Due distinte tradizioni ne tratteggiano il profilo: una la colloca tra IV e VI secolo, associandola alla leggendaria passio del vescovo Alessandro, mentre l'altra la proietta in un'epoca più tarda, tra VIII e IX secolo, identificandola come figlia del duca di Bergamo Lupo, convertito da Carlo Magno. A prescindere dalla sua collocazione temporale, emerge la sua devozione per Sant'Alessandro, testimoniata dalla costruzione di tre chiese a lui dedicate. La tradizione narra anche della sua opera di edificazione di chiese sui colli di Bergamo, confermando il suo ruolo di benefattrice e figura di spicco nella società del tempo. La sua fama è testimoniata da numerose opere agiografiche, tra cui la "Vita Sanctae Gratae" del Beato Pinamonte Pellegrino, che ne celebra la santità e le gesta. Le sue spoglie, dapprima conservate fuori le mura cittadine, furono solennemente traslate all'interno della città nel 1027, evento che ne consolidò il culto e la devozione.
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Secondo una tradizione, collegata alla passio leggendaria del vescovo Alessandro, sarebbe vissuta tra il IV e il VI sec.; un'altra tradizione invece afferma che ella visse tra l'VIII e il IX sec. e sarebbe stata figlia di un certo Lupo, duca di Bergamo, vinto e convertito alla fede cattolica da Carlo Magno. La prima G. avrebbe edificato tre chiese in onore di s. Alessandro (S. Alessandro in Colonna, S. Alessandro della Croce e l'altra sul sepolcro del santo) la seconda invece, con l'aiuto della sua potente famiglia e di altri nobili di Bergamo, avrebbe edificato una chiesa su ognuno dei tre colli della città e cioè: S. Eufemia, S. Giovanni e S. Stefano ossia del S. Salvatore (così dice una glossa di un antico codice del]a Biblioteca civica di Bergamo che contiene il Pergaminus di Mosè del Brolo). I Bollandisti del sec. XVIII accettarono la distinzione delle due sante c pubblicarono per primi (Anversa 1748) la Vita Sanctae Gratae, composta tra il 1230 e il 1240 dal b. Pinamonte Pellegrino da Brembate, domenicano, su invito di Grazia d'Azargo badessa del monastero di S. Grata. Questa Vita è la piú nota tra le leggende sacre del citato autore; Gian Filippo Foresti, al cap. III della sua Cronaca, ce ne dà un sunto, mentre la badessa Grazia la trascrisse integralmente in un codice del suo monastero, ornandola di miniature, una delle quali rappresenta il b. Pinamonte in atto d'offrire a lei la propria opera. Da tale codice frate Branca da Gandino (sec. XIV) fece un'altra trascrizione in un lezionario della cattedrale che è tra i codici della Biblioteca civica di Bergamo.
L'autografo del Pinamonte servì all'edizione che se ne fece nella stamperia di Luigi Fantoni, in Rovetta, nel 1822 e andò smarrito, pare' nella dispersione della libreria fantoniana.
Anche Maria Aurelia Tasso, religiosa del monastero di S. Grata, compose una Vita della santa, edita a Padova nel 1723, nella stamperia di Giuseppe Comino da Giovanni Baldano, col titolo fantasioso: La Vita di S. Grata - vergine - Regina della Germania- poi Principessa di Bergamo - e Protettrice della medesima città..., sul frontespizio reca un'incisione con la figura della santa e sotto la scritta: "Efiigies Sanctae Gratae Bergomi civitatis Patronae".
Per alcuni secoli il corpo di Grata rimase sepolto fuori le mura in Borgo Canale, nella chiesa dell'ospedale a lei stessa attribuito (detta di S. Grata) sulla quale doveva sorgerne un'altra nel sec. XVIII, con il nome di S. Grata inter vites. Il 9 agosto 1027, per opera del vescovo Ambrogio II (alcuni pensano ad Ambrogio III) le spoglie vennero solennemente traslate entro le mura, nella chiesa di S. Maria Vecchia, che fu poi detta di S. Grata alle Colonnette.
La traslazione è confermata da alcuni versi incisi sul sepolcro del vescovo Ambrogio:
"Praesul Ambrosius meritis et nomine dignus corpus Matronae iusto sepelivit honore
Digna fuit coelis Domino Matrona fidelis semper apostolico fungitur et solio";
e anche da un antico martirologio ms. del monastero di S. Grata. Inoltre si rileva che il vescovo Ambrogio (I o III?) la domenica delle Palme. dopo aver benedetto i rami d'ulivo nella cattedrale di S. Alessandro, si portava alla cattedrale di S. Vincenzo e di qui, a ricordo della traslazione di G., anche alla chiesa della santa dove distribuiva un ramo d'olivo benedetto a ciascuna monaca e terminava la funzione.
La depositio di Grata (che nei documenti liturgici vien detta ora vergine, ora vedova) ricorre il 1° maggio, la translatio il 9 agosto; ma per varie ragioni liturgiche la prima fu anche trasferita al 2 o al 16 maggio, la seconda al 25,26 o 27 agosto; nel 1706 la Congregazione dei Riti le assegnò il 4 settembre.
Il Martirologio Romano la menziona il 1° maggio; il Ferrari nei suoi due Cataloghi ricorda Grata vedova al 25 agosto; gli Acta SS. dai praetermissi del 1° maggio la rimandano al 25 agosto e infine al 4 settembre, collocandovi la Vita (poco attendibile) scritta dal b. Pinamonte.
Nella diocesi di Bergamo la sua memoria si celebra il 12 maggio.
Autore: Pietro Bertocchi
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