Maria Elisabetta, questo il suo nome completo, secondogenita di Giambattista Renzi e di Vittoria Boni, nacque a Saludecio, un paese situato nelle verdi colline dell’entroterra riminese, prospiciente il Mare Adriatico. La famiglia di Elisabetta si trasferì a Mondaino nel 1791. Le ragioni di questo trasferimento si possono trovare in una suddivisione dell’asse paterno e nella convenienza di suo padre di esercitare meglio la professione di perito estimatore e di amministratore dei suoi beni e di quelli del monastero delle Clarisse, posti in questa località.
A nove anni circa, Elisabetta entrò nel monastero delle Clarisse come educanda, e poco dopo ricevette la Prima Comunione. La sua permanenza come educanda, dovette lasciare tracce marcate nel suo spirito e ciò, soprattutto, attraverso l’insegnamento e l’esempio delle monache addette direttamente alla formazione delle giovinette. Elisabetta ha iniziato qui a percepire la presenza di Dio nella sua vita, agevolata da un “naturale dolcissimo” e dalla forte esperienza di vita cristiana fatta con i genitori.
Giancarlo Renzi, fratello di Elisabetta testimonia:
"Fanciulla schiuse se stessa nel silenzio e nella preghiera; Elisabetta passò tra le agiatezze della casa che la vide nascere, come raggio di luce sull'oro diffuso; non attinse bellezza dalle cose preziose che la circondavano, ma le cose preziose rese belle essa stessa con la sua grande bontà e soavità".
Già da fanciulla amava stare raccolta, per trascorrere con l’amato Gesù il suo tempo; si impegnava a crescere nella virtù, tanto che si racconta, si scelse una compagna con la quale fare a gara per vedere chi amasse di più Gesù. Nel 1807 all’età di 21 anni, desiderosa di donarsi completamente a Dio e ai fratelli, chiese di poter fare esperienza nel monastero agostiniano di Pietrarubbia, nella Contea di Carpegna (PU).
Esso godeva grande fama per la profonda spiritualità delle Monache Agostiniane: era poverissimo, situato su terreno franoso di un dirupo, per cui, a dire del Vescovo del Montefeltro, ci voleva una speciale vocazione per la totale solitudine che ivi regnava e per i disagi causati dalle abbondanti nevi e dall’intenso freddo. Elisabetta avvertì subito tutta la forza di una intensa vita di consacrazione al Signore, come appare dalla lettera da lei scritta al padre, in cui manifesta la decisa volontà di darsi unicamente alla gloria di Dio, nella casa di Dio:
« Date lode al Signore perché Egli è buono: eterna è la sua misericordia. All’infuori di Dio, non v’è cosa solida, nessuna, nessuna al mondo! Se è la vita, passa; se è la ricchezza sfugge; se è la salute, perdesi, se è la reputazione, la ci viene intaccata; ah, tutte le cose se ne vanno, precipitano. O babbo, mi permetta che io attenda qui il premio di opere buone, di buoni pensieri, di desideri buoni, imperocché Dio, che solo è buono, anche dei buoni desideri tien conto. Dio mi fa tante offerte! Vuole dunque che non mi curi tosto della Sua amicizia, che non faccia tosto gran caso delle Sue promesse? Babbo veneratissimo, glielo dico: ho un vivo desiderio di far del bene, di pregare tanto per la gloria di Dio, anzi per la maggior gloria di Dio… nella casa di Dio».
Nel Monastero agostiniano di Pietrarubbia passò momenti felicissimi in unione col Signore onde portarlo a chi non lo conosceva come scrisse all’Abadessa del Monastero delle Clarisse di Mondaino:
“Immagini di vedere la meschina e fortunata Elisabetta in una cellina che le è tanto cara e che è il suo santuario, fatto solo per Gesù e per me, e indovinerà facilmente le ore felici che passo col mio Diletto Come sarebbero vuote le nostre celle ed i chiostri se non li riempisse Lui! Ma noi Lo vediamo attraverso tutto, perché Lo portiamo in noi e la nostra vita è un paradiso anticipato. La cella è qualcosa di sacro! Rievoco, madre Badessa, la sua giusta espressione; è un intimo santuario destinato a Lui e alla sua sposa; e vi stiamo così bene tutti e due! Vorrei che tutto il mio essere tacesse e in me tutto adorasse, e così penetrare ognor più in Lui ed esserne così piena da poterlo dare a quelle povere anime che non conoscono il dono di Dio! Che io me ne stia sempre sotto la grande visione di Dio”.
Fra queste mura il Signore la preparò a quella missione apostolica a cui l’avrebbe chiamata.
Nel 1810 il Monastero fu soppresso per decreto napoleonico ed Elisabetta, dopo esperienze tanto felici, dovette abbandonare il monastero e riprendere la vita in famiglia; questo passo ha segnato un momento doloroso per lei, ma la forgerà maggiormente per le prove che dovranno venire. Intanto, fatti nuovi concorsero a renderle più faticoso questo periodo di dolorosa attesa: nel 1813, l’unica sorella, Dorotea, mori all’età di vent’anni.
