Napoli, IV secolo
Preservò la diocesi dall'eresia ariana. Fece costruire una basilica cimiteriale nella valle della Sanità, vicino alle catacombe di san Gaudioso. Vi fu sepolto e in seguito vi furono sistemati anche i resti mortali del vescovo san Massimo.
Martirologio Romano: A Napoli, san Fortunato, vescovo.
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Non è ben precisata la data del suo episcopato, che deve essere avvenuto verso la metà del secolo IV, al tempo che infuriava l’eresia ariana. L’eresia scaturì dall’eretico Ario di Alessandria (280-336) il quale affermava che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature. L’eresia scatenò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora, a cui non fu estraneo il potere civile. Il vescovo di Napoli Fortunato fece di tutto per preservare la sua diocesi dallo scossone ariano, nonostante il tentativo dei vescovi orientali favorevoli, che fuggiti dal Concilio di Sardica (attuale Sofia in Bulgaria), volevano trarlo dalla loro parte. Si sa che fece costruire una basilica cimiteriale che prese il suo nome, nella valle della Sanità, poco lontano dalle catacombe di S. Gaudioso e che assunse una primaria importanza. In questa basilica s. Fortunato fu sepolto dopo la sua morte e in seguito nello stesso luogo furono sistemati i resti mortali del vescovo s. Massimo, 10° vescovo di Napoli, che vittima della già citata lotta eretica ariana, era morto in esilio in Oriente, e che il suo successore s. Severo, aveva riportato a Napoli. Sotto l’episcopato del vescovo Giovanni lo Scriba († 849), le reliquie di s. Fortunato e di s. Massimo furono traslate nella “Stefania”, l’antica cattedrale di Napoli. E di quello stesso periodo, è il famoso “Calendario Marmoreo” di Napoli, scolpito nel IX secolo e tuttora conservato in ambienti dell’attuale Duomo, che riporta il nome di s. Fortunato al 14 giugno; e che alla stessa data è poi riportato in altri Calendari napoletani e nel ‘Martirologio Romano’. Ancora oggi molti napoletani portano il suo nome, ciò testimonia il lungo ed incessante culto goduto nei secoli dal santo vescovo Fortunato, del quale purtroppo si è potuto dare qui solo poche notizie.
Autore: Antonio Borrelli
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