Padre Bernardo di Gesù Silvestrelli, al secolo Cesare, figura che primeggia nella congregazione dei Passionisti perché considerato come il secondo fondatore, nacque il 7 novembre 1831 a Roma in piazza della Minerva. Il padre, Giantommaso, era un nobile e ricco signore di Tuscania; la madre, Teresa Gozzani, era marchesa di San Giorgio di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. Cesare era terzo di sette figli. Venne battezzato lo stesso giorno della nascita con i nomi di Cesare, Pietro e ricevette la Cresima il 7 giugno 1840. I Silvestrelli avevano una cappella di famiglia e un precettore ecclesiastico per l’assistenza scolastica e la formazione cristiana dei figli, studi che per Umberto si conclusero poi al Collegio Romano dei Gesuiti, oltre a frequentare l’Oratorio del Caravita (1840-1847).
Il 13 agosto 1848 rimase orfano della madre l’11 novembre 1853 del padre.
All’età di 23 anni gli accadde di sostare, durante una battuta di caccia, in un istituto passionista di Sant’Angelo sul Fogliano. Rimase così profondamente colpito dalla spiritualità che qui vi regnava da decidere di entrare nell’Ordine fondato da San Paolo della Croce nel 1720.
Entrato nella casa del noviziato passionista di San Giuseppe sul Monte Argentario (GR) il 25 marzo 1854, iniziò il periodo di formazione con il nome di Luigi del Sacro Cuore di Maria il 7 aprile 1854; ma il 3 maggio 1854 fu costretto ad interrompere il noviziato per motivi di salute. Ottenne dal Superiore Generale la facoltà di essere ospite della comunità della Presentazione, sempre al monte Argentario e qui studiò teologia.
Fu ordinato sacerdote da Monsignor Giuseppe Molaioni, Vescovo passionista, il 22 dicembre 1855. Continuò lo studio della teologia e decise di affrontare nuovamente il noviziato, entrando nella casa di Morrovalle il 1° aprile 1856, dove, il 6 settembre arrivò pure Francesco Possenti, il futuro San Gabriele dell’Addolorata (1838-1862). Emise la professione religiosa il 28 aprile 1857, prendendo di l nome di Bernardo di Gesù. Si perfezionò negli studi sotto la guida del padre Salviano di San Luigi dal 1857 al 1860.
Sono gli anni della persecuzione ai danni della Chiesa da parte dei liberali e dei massoni: uccisioni, esili, confisca dei beni, occupazione territoriale… il Beato Papa Pio IX e con lui la Chiesa tutta vengono travolti dal sopruso, dalle calunnie della carta stampata, dalla violenza e dal sangue. Il 29 maggio 1869 Padre Bernardo è a Roma come Superiore della Casa Generalizia dei Santi Giovanni e Paolo al Celio e il 19 settembre del 1970 è a fianco di Pio IX per confortarlo e con lui sale in ginocchio gli scalini della Scala Santa. Il 20 settembre i Bersaglieri assaltano Porta Pia ed è la fine del potere temporale del Vaticano. Roma diviene capitale d’Italia e Vittorio Emanuele II, il Re che ha tradito una lunga e intensa storia di fedeltà alla Chiesa intessuta proprio dal Casato che egli indegnamente ha ereditato e che ora indegnamente rappresenta, prende la residenza ufficiale al Quirinale, dove avevano abitato trenta Sommi Pontefici, da Gregorio XIII a Pio IX. Con il colle del Quirinale i papi erano in più agevole contatto con le sedi delle congregazioni pontificie in cui la Curia si era riarticolata negli ultimi decenni del Cinquecento. Il Quirinale divenne così di fatto la residenza del Pontefice nella sua qualità di sovrano, complementare a quella del Vaticano, che costituiva la sede del Papa Vescovo. Con la proclamazione della Repubblica Italiana, il Palazzo divenne la sede del presidente della Repubblica.
Nonostante le rivoluzioni e la drammatica situazione della Chiesa, Padre Bernardo di Gesù seppe coordinare al meglio le mansioni che gli spettavano di volta in volta. Fu direttore e insegnante degli studenti passionisti a Morrovalle dal 1860 al 1864, quindi maestro dei novizi alla Scala Santa a Roma dal 1865 al 1869, e poi rettore dello stesso Santuario della Scala Santa. Primo consultore provinciale nel 1876, guidò la Provincia religiosa romana dal 1869 al 1878, anno nel quale il Capitolo generale dei Passionisti lo elesse Preposito Generale dell’Ordine, per essere poi nuovamente rieletto per quasi 30 anni, eccetto due brevi interruzioni, fino al 1907. La sua paternità fu mirabile sia nelle relazioni con le anime, sia negli atti, come dimostrò ampiamente mettendo a disposizione dell’Ordine, drammaticamente provato dalla soppressione delle corporazioni religiose voluta dai governi post-unitari, il suo ricco patrimonio familiare.
