La fonte principale della leggenda agiografica di S. Trofimena è rappresentata dal testo dal titolo Historia Inventionis ac Traslazioni et Miracula Sanctae Trofimenis, redatto in scrittura beneventana e conservato in un codice databile ai primi decenni del X secolo. L’autore, purtroppo anonimo, stando agli studi di Massimo Oldoni, potrebbe essere un presbitero di origine minorese o, più verosimilmente, longobarda . Fino al 1658 il codice fu conservato nell’Archivio Vescovile di Minori, successivamente l’erudito scalese Giovanni Battista d’Afflitto lo inviò all’Ughelli che ne trascrisse il testo, pubblicandolo nella sua Italia Sacra , contribuendo in modo determinante alla perdita definitiva .
Scritto in forma di sermone rivolto al fedele, il testo dell’Historia è diviso in tre capitoli: nel primo sono narrate le vicende legate all’invenzione del corpo di S. Trofimena sulla spiaggia di Minori, evento che la tradizione popolare riconduce al 5 novembre del 640. Come l’urna sia giunta a Minori è difficile stabilirlo, l’anonimo agiografo pone l’accento sull’intervento di un angelo, che guidò l’urna dalle coste siciliane fino a Minori. Qui l’urna restò incustodita per un periodo imprecisato, fino a quando l’attenzione della popolazione locale fu catturata da una lavandaia del luogo recatasi presso la foce del fiume Reginna con l’intento di lavare i suoi panni. Nel battere gli stessi su una lastra di marmo restò con le braccia paralizzate, punita per aver disturbato il riposo terreno della Martire. Immediatamente accorsero i sacerdoti della città, i quali dopo aver identificato in quell’urna marmorea il sarcofago di una martire cristiana, decisero di traslarla in un luogo più sicuro. Nel tentativo di scoprire la sua identità notarono questi versi scolpiti sul marmo: “Tu che cerchi di conoscere i motivi dell’arrivo di quest’urna sappi che qui riposano le membra pie e intatte del corpo di Trofimena Martire e Vergine, Ella, fin quando durarono i costumi di un tempo scellerato, evitò i falsi idoli del mondo sfuggendo, come devota fanciulla, ai genitori siciliani. Riposò in mezzo al mare, offrì le membra ai Minoresi e l’anima a Dio. Di qui è andata a godere tra i profumati spazi di Cristo”.
Questi versi rappresentano le uniche notizie storiche sull’origine di S. Trofimena. Molte informazioni sono lasciate in ombra, come per esempio l’anno di nascita, l’anno del dies natalis e la città d’origine. Queste lacune storiche furono colmate in età moderna dalle ricerche dell’umanista Quinto Mario Corrado, basate sull’analisi dei dati desunti da una ricerca demoscopica.
La narrazione prosegue con l’intervento del vescovo amalfitano Pietro e con la prima traslazione delle reliquie. Di fronte all’impossibilità di spostare la piccola urna marmorea il presule amalfitano decise di farla trainare da due giovenche bianche, che non fossero state ancora sottoposte al giogo. Attraverso questo espediente le spoglie furono traslate, con una solenne processione, dalla spiaggia al luogo dove attualmente sorge la Basilica di S. Trofimena. Furono tumulate sotto una struttura ad incasso, disposta su tre livelli, sub tribus cameris mire constructis, reperiunt sanctam Christi Martyrirem illibatam in suo locello, al di sopra della quale fu eretto il primo altare e una prima chiesa.
Qui il corpo rimase fino all’838, fino a quando l’esercito longobardo minacciò direttamente la sicurezza delle città del Ducato Amalfitano.
Il secondo capitolo si apre quindi con la narrazione delle vicende che hanno come protagonista il principe beneventano Sicardo e il vescovo amalfitano Pietro II. Nell’autunno dell’838, i territori del Ducato di Amalfi subirono il saccheggio da parte delle truppe longobarde, guidate da Sicardo, figlio di Sicone ed erede di una politica religiosa che ebbe, tra i suoi obbiettivi, l’acquisizione di un numero consistente di reliquie di martiri cristiani. Il vescovo amalfitano Pietro II decise quindi di far traslare le reliquie di S. Trofimena da Minori ad Amalfi, considerato un luogo più sicuro.
