Croth (Évreux), Normandia, 18 settembre 1803 – Port-Louis, Isola Maurizio, 9 settembre 1864
Nacque in Francia nel 1803 da famiglia borghese che lo spinse a laurearsi in medicina. Scampato da un incidente, decise di abbandonare la professione per farsi missionario. Mandato nel 1841 nell’isola di Mauritius si dedicò con entusiasmo all’evangelizzazione dei Neri che erano stati per legge liberati dalla schiavitù, ma abbandonati a se stessi. La sua “scelta di campo” suscitò gravi conflitti con gli altri missionari e perfino con il Vescovo, che volevano dedicarsi soltanto ai figli dei coloni bianchi. La sua “incarnazione” nel mondo della “negritudine” lo portò a valorizzare tutti gli elementi positivi della cultura locale non solo ma anche della religiosità indigena. Giacomo Laval fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II sottolineando il fatto che si era messo “da una parte”, dalla parte degli Ultimi, i Neri in tempo di razzismo.
Martirologio Romano: A Port-Louis nell’isola Mauritius nell’Oceano Indiano, beato Giacomo Desiderato Laval, sacerdote, che, dopo alcuni anni di esercizio della professione medica, si fece missionario nella Congregazione dello Spirito Santo e condusse i neri da poco liberati dalla schiavitù alla libertà dei figli di Dio.
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Primogenito di due gemelli, Giacomo e Michele, ereditò il nome del padre Giacomo Laval, secondo gli usi del tempo; la madre si chiamava Susanna Delérablée e nacque il 18 settembre 1803 a Croth, diocesi di Évreux in Normandia, Francia, di cui il padre era sindaco; al primo nome di Giacomo fu aggiunto il nome Desiderio, santo vescovo di Rennes che si celebrava in quel giorno. Ricevé dall’ambiente familiare una profonda educazione religiosa, in particolare dalla madre, che però lo lasciò orfano ad otto anni nel 1811. Venne inviato per tre anni presso un suo zio a Tourville-la-Campagne, a sua volta lo zio lo mandò poi nel Seminario di Évreux, ma dopo un po’ ritornò in famiglia, per proseguire gli studi nel Collegio Stanislao di Parigi, frequentando la facoltà di Medicina. A 27 anni nel 1830 si laureò in Medicina e prese ad esercitare la professione prima a Saint-André-de l’Eure, dove rimase per tre anni e mezzo e poi a Ivry-la-Bataille. Il dottor Giacomo Desiderio Laval aveva nel frattempo, accantonato i sentimenti religiosi che l’avevano animato da bambino ed adolescente, ma nel suo profondo egli si sentiva sempre più insoddisfatto. Capitò che andando a visitare una persona anziana ed ammalata, la trovò sempre impegnata a leggere il libro “Imitazione di Cristo” e alla quale chiese di prestarglielo. La lettura di questo libro di grande spiritualità, di autore ignoto, ma si crede scritto da un monaco di qualche abbazia italiana o francese, e una caduta da cavallo, che avrebbe potuto fargli perdere la vita, fecero riaffiorare la vocazione allo stato religioso, che era stata assopita; e ciò procurò un grande stupore fra quanti conosceva; nel contempo si dedicò tutto alle opere di carità. Il 15 giugno 1835 entrò nel Seminario di Saint-Sulpice a Parigi, accelerando gli studi per recuperare il tempo finora dedicato ad altre finalità; e il 2 dicembre 1838 fu ordinato sacerdote, e già quindici giorni più tardi, venne nominato parroco della parrocchia di Pinterville, nella sua diocesi di origine. La parrocchia era composta da soli 483 abitanti, dei quali solo una cinquantina frequentavano la chiesa, ma nel giro di due anni, riuscì a portare quasi tutti alla fede trascurata. Nell’agosto 1840 ricevé la visita di due seminaristi, e con loro si discusse del progetto di evangelizzazione degli africani, in particolare degli schiavi negri liberati con l’abolizione della schiavitù, proclamata nel 1835; e si capiva che i bisogni spirituali di tutta questa gente erano immensi ed urgenti. Giacomo Desiderio Laval, venne così a sapere che il convertito figlio di un rabbino alsaziano, Francesco Libermann, si era recato a Roma per avere l’approvazione pontificia per fondare una Società formata da sacerdoti, che si consacravano all’apostolato tra questi schiavi liberati. Il Libermann, che colpito da epilessia, aveva dovuto lasciare il