I Passionisti, grazie alla sua guida, alle sue doti e alla sua munificenza, si risollevò e rifiorì: aveva trovato sei province religiose al suo arrivo e nel 1905 divennero dodici, mentre i religiosi, da 750 unità giunsero a 1490. Aprì nuove case sia in Italia che oltre confine: Inghilterra, Irlanda, Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Australia, Stati Uniti, Argentina, Messico. Il prodigioso moltiplicarsi della realtà passionista lo rese un secondo San Paolo della Croce. Fu stimato e apprezzato da Vescovi e Cardinali e nei suoi confronti, sia Leone XIII (che lo chiamava «santissimo uomo») che San Pio X (che ai Passionisti diceva: «Voi avete un santo per superiore generale») ebbero sempre ammirazione ed affetto. Più volte gli venne offerta la berretta cardinalizia, ma sempre l’umile Padre Bernardo di Gesù la rifiutò.
Sostenne economicamente non solo il suo Ordine, ma anche, con l’autorizzazione del Papa, le realtà religiose in difficoltà. Molto attive furono sotto il suo governo le missioni popolari dei Passionisti. A lui si deve la creazione della Casa di studio attigua alla Scala Santa di Roma, ma anche l’acquisto del terreno dove s’innalzerà il Santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, poi consacrato a Santa Maria Goretti (1890-1902), dove riposa. Don Temistocle Signori, canonico della Collegiata di San Giovanni per quarant’anni, nonché arciprete parroco di Nettuno dal 1882 al 1919, stabilì con Padre Berarnardo un’intesa spirituale e di apostolato di grande valore. Fu proprio lui, nel 1882, ad invitare a Nettuno i Passionisti, ai quali affidò la cura del Santuario della Madonna delle Grazie. E fu ancora Don Signori a raccogliere il perdono di Marietta Goretti per il suo assassino Alessandro Serenelli.
Padre Bernardo di Gesù fu anche autore di molte biografie di religiosi dell’Ordine passionista e che raccolse in due volumi, datati 1932 e 1938; inoltre redasse il trattato dei Trattenimenti spirituali ad uso dei Novizi Passionisti.
Ma, ad un certo punto sentì l’urgenza di separarsi dal mondo completamente e di ritirarsi nella vita contemplativa del convento di Sant’Eutizio di Ferento, là dove aveva conosciuto i Passionisti. San Pio X accolse a malincuore la sua richiesta di esonerarlo dall’incarico il 7 luglio 1907. Ormai la fama di santità di Padre Bernardo, definito «la Regola vivente», si era estesa, perciò, sapendo della sua presenza nel convento di Ferento (a 5 chilometri dal centro di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo) la gente andava a cercarlo continuamente. Fu così che Padre Bernardo lasciò quel luogo e andò a rifugiarsi, per stare unicamente con Dio, nell’eremo di Moricone, presso Roma, dove giunse il 16 giugno 1911.
Ma il 9 dicembre 1911, mentre si trovava sulla scalinata dell’eremo, cadde all’indietro. Fu inutile ogni soccorso e, pregando, morì, come aveva predetto. I suoi resti mortali furono in seguito traslati dal cimitero di Moricone alla chiesa dei Passionisti il 17 aprile 1931. Trovarono il suo corpo incorrotto e lo collocarono solennemente in un monumento marmoreo.
La causa di beatificazione venne introdotta il 13 febbraio 1942. Paolo VI approvò le virtù in grado eroico e lo dichiarò Venerabile il 18 ottobre 1973. Venne riconosciuto il miracolo che aprì la via alla beatificazione: Giuseppe Gerardi di Nerola fu guarito istantaneamente e completamente da un cancro all’intestino il 27 maggio 1987. Giovanni Paolo II lo beatificò il 16 ottobre 1988, insieme al confratello Padre Carlo Houben (1821-1893), poi canonizzato da Benedetto XVI il 3 giugno 2007. Oggi in molti si attende la canonizzazione di Padre Bernardo di Gesù Silvestrelli. Un giorno, pensando a San Gabriele dell’Addolorata, aveva detto: «Quel ragazzo me l’ha fatta, ma io lo raggiungerò».
