È una illustre figura del clero dell’archidiocesi napoletana e una gloria per Torre Annunziata, città posta all’estremità della diocesi di Napoli, lungo la fascia costiera del Golfo di Napoli, ai piedi del Vesuvio, confinante con Pompei, Torre del Greco e vicino ad Ercolano e Castellammare di Stabia. Tutti luoghi bellissimi stretti fra il mare ed il vulcano, che nei secoli ha sempre minacciato, distrutto e reso fertile il loro territorio. Torre Annunziata, legata al suo porto, realizzato nel 1871, ha sempre dato un largo contributo di uomini addetti alla carriera marinaia ed alla pesca; inoltre si poggiava allora e fino quasi ad oggi sullo Spolettificio militare, sorto nel 1759 con i Borboni, contemporaneamente alla vita del servo di Dio Ignazio Iennaco. A conclusione della panoramica su questa laboriosa e popolosa città, non si può non citare la grande fama acquistata per il commercio dell’arte bianca, cioè dei suoi numerosi mulini e pastifici, che per secoli hanno prodotto la pasta di grano, ormai affermata in tutte le cucine nazionali. Infine anche Torre Annunziata, che nell’epoca romana si chiamava Oplonti, può mostrare i suoi scavi archeologici come la grandiosa Villa imperiale di Poppea, moglie di Nerone, che al pari dei vicini scavi di Pompei, Ercolano, Stabia, è giustamente inserita negli itinerari turistici internazionali, anche per la presenza delle Terme Vesuviane, alimentate da acque vulcaniche, sgorganti lungo la spiaggia. Ma tutto questo non c’era, quando il 30 aprile 1752 nacque a Torre Annunziata Ignazio Iennaco o Jennaco, tutto venne molto tempo dopo di lui, c’era solo la pesca e l’agricoltura, sempre minacciata dalle ricorrenti eruzioni del vulcano troppo vicino. I suoi genitori si chiamavano Nicola e Cecilia Salvatore; il padre gli morì quando era ancora un fanciullo; crebbe fra la pietà e lo studio, sentendo ben presto un vero trasporto per la vita clericale. In quei tempi era un onore e se vogliamo una ottima scelta di vita, divenire sacerdote e quindi i genitori accondiscesero di buon grado e come era uso, vestì l’abito talare, anche prima di entrare in seminario. Fu un esemplare chierichetto nella sua parrocchia, sempre presente alle sacre funzioni, ammirato dai fedeli e dai sacerdoti. Secondo un’antica usanza, anche ai chierichetti veniva dato una parte delle offerte derivanti dalla celebrazione delle sacre funzioni e Ignazio l’utilizzava per far celebrare messe in suffragio dell’anima di suo padre. Meritò di essere ammesso per un posto gratuito nel Seminario Diocesano di Napoli, fu alunno del celebre teologo G. Simeoli, dotto rettore del Seminario. Era ancora un diacono, quando fu nominato professore di lingue orientali nello stesso seminario, per la sua profonda conoscenza delle lingue greca, ebraica, siriaca, francese ed inglese. Gli anni della sua formazione sacerdotale, passarono creando intorno alla sua figura, già di dotto studioso, anche un alone di santità giovanile, per cui dopo un brevissimo tempo dopo l’ordinazione sacerdotale, ricevuta nel giugno 1776, fu chiamato ad esercitare l’ufficio di padre spirituale dei giovani seminaristi.Svolse il delicato compito, esercitandolo con somma cura, guidando ogni singolo giovane candidato al sacerdozio; questo ufficio divenne per lui un vero apostolato, che volle esercitare anche fuori dal seminario. Ad Ignazio Jennaco, pio ed illuminato direttore di coscienze si rivolgevano per un consiglio od una guida, dotti laici, sacerdoti, vescovi, cardinali, compreso quello di Napoli Capece Zurlo, ma ugualmente accolti, erano popolani ed operai che lo volevano come confessore. Ma questo continuo compito, che svolse per tutta la vita, non gli fece tralasciare il ministero sacerdotale nella sua terra natia, nella sua Torre Annunziata, ed eroicamente ogni sabato si avventurava per quella tortuosa, deserta, disagevole strada che da Napoli conduceva alle Calabrie e che dopo una ventina di km, fatti a volte con un calesse e molte volte a piedi, egli giungeva a Torre, alla Venerabile Arciconfraternita del SS Rosario, che allora era fiorente per opere poderose e benefiche. In quella Congrega che l’aveva visto ragazzo orante e devoto, il reverendo Ignazio Iennaco copriva la carica di Padre spirituale e qui era atteso vivamente dai tanti confratelli, per le confessioni e celebrazioni. Grande oratore seppe adattare la sua scienza, alla semplicità dei fedeli di ogni ceto sociale; teologo e scienziato profondo, a soli 28 anni fu ammesso ad un’Accademia di Scienze Teologiche, sorta nel 1780, con gli auspici del cardinale Filangieri, e a cui appartennero i più dotti ed illustri scienziati dell’epoca. Fine linguista e letterato esimio, rivestiva la cattedra di lingua ebraica nel Seminario Arcivescovile di Napoli, la sua fama valicò le Alpi e dall’Inghilterra e Russia arrivarono incarichi di prestigio inerenti alle lingue orientali, con l’ammirazione per la sua rara competenza. Infine fu grande sostenitore della musica sacra, che suonava con l’organo nelle grandi funzioni torresi, ma soprattutto insegnava ai giovani seminaristi di Napoli, la musica gregoriana e quella di Palestrina. Teologo, scienziato, letterato, linguista, ispirato alla musica ed al canto liturgico, Ignazio Iennaco volle rimanere nel contempo un’umile persona, sempre seduto nei posti più nascosti, per umiltà volle distruggere con il fuoco tutti gli attestati, pergamene, manoscritti e quanto altro avrebbe potuto parlare con ammirazione di lui in futuro. Dopo aver vissuto le penose vicende legate alla Repubblica Partenopea del 1799, l’occupazione francese, le leggi napoleoniche restrittive del clero e degli Ordini religiosi, la restaurazione vendicativa borbonica, le tante manifestazioni violente che colpirono Napoli e la provincia in quel tempo, Ignazio Iennaco morì a Torre Annunziata il 22 dicembre 1828 a 76 anni. Il suo corpo rimase esposto all’omaggio dei fedeli per circa nove giorni, mantenendosi incorrotto, morbido e flessibile. Fu tumulato, secondo un suo desiderio nella Arciconfraternita del Ss Rosario, che lo ebbe Padre spirituale per tanti anni. La causa per la sua beatificazione fu introdotta da papa Leone XIII nel 1899, un successivo decreto di proseguimento, si ebbe il 13 marzo 1918.
Autore: Antonio Borrelli
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