L’infanzia Ana de Lobera nacque a Medina del Campo, in Castiglia, il 25 novembre 1545, figlia di Diego de Lobera e Francesca de Torres, entrambi di antica nobiltà, ma di scarsi mezzi. Fu battezzata lo stesso giorno della nascita. Pochi mesi dopo, suo padre morì: forse a causa di quel trauma, risultò sordomuta per gran parte dell’infanzia. A sette anni, improvvisamente, cominciò a parlare: subito dopo, imparò a leggere e a scrivere, manifestando una notevole intelligenza. Perse anche la madre quando aveva nove anni: insieme ai suoi due fratelli, fu affidata alla nonna materna. Ana, però, aveva scelto la Vergine Maria come madre: ogni giorno pregava il Piccolo Ufficio e, se le accadeva di alzarsi di notte, si metteva in ginocchio e recitava l’Ave Maria.
Il proposito di verginità A dieci anni emise un proposito di verginità, ma la nonna, in quanto sua tutrice, ne fu contraria, soprattutto perché desiderava che si sposasse. A quel punto, Ana affermò che, essendo ancora piccola, avrebbe rinnovato l’impegno quotidianamente, finché non avrebbe avuto l’età giusta per compierlo in perpetuo. La nonna, però, continuava a cercare di convincerla affinché accettasse la corte di uno dei numerosi pretendenti che le offriva. Per sottrarsi a quelle insistenze, Ana, ormai quindicenne, si trasferì con suo fratello Cristóbal a Plasencia, a casa della nonna paterna, ma anche lei voleva a tutti i costi che si sposasse. Alla fine, durante la festa per la Prima Messa di un parente, si presentò vestita con abiti penitenziali: da allora, più nessuno dei suoi parenti le prospettò il matrimonio. Promise quindi di farsi religiosa, di entrare nell’Ordine più austero che avrebbe trovato e di non darsi piacere in nulla.
Dieci anni di vita ritirata, sotto la guida di un gesuita A Placencia, Ana trascorse dieci anni in preghiera e penitenza. Visitava gli ospedali, di sera, per curare le donne malate, ed elargiva quante più elemosine poteva. Il suo ideale era condiviso da altri familiari: suo fratello, che entrò nella Compagnia di Gesù, e due cugine, Maria de Lobera e Maria de Cabreras; l’una divenne carmelitana scalza, l’altra clarissa. Ana scelse come direttore spirituale padre Pedro Rodríguez, gesuita, che aveva appena fondato un collegio a Placencia. Gli confidò le proprie aspirazioni e si esercitò a vincere la propria superbia, ad esempio obbedendo in tutto a una delle sue cugine. Continuava a pensare alla consacrazione, ma non trovava nessun convento che facesse per lei. Intanto, divenne una “beata” della Compagnia di Gesù, ossia una di quelle donne che, restando in famiglia, seguivano lo stile di vita dei Gesuiti.
Primi contatti con madre Teresa di Gesù Nel 1569 padre Rodríguez fu destinato a Toledo: lì conobbe le fondazioni che madre Teresa di Gesù stava avviando per riformare l’Ordine Carmelitano femminile e ne parlò ad Ana, spedendole una sintesi della Regola e delle Costituzioni. La ragazza gli rispose di occuparsi lui del contatto con madre Teresa, affinché fosse lei a indicarle il monastero dove avrebbe dovuto entrare. La risposta fu che Ana era libera di andare dove volesse, ma le veniva suggerito il monastero di San Giuseppe ad Àvila, dove madre Teresa era priora; non prima, però, che guarisse dalla malattia che aveva (forse una febbre malarica). Prima di lasciare Placencia, Ana visitò per l’ultima volta la cappella della Madonna del Porto, tanto cara ai suoi antenati e a lei stessa, che più volte ci era andata a piedi scalzi e recitando il Rosario.
La nuova vita di suor Anna di Gesù Ana giunse al Carmelo di San Giuseppe il 31 luglio 1570; aveva ventiquattro anni. Non fu accolta da madre Teresa, che era a Toledo, ma da madre Maria di San Girolamo. L’indomani, il 1° agosto, vestì l’abito e prese il nuovo nome: avrebbe voluto chiamarsi suor Anna di San Pietro, ma madre Teresa, da Toledo, aveva disposto che diventasse suor Anna di Gesù. La nuova arrivata stupì le altre monache per la sua obbedienza alle Regole, la sua docilità e la carità che manifestava soprattutto verso le consorelle malate. La stessa madre Teresa, tornata da Toledo, poté rendersi conto di persona delle sue doti umane e spirituali.
