Il servo di Dio è menzionato dal Tognoletto a pag. 569-70 della sua opera "Il Paradiso Serafico" edito nel 1667 con queste parole: "Il venerabile Fr. Bennardo Guttadauro da Racalmuto, detto della Favara, è ben noto per la sua santità ". Ed il Pirri scrive: "Fu teologo, due volte provinciale in Sicilia, una volta in Calabria, visitatore apostolico delle provincie di Roma, Napoli e Sicilia, scrisse anche qualche operetta ". Dall'elogio funebre letto nella Chiesa di Sant'Antonino in Palermo dal gesuita P. Francesco Principato si rileva che il Servo di Dio non mangiò mai carne, camminava sempre a piedi, prendeva breve sonno sopra una nuda tavola, in coro non si sedeva mai, una volta la settimana flagellava sino al sangue le sue carni, osservava in perpetuo il silenzio e il digiuno. Morì in Palermo il 16 luglio 1658 e fu seppellito nel convento di Sant’Antonino in luogo distinto. Il suo cappuccio, testimonia il Pirri, è stato molto spesso efficace rimedio per gli infermi.
Autore: Raimondo Lentini
Fonte:
|
|
Giovanni Lentini, Favara dalle origini ai nostri giorni, Agrigento 1965
|
|