Oriente, VII sec. - Agira, Enna, 12 maggio inizio VIII sec.
San Filippo di Agira, tra i santi dell’Alto Medioevo dell’Italia meridionale è uno dei più popolari, è anche noto e venerato in terra macedone nel IX secolo, in Palestina nel XI e dagl’inizi del XIV secolo a Zebbug nell’isola di Malta. E’ detto di Agira e per distinguerlo dagli altri santi di nome Filippo e perché svolse la sua missione in questa cittadina del centro della Sicilia. Cittadino dell’impero bizantino, santo italogreco, a seconda del centro in cui è venerato è inoltre indicato come San Filippo il Costantinopolitano, il Trace, il Grande (per distinguerlo da San Filippo diacono palermitano, detto San Filippo il Giovane ), il Siriaco, ‘u niuru (nero). Figlio di ricchi proprietari di armenti, venne in Sicilia per incarico di un papa romano durante la diaspora dall’Oriente verso l’Italia meridionale di monaci ed eremiti verificatisi tra VII e VIII sec. e ha avuto da Dio il dono del miracolo e la forza di vincere le forze del male simboleggiate dal demonio. La sua visione universale di cristianesimo, le sue caratteristiche di vita che ci sono state tramandate, come ha affermato San Giovanni Paolo II, lo pongono nella «lunga ieratica teoria di uomini e donne, che» in terra di Sicilia «in mezzo a difficoltà e persecuzioni, hanno vissuto in semplicità ed integralità il Vangelo», che non fa distinzione alcuna tra gli uomini. Assieme a tantissimi altri santi della Magna Grecia, Filippo di Agira è, come il patriarca ecumenico Bartolomeo I lo ha definito, palese esempio di unità «avendo vissuto l’esperienza meravigliosa e indicibile che la Santa Chiesa di Cristo era universalmente una ed indivisa».
Patronato: Agira, Calatabiano, Aci San Filippo
Etimologia: Filippo = che ama i cavalli, dal greco
Emblema: Diavolo sconfitto
Martirologio Romano: Ad Agíra in Sicilia, san Filippo, sacerdote, originario della Tracia.
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La vita di questo santo è stata scritta da un monaco di nome Eusebio, che si dice compagno di Filippo, il quale nacque in Tracia, regione sud-orientale della penisola balcanica allora provincia romana, ai tempi di Arcadio imperatore romano d’Oriente (395-408).
Fu istruito nelle discipline ecclesiastiche e anche nella lingua siriaca, a 21 anni ricevé il diaconato e poi arrivò in Italia insieme al monaco Eusebio, che a Roma gli fece da interprete. Dopo essere stato ordinato sacerdote, ebbe l’incarico di evangelizzare la Sicilia centro-occidentale, dove gli abitanti, terrorizzati dall’attività eruttiva dell’Etna, continuavano a vedere nel vulcano una manifestazione del demonio, quindi si recò nell’isola stabilendosi ad Agira, in provincia di Enna, sempre in compagnia del fedele monaco Eusebio.
Svolse con fervore apostolico il suo ministero sacerdotale fra le popolazioni siciliane, diventando celebre per i numerosi miracoli che operava, specialmente liberando gli ossessi dal demonio.
Morì un 12 maggio del V secolo, l’anno non ci è noto ma va dal 453 al 457, aveva 63 anni.
Sul luogo del suo sepolcro, fu edificata una chiesa e in seguito un monastero, attorno ai quali l’antica ’Agyrium’ risorse con il nome di S. Filippo d’Agira, nome conservato fino al 1939 (oggi solo Agira); una ricognizione delle reliquie fu fatta il 21 luglio 1625.
Numerose sono le processioni e le manifestazioni devozionali che si svolgono in quella parte della Sicilia, dove più forte è il culto di s. Filippo; come l’offerta dei ceri durante la processione del 12 maggio, fatta dai fedeli che ritengono di avere ricevuto delle grazie.