A Salamanca con madre Teresa Il 1° novembre 1570, madre Teresa partì per Salamanca e da lì ordinò che suor Anna, ancora novizia, fosse tra le sorelle che avrebbero dovuto raggiungerla per la nuova fondazione. L’anno seguente volle che lei seguisse le connovizie, durante la sua assenza per regolare alcune questioni a Medina. A causa di frequenti emorragie alla bocca, suor Anna riuscì a professare i voti solenni il 22 ottobre 1571. Rimase per quattro anni a Salamanca; in uno, a causa dell’esubero di monache rispetto alle celle, si ritrovò la stessa madre Teresa come compagna. In tal modo, poté ricevere le sue confidenze e assistere da vicinissimo alla sua opera riformatrice.
Priora a Beas Il 24 febbraio 1575 venne fondato il monastero di Beas de Segura, prima fondazione in Andalusia. Madre Teresa volle che la cofondatrice e la prima priora fosse proprio madre Anna. Il 18 maggio partì per Siviglia: in quello che fu il loro ultimo incontro volle scambiare il proprio mantello nuovo col suo, che era più vecchio e usurato. Madre Teresa e madre Anna rimasero in contatto epistolare, ma l’unica missiva che ci rimane è quella passata alla storia come la “lettera terribile”, scritta da Burgos il 30 maggio 1582. In essa, madre Teresa la rimproverava perché, a suo dire, aveva agito fuori dall’obbedienza. In generale, però, madre Anna agì fedelmente rispetto alle sue richieste e al suo carisma.
L’amicizia spirituale con fra Giovanni della Croce e con padre Girolamo Gracián Durante il viaggio verso Salamanca, suor Anna e le altre monache passarono per Mancera: lì avvenne il primo incontro tra lei e fra Giovanni della Croce, che incontrò di nuovo come confessore del monastero di Beas. Fra Giovanni le fu molto legato, specie dopo la prigionia trascorsa a Burgos, e le dedicò il “Cantico Spirituale”. Un altro religioso che aveva abbracciato la riforma teresiana era padre Girolamo Gracián, eletto nel 1581 primo Provinciale dei Carmelitani Scalzi. In quel Capitolo, madre Teresa volle che madre Anna partecipasse al posto suo.
Gli anni di Granada e la morte di madre Teresa Nel giugno 1581 madre Anna terminò il suo secondo mandato come priora e fu incaricata di fondare un nuovo monastero a Granada: di fatto, l’unico a essere fondato non direttamente da madre Teresa durante la sua vita. Alla morte di madre Teresa, il 4 ottobre 1582, madre Anna strinse ancora di più i legami fraterni e di collaborazione con fra Giovanni della Croce. A differenza di entrambi, non lasciò opere teologiche, nonostante le richieste delle consorelle: affermava che tutto quello che era necessario sapere si trovava nel Libro della Vita (l’autobiografia) di madre Teresa.
La fondazione a Madrid e l’edizione degli scritti di madre Teresa Il 17 settembre 1586 venne eretto un nuovo monastero a Madrid: padre Nicolò Doria, eletto Provinciale un anno prima, volle che la priora fosse madre Anna, la quale era appena stata rieletta a Granada. Il suo modo di agire conquistò anche le dame di corte. Una delle sue prime occupazioni nella nuova casa fu, per incarico dei superiori, la raccolta dei manoscritti di madre Teresa: riuscì anche a riavere il manoscritto del Libro della Vita giacente negli archivi dell’Inquisizione. L’edizione degli scritti, curata dall’umanista e religioso agostiniano fra Luis de León, era già pronta il 15 settembre 1587.
La fedeltà al carisma teresiano Per madre Anna cominciò un periodo molto problematico, quando si trovò a dover difendere i punti fermi che madre Teresa aveva lasciato per la riforma dell’Ordine Carmelitano, quindi sia della monache, sia dei frati. Padre Nicolò Doria, che nel 1588 era stato eletto vicario generale, non rispettò quanto il Capitolo Provinciale di Alcalá aveva deciso sette anni prima, in particolare per quello che riguardava il ramo femminile. Madre Anna, a quel punto, prese l’iniziativa di rivolgersi a Roma mediante Bernabé Del Marmol Zapata, segretario del Nunzio Apostolico in Spagna. La missione riuscì: papa Sisto V concesse il Breve «Salvatoris», datato 5 giugno 1590, che confermava le Costituzioni teresiane. Padre Doria, con il successivo Breve «Quoniam non ignoramus» di Gregorio XIV, del 25 aprile 1591, riuscì a ottenere una revoca di quelle disposizioni.
Il tempo della prigionia Il ricorso alla Santa Sede venne considerato imprudente e contrario all’obbedienza. Per questa ragione, madre Anna venne punita: fu deposta dal ruolo di priora, relegata nella sua cella per tre anni e senza voce attiva né passiva. In aggiunta, non poteva nemmeno ricevere la Comunione. La regina Maria le propose di ritirarsi con lei, ma rifiutò, non volendo lasciare l’abito carmelitano. A quella prova si aggiunsero la morte di fra Giovanni della Croce, il 14 dicembre 1591 (fu canonizzato nel 1726), e l’espulsione di padre Girolamo Gracián dall’Ordine (successivamente, rientrò tra i Carmelitani dell’Antica Osservanza; per lui è in corso la causa di beatificazione). Oltre a questo, le Costituzioni promulgate nel 1592 non facevano menzione di madre Teresa, né dei suoi scritti.
