Nella vastissima panoramica agiografica di figure esemplari per santità di vita, riconosciuta o in via di riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa, si trovano le più svariate condizioni umane, riguardanti l’età, la sofferenza fisica e morale, il tipo di apostolato, la fondazione di Comunità religiose, lo stato civile, la maternità, il misticismo, il carisma particolare, la razza, il martirio, ecc. Fra queste figure ci sono pure quelle che hanno lavorato in silenzio, accanto a stelle di grande splendore di santità e per forza di cose offuscate da tanta luminosità, tanto che sembrano essere passate più inosservate, a volte anche dopo la loro morte. Ed è l’aspetto che più mi ha colpito nel leggere le notizie biografiche di madre Marianna Nasi “prima Suora e prima delle Suore della Piccola Casa” del Cottolengo di Torino. E quasi per proseguire questo nascondimento, essa continua ad essere nominata Nasi, cioè con il cognome del marito prematuramente defunto, invece che Pullino suo cognome di nascita. Anna Maria Pullino nacque a Torino il 6 luglio 1791 e battezzata nello stesso giorno nella parrocchia di San Filippo, unica figlia di Antonio Pullino e di Francesca Demateis, genitori ambedue benestanti. Crebbe nella sua fanciullezza e adolescenza nella pace domestica, aiuto prezioso per la madre, imparando a lavorare di ago e ricamo e nel contempo crescendo in spirito religioso e devoto, partecipando con fervore alle funzioni in chiesa ed alle preghiere in casa, come era buona usanza in quei tempi. Giunta in età da marito, accondiscese ai consigli e desideri di familiari e parenti e si unì in matrimonio con il giovane commesso di negozio di Torino, Carlo Nasi, il 4 luglio 1812 nella parrocchia dei SS. Processo e Martiniano (più tardi unita a S. Teresa). Il marito Carlo, del quale non si sa niente di preciso, tranne che aveva i medesimi sentimenti di pietà e religione e dedito all’Oratorio di S. Filippo; aprì un negozio di chincaglierie, avendo lavorato con esperienza in passamanerie in oro, ed oggetti di chiesa e da lui Marianna imparò a lavorare i ricami in oro, collaborando alacremente alla conduzione del negozio. Nello stato matrimoniale la giovane sposa, poté continuare nella sua ricerca di perfezione spirituale, perché non era ostacolata minimamente dal marito, che invece partecipava con lei alle funzioni, alle visite caritatevoli negli ospedali e nella loro conversazione si parlava spesso dell’Antico e Nuovo Testamento, di cui egli sapeva a memoria i principali episodi. Ebbero due figli maschi, dei quali il primo morì appena battezzato (la mortalità infantile era una piaga per quei tempi), il secondo di nome Giovanni, avrà poi la singolare sorte di essere il testimone principale, che parlerà della sua venerata madre, nella deposizione che nel 1886, egli ebbe a fare nel Processo informativo promosso nella ‘Piccola Casa’ del Cottolengo. La serenità della famiglia durò poco, dopo solo cinque anni di matrimonio Carlo Nasi colpito dal tifo petecchiale, allora infuriante su Torino, morì a soli 26 anni il 27 febbraio 1817. Marianna accettò la volontà di Dio e seguendo i consigli ricevuti dal suo giovane consorte, prese a condurre personalmente il negozio, accudendo il figlio e facendo trasferire presso di sé gli anziani genitori, che assisté fino alla loro morte. Rifiutando nuove proposte di matrimonio, prese a condurre una vita tutta dedita alla famiglia, al negozio, ma soprattutto alla preghiera ed alla lettura delle vite dei santi, di cui una in particolare la colpiva maggiormente: quella di santa Giovanna Francesca Fremiot di Chantal, che trovatasi nelle sue stesse condizioni, divenne la collaboratrice di s. Francesco di Sales. Frequentando la vicina chiesa del Corpus Domini, ciò le permetteva di lasciare momentaneamente il negozio, per delle visite a Gesù Sacramentato; e lì conobbe anche il giovane canonico Giuseppe Benedetto Cottolengo, che scelse come sua guida spirituale e al