Nell’arte è raffigurato con i paramenti liturgici a volte latini a volte di rito bizantino, spesso in atto di scacciare il demonio da un ossesso.
La sua festa liturgica è al 12 maggio.
Autore: Antonio Borrelli
La vita
Di lingua e cultura siriaca, nacque per un miracolo concesso ai suoi genitori che avevano perduto i tre figli nella piena del fiume Sagarino, mentre ritornavano a casa con il loro gregge. Offerto dal padre e dalla madre a Dio, Filippo all’età di ventuno anni venne a Roma, ottenendo lungo il viaggio da Dio la fine della tempesta che minacciava di fare affondare la nave. A Roma, dopo avere ricevuto miracolosamente la facoltà di parlare in latino, venne consacrato presbitero ed ebbe da un papa, del quale non si conosce il nome, la missione di evangelizzare la Sicilia centro orientale e liberare Agira dalla terribile infestazione dei diavoli, per mezzo di un oros apostolikòs affidatogli dallo stesso papa, probabilmente la cosidetta “preghiera di San Filippo” utilizzata da San Fantino in Macedonia per guarire un malato. Da Roma raggiunse Messina e quindi Agira. Qui trovò riparo in una grotta fuori dall’abitato ov’erano tre colonne e tre gradini, tagliati da pietre perfette; là stava seduto, secondo l’abitudine. Dopo due giorni salìto sulla sommità del monte liberò dai demoni, grazie alla sua preghiera, l’allora Argirium, dove visse la maggior parte della sua vita e morì probabilmente all’età di 63 anni. San Filippo è santo che compie miracoli in vita e in morte a testimonianza della grande predilezione di Dio. La sua figura ha come lineamenti distintivi storicamente netti e inequivocabili di presbitero taumaturgo e persecutore dei demoni. In vita la sua fama di persecutore dei demoni e di santo che compie miracoli gli procurò molto fama per tutta la Sicilia. L’agiografia del IX sec. ne descrive venti in vita e in morte tra i quali la guarigione di uno storpio, di una emorroissa, la resurrezione di un giovane presso la fontana Maimone di Agira, morto per un sortilegio del demonio, la liberazione di una giovane dalla possessione del demonio, e quella di dodici cittadini di Agrigenti da una condanna ingiusta. Uno dei più noti miracoli è la nascita del suo discepolo San Filippo diacono palermitano, venerato ad Agira come compatrono..
Le reliquie
Ad Agira fu sepolto, secondo la tradizione, nell’arca inferiore delle due costruite nella cripta/cateva, dove le sue ossa hanno riposato per secoli. Sulla tomba fu costruita una chiesa a forma di croce su precisa indicazione del Santo da un suo nobile devoto della regione di nome Belisario. L’ultima e più rinomata inventio delle sue reliquie è avvenuta unitamente a quelle di San Filippo Diacono, San Eusebio monaco e San Luca Casali. Per la contraddittorietà dei documenti, il ritrovamento non è databile con esattezza, ma deve collocarsi nell’ultimo quinquennio del 1500. Il riconoscimento canonico delle reliquie è avvenuto da parte di mons. Filippo Giordì nel 1604 durante la sua visita dell’allora abbazia di Santa Maria Latina di Gerusalemme o di San Filippo de Argyrione, su incarico regio, mentre la loro prima riposizione nell’attuale cassa di argento è del 17 luglio del 1617.
Persecutore dei demoni
La lotta, le sfide e lo scontro anche fisico con il demonio sono nota caratterizzante nella iconografia. La tradizione leggendaria narra tra l’altro che San Filippo, legato dal diavolo da pesantissime catene se ne sia immediatamente liberato, mentre satana legato con i suoi capelli o alcuni fili della sua barba, sia ricorso all’aiuto dei fratelli demoni dell’inferno, dove San Filippo li ha cacciati, ritornando nero per la fuliggine. La tradizione ad Agira narra anche che dopo una lotta fisica in una grotta durata tutta una notte, il demonio sconfitto fuggi provocando un buco nella roccia che, pertanto, viene detta rutta pirciata (grotta bucata). Si narra altresì ad Agira che San Filippo vinse il diavolo nel lancio più lontano della roccia che ora si trova nella cappella detta Pietra di San Filippo. Lo storico Tommaso Fazello recatosi ad Agira nel 1541 testimonia di avere assistito nella sua chiesa, nella giornata del 12 maggio, alla liberazione contemporaneamente di ben duecento indemoniati per lo più di sesso femminile.
