Infanzia e famiglia
Giuseppina Catanea nacque a Napoli il 18 febbraio 1896. Era la terzogenita di Francesco Catanea, impiegato delle ferrovie a Benevento, e di Concetta dei marchesi Grimaldi. Fu battezzata quattro giorni dopo la nascita.
Pinella, come la chiamavano in famiglia, crebbe con un fisico gracile, ma per il resto era una bambina simile alle altre. La sua prima compagna di giochi era la sorella Maria, alla quale si aggiunsero le molte amiche incontrate sui banchi delle scuole elementari.
La testimonianza di fede che ebbe in famiglia, specie dalla nonna materna Antonietta e dalla madre, influì decisamente su di lei. A otto anni si recava da sola nella chiesa di Santa Caterina, ma anche a far visita ai poveri. In particolare, si prendeva cura di due anziane signore rimaste sole. Il 30 maggio 1904 ricevette il Sacramento della Cresima, preceduto, qualche anno addietro, dalla Prima Comunione.
Nel 1906 Giuseppina cominciò a frequentare l’istituto commerciale “Regina Margherita”. Spesso dovette assentarsi per motivi di salute, ma riuscì ugualmente a ottenere risultati molto buoni. Aiutava anche le compagne che avevano problemi, ma quando le vedeva alle prese con letture poco serie, si allontanava perché aveva altri interessi.
Primi segni di vocazione
Il 5 settembre 1908 Antonietta, l’altra sorella, entrò nel monastero carmelitano dei SS. Giovanni e Teresa. Giuseppina l’accompagnò: fu allora che iniziò a sentire una certa attrattiva per la vita claustrale al Carmelo, ma accantonò quell’idea, per il grande affetto che sentiva verso sua madre. Pensò quindi di sposarsi e farsi una famiglia, ma capì di essere chiamata ad altro.
Uno dei suoi pretendenti, offeso dal rifiuto, arrivò a ferirla con un’arma da caccia sul pianerottolo di casa: per evitare liti tra le due famiglie, la ragazza nascose l’accaduto e lasciò che la ferita guarisse da sola, applicando sopra di essa un’immagine della Madonna.
Un nuovo Carmelo a Napoli
Antonietta, intanto, era tornata a casa per motivi di salute. Il suo direttore spirituale, il carmelitano scalzo padre Romualdo di Sant’Antonio, la scelse per la fondazione di un nuovo Carmelo a Napoli: comunicò quindi la notizia alla famiglia, affermando che fosse volontà di Dio.
Il 15 agosto 1910 Antonietta iniziò la sua nuova vita in due stanzette prese in affitto dalle suore Betlemmite a Santa Maria dei Monti, sulla collina dei Ponti Rossi. Il 22 ottobre ricevette l’abito carmelitano e il nuovo nome di suor Maria Teresa.
Giuseppina, che assistette alla funzione celebrata nella chiesa di Santa Teresa al Museo, sentì riaffiorare in sé l’ideale della consacrazione, ma continuava a preoccuparsi di dover lasciare la madre. In più, la sua salute continuava a essere preoccupante: nel 1912 ebbe frequenti attacchi di angina.
Dopo il diploma
Dopo aver terminato gli studi, cercò lavoro, senza trovarlo. Si diede quindi a impartire ripetizioni alle ragazze che dovevano sostenere gli esami di riparazione: contribuì non solo a prepararle, ma anche a ricondurle a Dio.
Intanto la comunità carmelitana cresceva di numero e occupò, col permesso delle Betlemmite, tutto il secondo piano del loro edificio, in attesa che fosse pronta la costruzione del nuovo monastero. Il 2 aprile 1913 fu benedetta la cappella della nuova casa, ancora provvisoria ma distaccata dall’altro edificio.
La scelta si compie
Giuseppina, pregando a lungo e confrontandosi con le monache, comprese che doveva raggiungerle: «Non posso più far attendere colui che mi chiama», rispose alla madre, alla sorella e alle zie, che si opponevano. Per il momento, aderì al Terz’Ordine Carmelitano, ricevendo lo scapolare.
Il giorno effettivo del suo ingresso fu il 10 marzo 1918: Giuseppina chiese alla madre di poter andare ai Ponti Rossi per la novena a san Giuseppe. La donna acconsentì, sperando che il clima le facesse bene per guarire definitivamente da una forma d’influenza. La sua permanenza fu prolungata da due fattori: i bombardamenti della prima guerra mondiale e l’epidemia d’influenza detta “spagnola”.