Seminario, era stato poi ordinato sacerdote nel 1841 da mons. Collier, vescovo di Port-Louis nell’Isola di Maurizio; il quale era venuto in Europa a cercare sacerdoti e nel contempo si era dichiarato protettore dell’erigendo Istituto, che fu fondato nel 1841 dal Libermann (1804-1852) oggi venerabile, sotto il nome di “Congregazione dell’Immacolato Cuore di Maria”. Il parroco Laval fu tra i primi ad aderire a questa Congregazione e seguì subito mons. Collier che ritornava alla sua diocesi, prima ancora che si aprisse un Noviziato. E così il 14 settembre 1841, il vescovo Collier, padre Laval e altri tre missionari sbarcarono nell’Isola Maurizio, nel cuore dell’Oceano Indiano. La situazione religiosa nell’isola era drammatica, come colonia britannica era popolata da 140.000 abitanti, dei quali il 75% erano schiavi liberati e di questi 90.000 erano cattolici; nella colonia vi erano solo nove sacerdoti, impegnati particolarmente per i circa 15.000 discendenti dei coloni bianchi. Padre Laval si dedicò subito all’evangelizzazione dei Neri, i quali pur essendo stati battezzati negli anni dal 1835 al 1839, non erano più stati seguiti pastoralmente; dopo cinque mesi di permanenza, il missionario descrisse una situazione moralmente tragica: Nell’Isola era solo ad occuparsi di circa 80.000 Neri, la corruzione era incredibile, metà non erano battezzati e quelli che lo erano, vivevano come pagani; pochi si erano sposati in chiesa; imperversavano le ubriachezze; le ragazze abusate dai padroni e dai giovani bianchi. I Neri nati nella colonia venivano chiamati ‘creoli’ ed erano corrotti; il povero sacerdote si rivolgeva praticamente ai profughi provenienti dal Madagascar o dal Mozambico. Dovette combattere con i benestanti, che vedevano nelle sue attività apostoliche, occasioni di perdita di tempo per i lavori domestici. Promosse la preparazione di molti catechisti, che con illuminata comprensione, chiamava ‘consiglieri’; non mancarono incomprensioni anche da parte dei suoi superiori. Infatti a Parigi intanto la sua “Congregazione dell’Immacolato Cuore di Maria” si era fusa dopo dieci anni, con la “Congregazione dello Spirito Santo” e il nuovo Superiore Generale riteneva che padre Laval ed i suoi collaboratori, fossero ‘troppo missionari e poco religiosi’. A questo si aggiunsero le difficoltà continue, provenienti dal protestante governo britannico della colonia e soprattutto il numero insufficiente di confratelli, visto l’immenso lavoro da svolgere. La linea di apostolato che Giacomo Laval seguiva, era quella di sottolineare che anche i Neri sono figli di Dio e ad affermare la dignità umana di tutto il suo gregge, escludendo la tentazione di fondare una ‘chiesa parallela’ solo per i Neri; cercò di far comprendere che insieme alla prosperità spirituale, venga promosso anche il benessere materiale. Con questi principi, durante le epidemie di colera del 1854-1857-1862, fondò numerosi ospedali, visitando i malati ovunque si trovassero. Aprì scuole per insegnare le nozioni elementari, costruì varie Cappelle per la formazione spirituale. I suoi sforzi d’integrazione, dettero i loro frutti e in pochi anni la popolazione mauriziana, bianca o creola, vide sorgere una nuova classe sociale, con rispetto reciproco. Nel suo privato usava il cilicio, dormiva sulla terra, abitava in una capanna, usava mortificazioni, continuo digiuno, la preghiera durante la notte, privazioni di ogni genere. A 59 anni era ormai un uomo debilitato nel fisico; colpito da apoplessia, rimase vegliato da migliaia di ex schiavi in lagrime. Morì il 9 settembre 1864; davanti alla sua salma sfilarono 20.000 persone e 40.000 parteciparono ai suoi funerali, che furono un vero trionfo di gratitudine. La sua tomba è rimasta nella Chiesa della Santa Croce a Port-Louis, dove morì, nell’Isola Maurizio in pieno Oceano Indiano. Padre Giacomo Desiderio Laval, sacerdote della “Congregazione dello Spirito Santo e dell’Immacolato Cuore di Maria”, fu beatificato il 29 aprile 1979 da papa Giovanni Paolo II; primo beato insieme al domenicano Francesco Coll, del lungo elenco dei beati di questo pontificato.
Autore: Antonio Borrelli
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