Concludiamo questo profilo ricordando gli insegnamenti di Padre Bernardo di Gesù, estrapolati dai Trattenimenti Spirituali ad uso dei Novizi Passionisti (cap. I, § 2), dove l’autore esprime il valore dell’orazione mentale, atto indispensabile al clero, ai religiosi, ai fedeli, allora come sempre sarà, fino alla fine dei tempi:
«È un difetto pressoché universale il non sapere che cosa sia, e molto più come si pratichi l’esercizio dell’orazione mentale. Il peggio si è che quasi nessuno si dà premura d’istruirsene, perché o si disprezza del tutto, o non si crede necessaria, ovvero si sta persuasi che appartenga esclusivamente ai religiosi ed alle monache. Quindi l’orazione che sanno fare le persone, anche buone, si riduce alla recita di preghiere, ossia all’orazione vocale, o tutt’al più alla lettura di qualche libro spirituale. Quali però e quanti siano i danni che provengono da questa ignoranza, non si può meglio esprimere che colle parole del profeta Geremia: Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est qui recogitet corde: tutta la terra è in una lagrimevole desolazione, perché non v’ha alcuno che riconcentrandosi in sé si applichi alla considerazione. E difatti da tutti si crede di dover morire, ma da pochissimi si pensa a prepararvisi, ed a prevedere le conseguenze. Si crede che vi è un inferno; ma generalmente non si considera che cosa sia, quanto vi si patisce, e che vi si può cadere da un momento, all’altro. Si crede, ed anche da tutti si spera un paradiso; ma quasi nessuno pensa a guadagnarselo. Così pure si crede che un Dio ha patito, ed è morto per noi; ma non si pondera quanto ha patito, e le ragioni per cui egli ha patito. Si crede che Dio ci ami, ci benefica; ma non si considera l’obbligo gravissimo che si ha di riamarlo e di servirlo. Insomma ecco il danno che ci viene dal difetto dell’orazione mentale: si ha la fede, ma una fede sterile; si crede, ma non si opera in conformità di quello che si crede.
Questa è la ragione per cui non solo tra gl’infedeli, ma eziandio tra i cristiani regna tanta indifferenza per le cose dell’anima, per cui si fa poco, o niun conto della legge santa di Dio, si disprezzano le pratiche di religione; a dir breve, questa è la ragione di tutti i mali che succedono. Non occorre cercarne altre, perché tutte si riducono a questa: non si riflette, non si considera la verità delle cose eterne e spirituali, e perciò si cerca soltanto di vivere alla meglio, e poi quel che sarà, sarà. E notate che non parlo solamente dei semplici secolari, parlo di tutti. Un’anima senza orazione, diceva S. Teresa, è come un corpo paralitico e storpiato, che sebbene ha piedi e mani, di essi però non si può servire. E voleva dire: è inutile che: un’anima si metta in capo di spogliarsi dei vizi, di vincere le cattive abitudini, di scuoprire gli inganni del demonio, di superare insomma le difficoltà che s’incontrano nella via dello spirito, se non fa orazione. E se io volessi qui citarvi il sentimento di tutti i santi e maestri della vita spirituale, udireste che tutti si accordano nel dire la medesima cosa. Mi basterà citarne un solo, ed è il dottore S. Bonaventura. Sentite come scrive questo santo: “Se tu vuoi discuoprire le astuzie del demonio, e liberarti dai suoi inganni, sii uomo di orazione; se vuoi acquistare virtù e fortezza per vincere le tentazioni, sii uomo di orazione; se vuoi riuscire a mortificare la tua propria volontà, i tuoi affetti e desiderii disordinati, sii uomo di orazione; se vuoi stare in una santa allegrezza, e batter con piacere la strada della penitenza, sii uomo di orazione; se vuoi allontanare dalla tua mente i cattivi pensieri, e le ansietà inquietanti, sii uomo di orazione; se vuoi cibare l’anima tua colla grassezza della divozione, ed averla sempre piena di buone riflessioni e di santi affetti, sii uomo di orazione; se vuoi fortificare e confermare il cuor tuo nella via di Dio, sii uomo di orazione; finalmente se vuoi sradicare da te tutti i vizi, e piantarvi le virtù, sii uomo di orazione: perché nell’orazione si riceve l’unzione e la grazia dello Spirito Santo, la quale insegna ogni cosa”. Io non so se possa dirsi di meglio».
Autore: Cristina Siccardi
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