La salute peggiora
Il giorno di Natale del 1918 Giuseppina, dopo essere rimasta a lungo in cappella, uscì barcollando e tremando di freddo. Il 28 dicembre il medico della comunità le diagnosticò una bronco-pleurite, con polmonite doppia: le furono quindi portati i Sacramenti dei moribondi. Le sue condizioni si aggravarono quando le fu trovata una broncoalveolite, ma lei cercava di sopportare, pensando all’imminente fondazione del nuovo Carmelo.
Nel novembre 1920 entrò anche lei nel monastero, sebbene i parenti avessero cercato di riportarla a casa. Due anni più tardi, a giugno, fu colpita da tubercolosi alla spina dorsale con lesioni alle vertebre, cui si aggiunsero la paralisi completa e il meningismo spinale. Giuseppina cercava anche in quella condizione di fare la volontà di Dio, ma le consorelle speravano continuamente nella sua guarigione.
San Francesco Saverio nei suoi sogni
Nella primavera del 1923, Giuseppina fece un sogno. Mentre si sentiva presa da dolori fortissimi, vide di fronte a sé la figura di un santo, vestito di nero con un bastone in mano, ai cui piedi c’era un indiano con un turbante bianco. Una voce le rivelò, almeno in parte, l’identità di quel personaggio: «San Francesco ti ha guarita dal tuo male».
Tuttavia, non sapeva proprio quale santo con quel nome fosse, dato che non assomigliava a nessuno di quelli che conosceva. Dopo una settimana, padre Romualdo le portò un’immaginetta di san Francesco Saverio, della Compagnia di Gesù, con la “Novena della Grazia”, ossia una speciale preghiera da recitare per ottenere la sua intercessione. L’ammalata lo riconobbe subito come il personaggio del sogno e iniziò la novena.
La guarigione dalla paralisi
Tuttavia, il 25 maggio, le fu riferito che aveva solo un mese di vita. Ai primi di giugno venne a sapere che la reliquia del braccio di san Francesco Saverio sarebbe passata per Napoli: Giuseppina ricominciò a pregare il santo anche tre volte al giorno.
Il 26 giugno 1923 la reliquia fu portata nel monastero e accostata al corpo dell’ammalata, sdraiata nella sua cella. Uno strano vento, avvertito anche dai presenti, la spinse a rialzarsi, lei che era completamente rattrappita. Gradualmente si mise a sedere sul letto, poté riaprire la bocca e, infine, si rimise in piedi, mentre le consorelle gridavano al miracolo.
L’apostolato dell’ascolto
Il giorno dopo fu mandata in parlatorio, visto il gran numero di persone, devote e curiose, che volevano osservarla. Fu l’inizio di un apostolato che portò Giuseppina ad accogliere fedeli di ogni stato di vita, cui dava il suo conforto e il suo consiglio.
La sua abnegazione continuò ininterrottamente, specie nei giorni festivi, anche quando altre malattie la colpirono. Dava di sé l’immagine di una crocifissa con Gesù, per la Chiesa e i fratelli, così come il suo nome di religiosa indicava. Volle essere vittima per le sofferenze dell’umanità, ripiena di una sensibilità nuova, dono dello Spirito Santo.
L’approvazione del monastero: Giuseppina monaca a tutti gli effetti
Dopo un lungo percorso, che condusse Giuseppina anche a Roma in udienza da papa Pio XI, arrivò l’approvazione pontificia del monastero. Il 14 dicembre 1932 il cardinal Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli, radunò la comunità delle monache e annunciò che sette giorni prima il Papa aveva dato il suo assenso.
Il 30 gennaio 1933 le undici monache vestirono l’abito carmelitano. Giuseppina, dopo quindici anni dal suo ingresso in monastero, iniziò il noviziato canonico: ricevette l’abito monastico e cambiò nome in suor Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso. Il 6 agosto dello stesso anno professò solennemente secondo la Regola. L’anno dopo, nel 1934, il cardinal Ascalesi stabilì le cariche di governo della comunità: suor Maria Giuseppina fu nominata sottopriora.
Crocifissa nella gioia
La sua spiritualità, la docilità amorosa, l’umiltà e la semplicità risplendettero in particolare durante gli anni della seconda guerra mondiale. La sua continua preghiera era alimentata da una grande confidenza in Dio, di cui contagiava quanti si recavano fino ai Ponti Rossi per ascoltare un suo incoraggiamento e per riprendere a sperare, superando le prove della vita.
Il giorno della sua vestizione aveva detto: «Mi sono offerta a Gesù Crocifisso per essere crocifissa con Lui». Il Signore l’aveva presa in parola, rendendola partecipe del Suo patire, che cercò di vivere silenziosamente e gioiosamente, conformandosi al Cuore di Maria Vergine.
