Il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli nacque a Barletta il 12 ottobre 1887 da Francesco e Maria Concetta Carpentiere, in un'agiata e numerosa (otto figli) famiglia contadina di sani principi religiosi. Frequentò le scuole pubbliche con regolarità, cosa abbastanza rara a quel tempo, quando, fatta l'unità d'Italia da pochi decenni, lo Stato andava organizzando con difficoltà l'istruzione pubblica; la miseria nel Sud, in aggiunta, dissuadeva i più dalla frequenza scolastica. Accanto alla famiglia e alla scuola, fu il clima gioioso dell'oratorio parrocchiale in S. Giacomo Maggiore a formare in armonia di valori il fanciullo Raffaele. Con la fine delle elementari la prospettiva per lui, secondo il genitore, era il lavoro nei campi. Le resistenze paterne, invero blande perché l'uomo era profondamente cristiano, furono vinte dalla madre che fece preparare il figlio agli esami di ammissione al ginnasio: così, nell'ottobre del 1898, il Dimiccoli entrò nella scuola apostolica dei Signori della Missione di Ceccano (Frosinone). Un anno a Ceccano, tre anni a Roma, quindi a Bisceglie (Bari) nel seminario interdiocesano; dal 1908 al 1911, ultimi anni di formazione sacerdotale sotto la guida dei Gesuiti nel Collegio Argento di Lecce, il primo seminario regionale in Italia.
Ordinato sacerdote il 30 luglio 1911, il suo primo compito pastorale fu di viceparroco nella stessa parrocchia che l'aveva visto nascere, crescere e formarsi alla vita sacerdotale, S. Giacomo Maggiore a Barletta. A lui il prevosto volle affidare la cura dell'oratorio parrocchiale, intitolato a S. Filippo Neri. E quel sacerdote alto (quasi 1,90 m), si fece piccolo con i piccoli, per essere forte nell'esercizio delle virtù. Guerre, epidemie, miseria, dittatura: queste il quadro sociale nel quale don Raffaele Dimiccoli opererà, con un programma pastorale imperniato sull'Eucaristia e su Maria, e insieme con lui numerosi sacerdoti usciti dalla sua scuola, erede egli stesso di un Ottocento religioso carico di fermenti nuovi e di risposte concrete a un anticlericalismo premuroso di togliere ogni esempio di fede e di sostegno morale.
Nel 1924, per l'accresciuto numero degli oratonani, da San Giacomo Maggiore si dovette emigrare verso nuovi lidi; la scelta cadde sull'estrema periferia della città, estrema anche nell'abbandono, inselvatichita, rozza, delinquente, dove morire fanciulli per malaria o tubercolosi era fortuna, per non ritrovarsi "picciotti" all'età adulta. Qui giunse il sacerdote, canzonato e fatto bersaglio di quanto poteva passare per le mani dei primi spettatori. Ma questo tiro a segno durò poco: il Servo di Dio acquistò un vecchio mulino e con le braccia sue e di molti volontari lo adattò a chiesa e a "Nuovo Oratorio S. Filippo Neri". Di qui partirono famiglie oneste e numerose vocazioni: 32 sacerdoti e religiosi, 35 religiose, moltissimi uomini timorati di Dio, mamme sante e vergini consacrate nel mondo.
Accanto all'opera dell'oratorio, nel 1928, don Raffaele aprì una "Casa degli angeli" per asilo, doposcuola, catechismo e ricamo, poi donata alle Francescane Alcantarine; nel 1942 un nuovo asilo infantile nel lo stesso oratorio, dove nel gramo periodo bellico garantì ai piccoli la refezione giornaliera; nel 1942 un "Villaggio del fanciullo" per ragazzi in difficoltà, poi affidato ai Frati Minori Conventuali; ne 1956 una nuova parrocchia intitolata al Cuore Immacolato di Maria. Mentre queste opere nascevano e crescevano, il servo di Dio conobbe nel 1931 gli attacchi violenti dei fascisti nella polemica contro circoli dell'Azione Cattolica. Nel 1948 fu nominato vicario generale della Diocesi di Barletta, incarico che mantenne negli anni della sua sofferenza fisica fino alla morte.
I suoi ultimi due anni di vita furono un'autentica salita al calvario. Ritirato in casa, senza perdere i contatti con i suoi oratoriani, finì per non poter più celebrare la Messa né recitare il Breviario. Morì il 5 aprile 1956 consumato dal "tormento della sete delle anime". Di lui san Pio da Pietrelcina ebbe stima grande, tanto che era solito ripetere ai pellegrini barlettani: "Perché venite da me se a Barletta avete un santo?". Il suo corpo riposa nella stessa chiesa del suo oratorio; nell'ultima ricognizione canonica è risultato incorrotto.
Il 13 marzo 1996 la Congregazione delle Cause dei Santi concesse il nulla osta per l'introduzione della causa di canonizzazione. Il processo informativo diocesano, aperto il 1° maggio 1996, si concluse il 25 maggio 1997; con decreto del 23 gennaio 1998 gli atti sulla vita e virtù del servo di Dio sono stati acquisiti dal medesimo Dicastero.
Il 27 giugno 2011 è stato emanato il Decreto col riconoscimento delle virtù eroiche di mons. Dimiccoli, che è diventato Venerabile.
Autore: Don Luigi Spadaro
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