mezzo a queste difficoltà, e ne fa esperienza personale Emilia. A 17 anni, nella festa del Corpus Domini del 1804, lei ha scelto di farsi suora, e per un primo contatto è ritornata nel 1805 a Villefranche de Rouergue dalle sue prime educatrici, le suore di Saint-Cyr. Sono quelle che conosce meglio, ma si trovano anch’esse tra incertezze e contrasti, con religiose di età avanzata, e alcune provenienti da altri istituti, con regole differenti. Prova ancora in altre Congregazioni: le Suore della Carità, quelle dell’Adorazione perpetua, quelle della Misericordia. Ma non riesce a decidersi tra tanti modelli di vita.
Poi il segnale la raggiunge da un’altra parte: dalle case degli ammalati privi di assistenza che va a visitare, e dai loro figli privi di istruzione, condannati all’indigenza. Parte di lì, Emilia: incominciando a raccogliere e istruire bambini in una stanzetta che le danno le suore di Saint-Cyr. Più tardi, trasferendosi, esse lasceranno tutta la loro casa a lei, a una decina di giovani donne che l’hanno raggiunta, al centinaio di bambini che stanno loro intorno. Qui Emilia e le sue compagne prendono i voti, chiamandosi Suore della Sacra Famiglia.
C’è un momento di lutto e di crisi nel 1819, per la morte di alcune bambine e alcune suore, durante un’epidemia. Scoraggiata, lei vorrebbe cedere tutto a unaltro Istituto ma le consorelle la persuadono a continuare, anche perché la loro opera è richiesta da tante parti. Così l’Istituto si sviluppa, mentre la fondatrice perde le forze. Arrivano disturbi all’udito, un tumore al naso.
Lei continua a seguire l’Istituto, che presto sarà chiamato a lavorare pure negli ospedali e tra i detenuti: ma alle consorelle chiede innanzitutto l’impegno della preghiera, e quello del silenzio. Per tutta la vita affianca l’attività alla contemplazione. E, per conto suo personale, aggiunge a tutto questo la sofferenza fisica: il suo tumore la perseguita, giungerà ad aggredirle un occhio. Abbandona allora le funzioni di Madre generale, e muore pochi mesi dopo, mentre l’Istituto è ormai presente in Francia con 36 case. Pio XII l’ha proclamata santa nel 1950. Il suo corpo è custodito a Villefranche, nella Casa madre dell’Istituto.
Autore: Domenico Agasso
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