Il martirio dell’abate Porcario e dei suoi ca. 500 monaci di Lérins, celebre abbazia benedettina posta sulle isole di Lérins in Provenza e fondata nel 410 da s. Onorato, è situato nell’VIII secolo, quando le lotte fra Musulmani e Franchi sconvolsero la Provenza. Nel 736 e nel 739 il patrizio Mauronto, si ribellò contro Carlo Martello (689-741) figlio di Pipino di Héristal cui successe nel 716 come maggiordomo d’Austrasia, chiedendo l’aiuto dei Musulmani, i quali si sparsero per tutta la Provenza saccheggiando dappertutto. A loro volta i Franchi di Carlo Martello, anche loro aiutati dai Longobardi, venuti in loro soccorso, misero a ferro e fuoco il Paese in rivolta, superando in distruzioni quelle dei Musulmani. E in questo orribile contesto di violenze e di rappresaglie, che si colloca il martirio di Porcario abate e dei suoi numerosi monaci. Racconta una ‘Vita’ compilata nel secolo X, poi ricomposta nell’XI, che i Saraceni avevano già invasa la Provenza (la romana Provincia) regione meridionale della Francia, quando un angelo apparve all’abate di Lérins, Porcario, preannunciandogli che dieci giorni dopo, gli arabi si sarebbero impadroniti dell’abbazia e avrebbero ucciso i monaci. In quel tempo l’abbazia benedettina di Lérins, posta sull’isola Saint-Honorat nel Mediterraneo di fronte a Cannes, contava più di 500 monaci, il numero così elevato comprendeva anche i monaci di altri monasteri dei dintorni che lì si erano rifugiati. Alla notizia data dall’abate Porcario, tutti si dissero disposti a morire, tranne due giovani monaci di nome Colombo ed Eleuterio, che andarono a nascondersi in una grotta della costa. Il santo abate dispose di mettere in salvo le reliquie conservate nel monastero e poi inviò in Italia trentasei novizi e sedici ‘alunni’, affinché un giorno potessero ritornare e così ricostruire l’abbazia. In un anno imprecisato intorno al 739, i Saraceni effettivamente sbarcarono sull’isola, distrussero il monastero con tutte le cappelle, uccidendo purtroppo tutti i monaci (stragi usuali in quelle invasioni), tranne quattro giovani che decisero di portare in schiavitù con loro. Dalla caverna in cui si era nascosto insieme ad Eleuterio, il giovane monaco Colombo, assisté terrorizzato all’eccidio dei suoi confratelli, vedendo le loro anime che salivano al cielo; preso dal rimorso e resistendo ai tentativi di trattenerlo di Eleuterio, si presentò ai saraceni che lo decapitarono subito, ultimo dei martiri. Il racconto prosegue narrando che i quattro giovani monaci fatti prigionieri, riuscirono ad evadere mentre erano nel porto di Agav, fuggendo attraverso i boschi fino al villaggio di Ara Lucis (ora Arluc), da dove poi raggiunsero di nuovo l’isola, ritrovandovi Eleuterio, che spaventato non aveva lasciato il suo nascondiglio. Tutti e cinque presero a seppellire a Lérins l’abate ed i ca. 500 monaci uccisi, poi al termine del pietoso e straziante compito, partirono raggiungendo i novizi che si trovavano in Italia, giungendo fino a Roma per raccontare al papa, la morte dei monaci e la distruzione della celebre abbazia. Vent’anni dopo, tutto il gruppo ritornò a Lérins e come aveva previsto l’abate Porcario, ricostruirono l’abbazia. È fuor di dubbio che i martiri furono vittime dello scontro politico fra i Musulmani ed i Franchi, più che per motivi religiosi, ma in quello sciagurato periodo dell’VIII secolo, tutti gli uomini di chiesa, che morivano di morte violenta, venivano considerati martiri; giacché gli storici non sono in grado di stabilire l’esatto numero delle vittime, è da supporre che in realtà fra l’invasione musulmana e il conseguente contrattacco franco-longobardo, i martiri siano stati complessivamente un 500 anche se non tutti nello stesso momento. Porcario, Colombo ed i loro compagni sono stati sempre venerati a Lérins come santi e martiri, con celebrazione al 12 agosto, data ripresa poi dal ‘Martirologio Romano’. Nell’abbazia esiste una cappella del X secolo, che segna il luogo in cui la maggior parte dei monaci vennero uccisi. Certamente dato il gran numero, le reliquie in parte saranno state portate in altri luoghi in Europa, dove hanno ricevuto un culto locale.
Autore: Antonio Borrelli
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