L’agiografia
San Filippo è conosciuto grazie ad un consistente gruppo di scritti, in prosa e poesia, agiografici e innografici in lingua greca e, in particolare, da due agiografie e un Canone. Altri dati che ci aiutano a conoscere san Filippo, il suo contesto storico, il suo ambiente di fede, vengono dalla vita di San Luca Casali di Nicosia e da un altro gruppo di testi agiografici su San Leone Luca da Corleone, San Cristoforo, la moglie Kalì ed i loro figli Saba e Macario anch’essi santi, Luca di Armento, Vitale da Castronovo, vissuti nel IX o nel X secolo, formatisi nel convento di Agira e da qui transitati in Calabria e Lucania dove diffusero il culto di san Filippo e fondarono monasteri con il suo nome. Le due Vite che non ci danno due ricostruzioni storiche della personalità/figura di San Filippo, rispettano, però, le coordinate agiografiche diffuse dal Delehaye e indicate dai Bollandisti, come necessarie e indispensabili per stabilire la storicità di un santo: il luogo di sepoltura, il giorno e il mese della morte di san Filippo. Le Vite sono state scritte in tempi assai distanti l’una dall’altra, contraddistinte dalla diversa consistenza, sono dal valore molto dissimile, sono portavoce di due differenti tradizioni. Il Bìos più antico e più ampio, scritto nel IX-X secolo (880-900), forse nello scriptorium del monastero di Agira, è attribuito a un monaco di nome Eusebio, che si dice compagno del santo e ritenuto santo egli stesso. Il Bìos più recente è stato scritto verosimilmente nel monastero di san Filippo il Grande di Messina nel XIII-XIVsec, tre/quattrocento anni dopo quello di Eusebio, è per tramite del Canone palesemente dipendente da quello e ne segue la trama narrativa, è assai più breve, è stato attribuito erroneamente all’arcivescovo di Alessandria Atanasio ((295-373), autorevole autore della vita di Sant’Antonio. Eusebio colloca San Filippo ai tempi dell’imperatore Arcadio che governò dal 395 al 408 d.C, il falso San Atanasio ai tempi dell’imperatore Nerone che regnò dal 54 al 68 d.C, e lo dice mandato dall’apostolo Pietro.
La vexata questio
Le due Vite, spesso analizzate con una metodologia non sempre adeguata e corretta, non ci fanno conoscere chi siano stati in realtà i loro autori. Le due diverse datazioni a partire del XVI secolo hanno generato due correnti di pensiero che sono state, per secoli aspramente contrapposte, ma che ora sono entrambe superate da una terza scientifica acquisizione che risulta più verosimile. L’attuale Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, mons. Cesare Pasini, autore della edizione critica di entrambi le Vite su San Filippo, ricostruite nel testo quanto più vicino possibilie ai testi originari, ha rivoluzionato le posizioni esistenti. Nelle sue diverse pubblicazioni, dopo aver seguito la storia dei codici riportanti la Vita in greco di San Filippo, fondandosi sul Bìos di Eusebio, ritenuto il solo attendibile per uno studio scientifico, con argomentazioni pertinenti e motivate nel 1981, ribatite nel convegno di Agira del 1999, ritenute valide dalla storiografia scientifica militante e del tutto condivisibili, Pasini ha dimostrato che san Filippo di Agira non sarebbe potuto vivere nè nel I secolo nè nel V, ma lungo il VII secolo, forse toccando il primo decennio dell’VIII secolo. Tale periodo fu contrassegnato da una forte migrazione di persone verso la Sicilia e l’Italia meridionale sospinte dalle impossibili condizioni di vita imposte dalle scelte politiche degli imperatori di Oriente.