quale aprì il suo animo, confidandogli il suo desiderio di una vita consacrata, magari tra le Suore Visitandine; ma il Cottolengo la dissuase per allora d’intraprendere questa strada, e le consigliò di rimanere nel mondo e vivere da religiosa nella propria abitazione; in altre parti d’Italia, queste donne specie a Napoli, venivano chiamate ‘monache di casa’. Intanto si era iscritta al Terz’Ordine Francescano presso la chiesa conventuale di S. Tommaso e precisamente il 27 giugno 1819, come risulta dai registri della Congregazione; inoltre Marianna Nasi Pullino si era anche aggregata alla Società per la Perpetua Adorazione esistente anche nella chiesa del Corpus Domini. Fra le Terziarie Francescane fu eletta per ben due volte Ministra; nel 1821 chiese ed ottenne di diventare anche Terziaria Carmelitana; per tutti questi impegni di perfezione cristiana, ottenne sempre il consenso del canonico Cottolengo; il quale nel frattempo aveva formato due drappelli nella sua parrocchia, uno di uomini e uno di donne, dediti alle opere di carità ed assistenza nelle case povere del rione e Marianna era sempre fra le prime e le più fidate, diventando in pratica il braccio destro del canonico. Nel 1827 Giuseppe Benedetto Cottolengo, dando spazio alla sua ispirazione iniziò a Torino, l’Istituto in via Palazzo di Città detto (Casa della ‘Volta Rossa’); Marianna, ormai defunti a poca distanza fra loro i suoi genitori, lasciò il negozio e dopo aver sistemato in pensione il figlio Giovanni, presso il fratello del canonico Cottolengo a Chieri, perché impegnato lì negli studi; venne nominata direttrice del “Deposito della Volta Rossa”. Questo “Deposito” si aprì il 17 gennaio 1828 con l’accettazione dei primi due infermi, 14 anni dopo come risulta dal Registro, al 29 aprile 1842 in detto Ospedale erano entrati 6596 malati. La vedova Nasi profuse nella cura degli infermi e nella direzione dell’Istituto, che prenderà poi il nome di ‘Ospedaletto’, tutte le sue energie, coordinando l’attività di quelle signore della parrocchia, che si erano messe a disposizione del Cottolengo, sotto l’esempio della Dame di Carità di s. Vincenzo de’ Paoli; le Dame di Carità furono all’inizio solo dodici, con delle regole proprie e come distintivo un cuore d’argento con incisa la scritta “Carità” sormontata dalle lettere S.V. (San Vincenzo), da portare sul petto solo quando erano in servizio. Erano addette a turno al servizio dell’Ospedaletto, che cresceva come numero di ricoverati, il canonico Cottolengo ne aggiunse altre fino a trenta, per far fronte alle necessità; nel contempo altri volontari affluivano a dare una mano all’attivissimo canonico, sanitari, uomini di buona volontà, benefattori, sacerdoti. Il santo fondatore si rese conto che le dame non potevano bastare, impegnate anche con le loro famiglie, quindi dopo essersi consigliato con autorevoli amici, fu ispirato ad erigere una specifica Istituzione di consacrate, specie se ragazze di campagna, più robuste per il duro lavoro da svolgere e Marianna Nasi si offrì di accogliere nella propria casa la novella famiglia di religiose e il 30 novembre del 1830 la prima ragazza di Virle, entrò nella casa e in seguito si chiamerà suor Maria Maddalena. In breve altre postulanti affluirono fra le Suore di Carità (loro prima denominazione); in seguito si chiameranno Suore Vincenzine, ma il popolo le chiamò sempre “Suore Cottolenghine” e Marianna Nasi divenne per incarico del Cottolengo la loro prima “Madre”. Ma inizieranno anche per lei le incomprensioni, come del resto per il Cottolengo, specie da parte dei parenti per questa sua scelta, ma tutto superò, sempre obbediente alle direttive del fondatore, con il quale era in perfetta sintonia e ciò le permise di essere un’ottima superiora per le sue suore, che ricevettero da lei una formazione spirituale, necessaria ed indispensabile per i compiti gravosi che le aspettavano fra i sofferenti di ogni genere. Intanto nel 1831 il colera minacciava