Abbandonò il primitivo fervore, ma continuò a chiedere al Signore nella preghiera il suo progetto: “Signore, quale progetto hai su di me ?” Un giorno, mentre stava cavalcando assieme ad una domestica venne sbalzata via dal cavallo imbizzarrito. Si rialzò incolume ed interpretò questa caduta come il segno di una chiamata da parte di Dio, ma non sapeva bene dove dirigere i suoi passi. Si consigliò con il suo direttore Spirituale don Vitale Corbucci che la rassicurò dicendole che la sua missione era quella di educatrice e le indicò Coriano dove funzionava un “Conservatorio” cioè una scuola per le ragazze e le donne più povere. Elisabetta arrivò a Coriano il 29 aprile 1824.
Si adoperò per unire il “Conservatorio”di Coriano con l’opera delle Canossiane. Santa Maddalena di Canossa visitando la piccola comunità di Coriano conobbe personalmente Elisabetta Renzi e di lei ebbe a dire:
”Tra il Signore ed Elisabetta vi è tale effusione di reciproco amore, tale perfetta donazione scambievole da tenere per certissimo che, nel porre piede in Coriano, si stringesse fra la creatura e il Creatore, quel nodo che s’insempra nel Cielo”
Maddalena consigliò Elisabetta a prendere la direzione del Conservatorio ed Elisabetta accettò dalla mani di Dio la decisione del Vescovo di Rimini Monsignor Ottavio Zollio che la nominò Superiora della piccola comunità. Sofferenze, imprevisti, non la fermarono, anzi la resero sempre più forte e coraggiosa
Nel 1828 Elisabetta tracciò alcune norme di vita spirituale e comunitaria con il Regolamento delle “Povere del Crocifisso”: vi insiste sul distacco dal mondo per vivere lo spirito della croce, indispensabile per “fare la più amorevole conversazione con lo Sposo divino e sentire l’amorosa sua voce nella solitudine e nel raccoglimento di spirito”. Il 26 agosto 1839 Monsignor Francesco Gentilini, Vescovo di Rimini eresse canonicamente la nuova Congregazione delle Maestre Pie dell’Addolorata. Il 29 agosto 1839 nella Chiesa parrocchiale di Coriano Elisabetta Renzi e le sue dieci compagne offrirono la loro vita a Dio e ai fratelli con la professione dei Consigli evangelici e ricevettero l’abito delle Maestre Pie dell’Addolorata. Dopo Coriano Madre Elisabetta fondò le comunità di Sogliano al Rubicone, Roncofreddo, Faenza, Cotignola, Savignano di Romagna, Mondaino. A Coriano il 14 agosto 1859 all’età di 72 anni, Madre Elisabetta muore, soavemente abbandonata fra le braccia del suo Sposo Crocifisso e Risorto.
Madre Elisabetta fu proclamata Beata dal Papa Giovanni Paolo II il 18 giugno 1989. I suoi resti mortali sono venerati nella Cappella della Casa Madre a Coriano, in Provincia e Diocesi di Rimini. Presso la Congregazione per le Cause dei Santi è in corso lo studio per il riconoscimento di un ulteriore miracolo ottenuto per intercessione della Beata Elisabetta Renzi dalla brasiliana Livia Mara Santos Simao che è inspiegabilmente guarita da un trombo dopo aver invocato ripetutamente e con fede la Beata Elisabetta Renzi che in un giorno, ormai non lontano, speriamo la Chiesa proclamerà Santa.
La spiritualità elisabettiana scaturisce dall’amore al Crocifisso, all’Addolorata, all’Eucarestia. Come per Madre Elisabetta, anche per coloro che oggi vivono il carisma ricevuto dallo Spirito, attraverso di lei, da questi Amori scaturiscono:
carità, umiltà, fede, abbandono in Dio, ubbidienza, semplicità, allegrezza di spirito, gioia del dovere, dono di sé, amore al sacrificio e al nascondimento.
Il carisma educativo della Beata Elisabetta Renzi è diffuso, oggi, in quattro continenti: EUROPA, AMERICA, AFRICA e ASIA dove le Maestre Pie dell’Addolorata, testimoniano l’amore di predilezione di Cristo verso i poveri, i piccoli e i deboli. A fianco alle Maestre Pie dell’Addolorata, con approvazione ecclesiastica, opera dal 1994 il Movimento Per l’Alleluia, costituito da laici che vivono la spiritualità ed il carisma della Beata Elisabetta in tutti gli ambiti della quotidianità.
Lo Stemma dell’Istituto “Maestre Pie dell’Addolorata” è formato da un cuore che arde e sprigiona luce, trapassato da una spada, circondato da gigli, arricchito dalla frase programma: “ARDERE ET LUCERE” – Ardere per illuminare.
Preghiera per ottenere grazie attraverso l’intercessione della Beata ELISABETTA RENZI
Ti benedico, Signore Gesù Cristo, che hai voluto scegliere la Beata Elisabetta Renzi per manifestare al mondo la gioia di conoscerti, amarti e seguirti. Infondi, Ti prego nel mio cuore il suo grande amore verso i fratelli e l’ardente sua brama di annunziare dovunque il Vangelo della salvezza, affinché tutti possano conoscere amare e seguire Te, via verità e vita. Per sua intercessione concedimi anche, se è tua volontà, la grazia particolare che umilmente ti chiedo. Amen. (3 Gloria alla SS.ma Trinità)
Per informazioni e comunicazioni: Istituto Maestre Pie dell’Addolorata (curiampda@ols.org)
Autore: Sr Sabrina, Maestra Pia dell'Addolorata
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