La sua esistenza, da una certa epoca, fu ripiena di carismi mistici straordinari. Per ubbidienza e per consiglio di padre Romualdo di Sant’Antonio, scrisse l’«Autobiografia» (1894-1932) e il «Diario» (1925-45). Inoltre, lasciò esortazioni per le religiose e lettere a sacerdoti e altri fedeli.
Priora, davvero madre
Dal 1943 suor Maria Giuseppina cominciò a soffrire di labirintite auricolare, parestesie varie, dolorosa sclerosi a placche, perdita progressiva della vista e altri disturbi. A 50 anni, nel 1944, fu obbligata a spostarsi in sedia a rotelle.
Il 29 settembre 1945 venne eletta madre priora della Comunità: accettò l’incarico solo per obbedire all’arcivescovo. Ebbe un comportamento realmente materno nei confronti delle consorelle, incoraggiandole a parole o, semplicemente, col suo esempio.
«L’infermità della volontà di Dio» e la morte
Tra la fine di gennaio e i primi di febbraio del 1948, madre Maria Giuseppina ebbe un crollo fisico: un grosso ascesso sul fianco destro degenerò in una piaga, mentre la congestione polmonare le toglieva il respiro.
Il 6 marzo ebbe un’embolia proprio mentre iniziava la cura per evitare la cancrena. I medici non le lasciarono molte speranze, tanto che le venne da domandarsi: «Come si chiama questa malattia?». Trovò subito la risposta: «È l’infermità della volontà di Dio». Padre Romualdo le amministrò quindi i Sacramenti dei moribondi.
Madre Maria Giuseppina morì alle 19.10 del 14 marzo 1948. Il suo corpo, disfatto dalla cancrena, si conservò pienamente incorrotto fino al 27 marzo, data della sepoltura, per dare possibilità ai fedeli che, ininterrottamente, venivano a dare l’ultimo saluto alla “monaca santa”, com’era diventata famosa.
La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
Il 27 dicembre 1948, a nove mesi dalla sua morte, il cardinal Ascalesi diede avvio al processo informativo ordinario per la causa di beatificazione, concluso il 18 febbraio 1952. Intanto, il 27 marzo 1950, le spoglie mortali di suor Giuseppina, sepolte subito dopo la morte nella cripta della nuova chiesa del monastero, erano state traslate all’interno dell’edificio.
Il 5 maggio 1964 si ebbe il decreto sugli scritti, seguito, il 5 aprile 1976, dall’introduzione della causa, inizio della fase romana. Il processo apostolico si svolse quindi dal 4 aprile 1977 al 26 giugno 1980. Gli atti del processo informativo e di quello apostolico sono stati convalidati il 18 marzo 1982.
La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1985, fu esaminata dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi l’8 luglio 1986. Il loro parere, unanimemente favorevole, fu confermato dai cardinali e dai vescovi membri della stessa Congregazione, l’11 novembre successivo. Il 3 gennaio 1987, quindi, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Come possibile miracolo per ottenere la sua beatificazione è stato preso in esame il caso di Francesco Natale, nato il 21 aprile 1999 da Rosario Natale e Anna Di Francesco, residenti a Casoria. Il 19 giugno dello stesso anno, fu portato d’urgenza all’Ospedale Santobono di Napoli, dove gli fu riscontrata una forma di encefalite grave, dovuta a un virus, che gli aveva procurato convulsioni e stato di shock.
Mentre le condizioni del bambino si aggravavano, i suoi genitori e i loro amici, insieme alle carmelitane dei Ponti Rossi, chiesero nella preghiera l’intercessione di madre Maria Giuseppina. Il 30 giugno, Francesco fu trasferito in Neonatologia e il 5 luglio dimesso, senza alcuna traccia della malattia.
L’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo è stata celebrata a Napoli dal 5 novembre 2004 al 9 maggio 2005. Il 27 aprile 2006 la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi si è pronunciata a favore dell’inspiegabilità scientifica dell’accaduto. Il giudizio positivo dei Consultori teologi, il 1° dicembre 2006, e dei cardinali e dei vescovi, il 15 maggio 2007, confermò il nesso tra la guarigione del bambino e l’intercessione della monaca.
Infine, il 1° giugno 2008, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Francesco Natale era da ritenere inspiegabile, completa, duratura e ottenuta per intercessione di madre Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso.
La beatificazione e il culto
La “monaca santa” dei Ponti Rossi è stata beatificata nel Duomo di Napoli il 1° giugno 2008. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, mentre il rito della beatificazione è stato presieduto dal cardinal José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
La sua memoria liturgica, per la diocesi di Napoli e per l’Ordine dei Carmelitani Scalzi, è celebrata il 26 giugno, anniversario del giorno in cui madre Maria Giuseppina guarì dalla paralisi e iniziò la sua nuova vita.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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