Le imbarcazioni guidate dal vescovo condussero quindi il corpo di S: Trofimena ad Amalfi, dove fu collocato nella chiesa dedicata alla Vergine, l’attuale chiesa del Crocefisso. Otto giorni dopo questo avvenimento al vescovo apparve in sogno S. Trofimena, avvolta in un mantello rosso, seguita da altre vergini, la quale con voce minacciosa gli predisse un’imminente morte, accusandolo di aver profanato e condotto il suo corpo lontano da Minori. Per le sue colpe la Martire gli predisse una morte improvvisa seguita dalla straziante visione del suo cadavere strappato dal suo sepolcro e divorato dai cani; cosa che avvenne poco tempo dopo in occasione del saccheggio della città di Amalfi da parte dei longobardi di Sicardo.
Le reliquie di S. Trofimena furono trafugate e portate a Benevento. In breve tempo il culto si diffuse anche nelle province longobarde, come dimostra la scelta del vescovo Orso, il quale di fronte alla richiesta di restituzione del corpo, inoltrata dai Minoresi nel giugno dell’839, dopo la morte del principe Sicardo, decise di restituire soltanto una metà del corpo, l’altra metà restò dunque a Benevento. Tale scelta fu dettata, con ogni probabilità, dalla volontà di non privare la sua chiesa di un tesoro divenuto ormai prezioso.
Il corpo di S: Trofimena fece quindi ritorno a Minori il 13 luglio dell’839, dopo aver sostato la notte precedente nella città di Salerno, sede di un’importante e numerosa colonia di mercanti amalfitani. Ad attenderlo l’intera popolazione locale, in “una giornata di sole sfolgorante”, che accompagnò in processione il sacro corpo, riponendolo nel luogo scelto dalla Santa per il suo riposo terreno.
La terza ed ultima parte narra, infine, dei miracoli operati per intercessione della Martire, come nel caso del sacerdote napoletano Mauro colpito da apoplessia e guarito dopo aver toccato il corpo della Martire di ritorno da Benevento. La vicenda che ben descrive la desolazione e la stato di completo abbandono in cui versava la città di Minori dopo il trafugamento delle reliquie è quella che narra le vicende del sacerdote Costantino, custode e guardiano della Chiesa di S. Trofimena. Addolorato e disperato per la perdita delle reliquie non celebrava più messa, conducendo la chiesa tutta in uno stato di profonda desolazione. Un giorno nelle prime ore del mattino vide la Beata Vergine Trofimena che lo rimproverò per la sua negligenza, invitandolo allo stesso tempo a celebrare messa, perché anche se il suo corpo era stato trafugato, il suo spirito continuava a dimorare in quel luogo.
Il terzo capitolo dell’Historia riporta, tra le altre cose, una delle prime attestazioni sull’esistenza della Scuola Medica Salernitana. Al tempo del prefetto Pulcari, che governò Amalfi tra l’874 e l’883, una fanciulla di nome Teodonanda, concessa in sposa ad un uomo di nome Mauro, versava in gravi condizioni di salute. Fu portata a Salerno, città in cui, operava l’archiatro Gerolamo, famoso per le sue competenze mediche. Nonostante il supporto di numerosi “immensa volumina”, (un dato che conferma la presenza di una fornita biblioteca medica), non fu in grado di curare la giovane fanciulla. Di ritorno a Minori il marito Mauro decise di condurla nella basilica di S. Trofimena, l’adagiò la vicino all’altare consacrato alla vergine, consegnandola nelle mani di una monaca di nome Agata. Mentre la pia donna assorta in preghiera davanti all’altare della Santa cadde in un sonno profondo, Teodonanda si alzò da sola e si avviò verso il fiume Reginna, qui le apparve una fanciulla che la invitò a ritornare in chiesa e continuare a pregare. Dopo aver fatto ritorno in chiesa confidò alla monaca di aver avuto una visione di S. Trofimena. La donna notò che il pavimento vicino all’altare cominciò a trasudare un olio profumatissimo, ordinò quindi alla fanciulla di spogliarsi delle sue vesti e cospargersi con quell’olio. Teodonanda obbedì e fu guarita di tutti i suoi mali.
Dal 13 luglio dell’839 il corpo della Martire venne conservato nel luogo posto al di sotto dell’altare eretto nella sua cappella. Col passare dei secoli si perse la memoria del luogo della tumulazione. Quando alla metà del XVIII secolo iniziarono i lavori di ricostruzione della nuova cattedrale, si sentì la necessità di riportare alla luce le reliquie di S. Trofimena. Nella notte tra il 26 e 27 novembre 1793 alcuni devoti minoresi entrando furtivamente in chiesa e scavando nel luogo indicato dalla tradizione trovarono nuovamente le sacre reliquie. Il 27 novembre il popolo di Minori festeggia quindi l’anniversario del II ritrovamento.
Autore: Antonio Mammato
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