Il vescovo di Novara Aldo Del Monte, racconta in un suo scritto sulla disfatta in Russia dei nostri soldati, che alcuni militari si arrampicavano sugli alberi più alti e da lì indicavano la strada ai tanti soldati, rimasti bloccati in una sacca, senza possibilità di uscirne; grazie al loro sforzo e sacrificio, molti poterono salvarsi. Così per noi sono i santi, essi sono un po’ i segnali indicatori per orientarci e raggiungere l’incontro con il Signore durante il cammino di questa vita, specie quando sembra che Dio sia lontano da noi. Collaborano fattivamente all’indicazione di Gesù che disse: “Io sono la Via”, la via per arrivare dove? Alla Verità e Vita per raggiungere il Padre. Verso la fine del XVIII secolo, il 1° agosto del 1787, moriva a Pagani, diocesi di Nocera - Sarno, il grande Dottore della Chiesa S. Alfonso Maria de’ Liguori; si spegneva una stella lucentissima nel firmamento della Chiesa, ma in quel tramonto di secolo, che venne chiamato il ‘Secolo dei Lumi’, nella piccola ma antica diocesi come in tutto il Regno di Napoli, si accendevano altre stelle più piccole, ma ugualmente luminose per santità di vita, tanto per citarne alcuni: i beati Gennaro Maria Sarnelli, Alfonso Maria Fusco, Tommaso Maria Fusco, Modestino di Gesù e Maria, Vincenzo Romano, Gaetano Errico, la serva di Dio Filomena Giovanna Genovese. In tale periodo di fioritura religiosa, nasceva il 16 novembre 1790 Fortunata De Nicola, nel quartiere di S. Pietro a Patierno di Napoli. “Ancora adolescente cercava e trovava il suo modello di vita nella Passione del Signore, in Gesù Eucaristia e nella Madonna, convinta che nella vita di ogni uomo che vive su questa terra, c’è sempre una croce a misura per ciascuno”. (M. Vassalluzzo, Servire Cristo nei giovani, Ancora, 1998). La sofferenza si affaccia nella sua vita molto presto, da ragazzina viene colpita da una grave malattia agli occhi, che le porterà conseguenze per tutta la vita. La devozione e l’amore verso l’Eucaristia, le darà dei doni soprannaturali, da bambina fu vista in estasi varie volte davanti al tabernacolo, come pure, testimoni di S. Pietro a Patierno diranno di averla vista elevarsi da terra mentre pregava Gesù. Verso i dieci anni la famiglia si spostò a Napoli per cinque anni, poi ritornò a S. Pietro a Patierno, dove Fortunata ormai quindicenne venne colpita da oftalmia, che la tormentò per più di due anni; ella accettò anche questa volta la volontà di Dio; in seguito si aggiungerà la sofferenza dell’ingrossamento delle ghiandole sottomascellari e del collo per infiammazione e degenerazione. Trasferitasi per migliorare la salute, in casa di uno zio a Napoli, decise di indossare l’abito religioso – secondo l’usanza del tempo – ispirandosi alla Regola dell’allora Terz’Ordine Francescano (oggi Ordine Francescano Secolare), abito datole dai padri Francescani Alcantarini di S. Lucia al Monte in Napoli, che ne avevano la facoltà, divenendo così una ‘monaca di casa’. Istituzione che diede specie nel 1800 tante figure di sante e venerabili donne, consacrate a Dio fra le mura di casa e operanti fra gli abitanti del rione. Esse venivano guidate nel loro percorso spirituale, dai frati francescani alcantarini di quello storico convento di S. Lucia al Monte, che fu culla di santità per secoli, guidato e riformato da s. Giovan Giuseppe della Croce; nel ‘Sacrario dei Servi di Dio’, vi sono ben quindici venerabili frati e suore, in attesa di un pubblico riconoscimento della Chiesa per le loro eroiche virtù; mentre nella chiesa vi sono i corpi di due santi s. Giovan Giuseppe e s. Maria Francesca delle Cinque Piaghe (‘monaca di casa’) e altri due venerabili. A 20 anni nel 1810, Fortunata, che prese il nome di Maria Luigia del S. Cuore, decise di lasciare la casa dello zio per vivere in solitudine in una piccola casa della salita Forcella, nel centro antico di Napoli, con il suo saio francescano e una mela cotogna, che la alimentò per tre giorni. In breve tempo intorno a lei si radunarono circa venti ragazze, affidatale dalle loro madri, per farle apprendere il cucito e il ricamo; fu necessario cambiare casa, a lei si aggiunse anche la sorella minore Francesca, rimasta sola per la morte dei loro genitori nel 1816 e 1818. La salute cagionevole continuò a tormentarla, subì un intervento alla gamba sinistra e nel 1820 a 30 anni ebbe dolori lancinanti al petto con sbocchi di sangue e dolori all’addome per un tumore sviluppatosi. Il medico curante le fece cambiare aria, trasferendola sopra ai Monti, sulla collina del Vomero, la casa fu trovata nella località chiamata Cacciottoli; la casa abbastanza grande fu trasformata in un monastero con una cappella aperta al pubblico, intorno a lei si radunarono dodici ragazze e donne, che costituirono il primo gruppo delle ‘Solitarie Alcantarine’ che suor Maria Luigia del S. Cuore, fonda e guida dal 1821 al 1827. La fama della spiritualità eremitica delle suore e della fondatrice, si espande in tutti i rami sociali del napoletano, arrivando fino alla reggia, suscitando l’aumento di numero delle suore, cosicché suor Maria Luigia chiede al re Francesco I, che le venga concesso il convento di S. Antonio ai Monti, già dei Frati Minori Conventuali, soppresso durante la Repubblica Partenopea del 1799. Con l’interessamento della regina Isabella, che aveva conosciuta la madre fondatrice, le viene concesso il 16 dicembre del 1828 il complesso conventuale con l’annessa chiesa; suor Maria Luigia, pur se su una sedia per le sue infermità, ne prende possesso con le sue suore il 2 febbraio 1829. La sua vita interiore era cosparsa di penitenze, scarsezza di cibo, digiuni, l’uso costante del cilicio, uno strumento a forma di croce conservato dalle sue figlie, oggi Suore Terziarie Francescane di S. Antonio ai Monti. Erano trascorsi appena 20 giorni dal possesso del nuovo convento, quando le condizioni di salute della madre peggiorarono, comparve una erisipela flemmosa alla gamba destra, il medico dispose che doveva passare dalla sedia, ormai usuale, al letto. Dopo qualche giorno di alti e bassi, entrò in agonia, ricevendo i Sacramenti e ripetendo le indimenticabili parole di Gesù: “Nelle tue mani, raccomando il mio spirito”, il 2 marzo 1829, lasciò questa terra per raggiungere l’Amore di tutta la sua vita, aveva appena 38 anni; la notizia della sua morte suscitò un grande rimpianto fra il popolo napoletano, che accorse da ogni parte a rendere omaggio alla sua salma, esposta in chiesa fino al giorno 4 marzo, dove dopo un semplice funerale, come da suo desiderio, fu interrata ai piedi dell’altare maggiore. Nel 1957 le reliquie, dopo una ricognizione ufficiale, furono spostate in un loculo posto nella parete della stessa chiesa di S. Antonio ai Monti; presso la Sacra Congregazione dei Riti sono depositati tutti gli atti dei processi per la sua beatificazione.
Autore: Antonio Borrelli
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