Torino e le Autorità, temendo l’affollarsi degli ammalati dell’Ospedaletto, diedero disposizione al Cottolengo di chiuderlo. Sia pur con dolore, condiviso con Madre Marianna Nasi, dovette ubbidire e gli ammalati furono divisi nei vari ospedali di Torino o restituiti alle famiglie. Per occupare le stanze divenute vuote, vi furono sistemate due scuole per ragazzi e fanciulle e anche le Orsoline sorte nell’ottobre 1831, che raggiunsero in breve il numero di 126, divenendo la prima famiglia non religiosa della Piccola Casa della Divina Provvidenza e le Orsoline furono, dopo le suore Vincenzine, le figlie primogenite di Madre Nasi. Le Orsoline vennero poi trasferite a Valdocco nel 1833; presso di loro era stata appoggiata madre Nasi, in attesa di momenti migliori, mentre le Suore Vincenzine proseguivano, sotto la sua guida ad assistere gli ammalati nei loro domicili, specie i più disagiati. Passato il pericolo del colera, il santo fondatore si rimise al lavoro per trovare un posto dove costruire il nuovo ospedale, finché si trovò il luogo adatto a Valdocco, in una zona ancora coltivata ad orto. La nuova opera volle che si chiamasse “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, con il motto da apporre su tutte le entrate degli edifici in costruzione: “Caritas Christi urget nos”. Venne finalmente il 27 aprile 1832 con l’apertura del nuovo ospedale. A questo punto ci fermiamo nel descrivere lo sviluppo successivo, grandioso e provvidenziale dell’Opera Cottolenghina, che nel sito ha una scheda propria intitolata a san Giuseppe Benedetto Cottolengo, per fermarci solo sulla figura di madre Nasi, oggetto di questa scheda biografica. Consigliera e collaboratrice primaria del Fondatore, seguì ed organizzò nella nuova sede di Valdocco le sue suore, gestendo le varie e multiformi attività assistenziali che la Piccola Casa includeva sempre più numerose; nel contempo la sua vita spirituale, si rassodava sempre più tra le molte difficoltà, che l’Opera, affidata completamente alla Divina Provvidenza, comportava. Ma gli effetti deleteri sul suo fisico, di tanto affannarsi, si cominciavano a farsi sentire; già da tempo era soggetta a sputi di sangue e il suo viso si scoloriva sempre più. Nei primi giorni di novembre 1832 fu costretta a letto con la febbre ed i medici interpellati dal Cottolengo, sulla salute di Madre Marianna, non diedero molte speranze; e presente il fondatore, la sera di giovedì 15 novembre 1832, un impetuoso sbocco di sangue le tolse la vita, a soli 41 anni. La mattina successiva la notizia della sua morte si sparse per tutta Torino ed i Terziari Francescani di S. Tommaso, dei quali era consorella, vennero a cantarle l’Ufficio dei morti; il funerale fu commovente per la partecipazione di fedeli, suore ed ammalati con s. Giuseppe Benedetto Cottolengo, celebrante e piangente. Venne tumulata nel tombino di una famiglia, donato per l’occasione, nel cimitero di S. Pietro in Vincoli, dove rimase fino al 1846, quando quattro anni dopo la morte del Cottolengo (1786-1842), il suo successore canonico Anglesio, Superiore della Piccola Casa, ottenne che le sue spoglie fossero traslate dal Cimitero alla cripta sotterranea della Chiesa di Valdocco, vicino alle tombe di altre suore Vincenzine (Cottolenghine). Nei decenni successivi la tomba fu spostata per lavori ed è attualmente nella Rotonda della Chiesa. È auspicabile che il ricordo, le virtù, la vita, la religiosità, l’abnegazione di questa donna, che pur tanto provata nella vita, seppe donare tutta se stessa ai bisognosi, concedendo piena fiducia nella Divina Provvidenza, come il suo padre spirituale, collaborando alle sue prime iniziative, quando all’inizio tutto è più difficile; divenga esempio fulgido per i cristiani, attraverso il riconoscimento ufficiale della Chiesa delle sue virtù; come già avvenuto per s. Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Autore: Antonio Borrelli
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