Il culto
Il suo dies natalis per la vita a fianco di Dio è il 12 maggio, giorno della morte, in un anno storicamente non precisabile, divenuto nella più che millenaria mai interrotta tradizione, dies festus. Il modello di vita di San Filippo fu assunto come esempio e praticato dai monaci che, secondo la loro tradizione, costruirono un convento accanto alla chiesa che custodiva le sue reliquie. Il monastero, di cui San Filippo è solo eponimo, diventò ben presto il più famoso del suo tempo in Sicilia e centro di irradiazione nel X secolo della sua pratica di vita. La greca Agyrion, la romana Agirium, in onore di San Filippo dall’inizio del basso medioevo, per un millennio è stata chiamata San Filippo di Argirione o di Argirò e sanfulippani i suoi abitanti. Il suo culto è radicato fortemente lungo la costa ionica della Sicilia da Capo Passero a Capo Peloro, della Calabria da Laurito a Pellaro a Gerace, e della Basilicata. E’ caratterizzato da intensa e profonda fede con manifestazioni particolarissime: ad Agira (viaggi dei devoti scalzi con grossi ceri votivi nella Processione del Perdono) a Calatabiano (discesa e salita di corsa dal castello, ‘a calata e ‘a cchianata); a Limina (il santo corre per circa 6 km e fa i “giri”/balla). In Sicilia non esiste provincia che non abbia una chiesa dedicata a San Filippo di Agira. Gli altari o le cappelle a lui dedicati non si contano.
Uno stereotipo inesistente
La tradizione che gli agirini da sempre preferiscono la datazione della venuta di San Filippo nel I secolo mandato da San Pietro papa è destituita da ogni fondamento ed è nata con la fine del XV e gli inizi del XVI secolo con la diffusione della Vita pseudoatanasiana, sino ad allora sconosciuta. A dimostrarlo sono i codici esistenti presso la cattedrale di Palermo in uso sino a tutto il 1400 e 1500 che riportano solamente la datazione eusebiana. La tradizione che fa risalire “l’antichità della propria Chiesa locale all’epoca apostolica o nei primi tre secoli permane ancora oggi in pubblicazioni, pur ricche di erudizione, ma preoccupate solo di difendere, contro l’evidenza scientifica, queste “venerande” e “pie” tradizioni”( Mons. Gaetano Zito). Allo stato attuale della ricerca storica, la tradizione che vuole San Filippo venuto ai tempi di san Pietro va annoverata, quindi, nel numero di quelle leggende locali finalizzate ad accrescere il prestigio del santo o della istituzione cui si riferiscono, non di certo alla ricostruzione storica, che non toglie nulla alla fede per il santo, ma anzi lo colloca in una visione più umana e realistica.
L’iconografia
L’iconografia ricorrente più antica lo rappresenta di pelle bianca, barbato, per lo più stante e benedicente in abiti sacerdotali nella foggia bizantina o romana o nell’atto di liberare un posseduto dal demonio, raffigurato come drago con ali di pistrello, a volte con volto umanoide. In qualche opera più recente, XVIII sec., il diavolo ha forme umane con coda e corna. A Laurito San Filippo viene presentato con mitria e pastorale, da leggersi più come insegne pontificali di un abate che non come quelle di un vescovo, per l’antica provenienza monastica del culto in quel luogo. Spesso il demonio è posto sotto i piedi del Santo legato con grosse catene. In opere create dal XVI secolo, in particolare modo nell’aria territoriale alle pendici dell’Etna, simbolo emblematico dell’inferno nel Medioevo, è rappresentato con mani e faccia neri. San Filippo è invocato per la liberazione dei posseduti del demonio, per le guarigioni, nei terremoti, per la siccità ed in ogni difficoltà personale ritenuta insuperabile.
Autore: Salvatore Longo Minnolo ©
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