Ritorno a Salamanca Il 1594, anno in cui terminò la pena, fu anche la morte di padre Doria; l’anno precedente si era verificata la separazione tra Carmelitani Scalzi e “calzati” o dell’Antica Osservanza. Madre Anna chiese e ottenne di poter tornare a Salamanca, monastero della sua professione solenne: due anni dopo, fu eletta priora. Nel 1597 depose nel Processo Ordinario della causa di beatificazione di madre Teresa (la cui canonizzazione avvenne il 12 marzo 1622): per un fatto eccezionale secondo i tempi, la sua testimonianza ci è stata tramandata come fu pronunciata, ovvero in prima persona.
La partenza per la Francia Nel 1604 madre Anna fu scelta, insieme a madre Anna di San Bartolomeo (beatificata nel 1917), per capeggiare la spedizione che avrebbe portato il Carmelo teresiano in Francia. Temporaneamente, le monache, come indicato nella bolla di papa Clemente VIII, cadevano sotto la giurisdizione di tre superiori francesi. Tra questi c’era Pierre de Bérulle, futuro cardinale, il quale impose che il monastero di Parigi, inaugurato il 18 ottobre 1604 con madre Anna priora, non fosse intitolato a san Giuseppe, seguendo la tradizione impiantata da madre Teresa, ma all’Incarnazione, titolo più affine alla propria spiritualità. Anche in Francia, madre Anna fu ammirata e osteggiata. In quegli stessi anni, però, riuscì a dare vita a nuove fondazioni: il 15 gennaio 1605 quella di Pontoise; il 15 settembre 1605 quella di Digione, città dove si ammalò di peste ma guarì al contatto con un velo di madre Teresa; il 14 maggio 1606 quella di Amiens.
La tentazione di partire Le difficoltà coi superiori francesi furono però così gravi da condurre madre Anna a pensare di tornare in Spagna, pur di essere seguita e diretta dai Carmelitani Scalzi: il clima religioso e politico della Francia dell’epoca e la lontananza dal suo Paese natale la facevano soffrire. Un giorno, mentre pregava, le parve di udire Gesù che le diceva: «Dove sono io, puoi restare anche tu. Sei venuta per me e vuoi andartene per te stessa!». Da allora non ebbe più la tentazione di partire.
Le fondazioni in Belgio Nell’agosto 1607, però, madre Anna ricevette la richiesta dell’infanta Isabella Clara Eugenia, figlia del re Filippo II di Spagna e sovrana dei Paesi Bassi, di fondare un monastero a Bruxelles. Accettò, a una condizione: che anche i frati Carmelitani Scalzi prendessero dimora in quel Paese. Il 22 gennaio 1607 madre Anna inaugurò il primo Carmelo belga, di cui venne nominata priora. Sul finire dello stesso anno, il 4 novembre, fondò quello di Lovanio, tornando poi a Bruxelles. La terza fondazione avvenne il 7 febbraio 1608, a Mons. Nel 1609 riuscì a ottenere l’invio dei frati in Belgio, provenienti dall’Italia: la fondazione avvenne nel settembre 1610.
Per tre volte priora a Bruxelles Madre Anna fu rieletta priora nel 1612. Continuò a promuovere l’eredità di madre Teresa e di Giovanni della Croce, facendo pubblicare una serie d’incisioni con immagini sulla vita dell’una e altre stampe sull’altro. Collaborò inoltre con padre Gracián per la pubblicazione della vita della Madre in fiammingo. Nel 1615, contro la sua volontà, ma su richiesta degli arciduchi Alberto e Isabella Clara Eugenia e di tutta la comunità, fu eletta priora per la terza volta. Promosse anche fondazioni ad Anversa e a Cracovia in Polonia ed era disposta ad andare fino in Inghilterra; per mezzo delle sue figlie spirituali, contribuì alla fondazione di altri cinquanta monasteri. Non a torto, quindi, è passata alla storia come la “capitana delle priore”.
Gli ultimi anni e la morte Negli ultimi sette anni di vita, madre Anna fu paralizzata alle mani e ai piedi e soffrì d’idropisia. Quest’ultimo male si aggravò nel febbraio 1621. Ormai certa di morire, chiese e ricevette l’Unzione dei Malati e la Comunione in forma di Viatico dalle mani di fra Ilario di Sant’Agostino; spirò, in piena coscienza, la mattina di giovedì 4 marzo 1621. Ai funerali partecipò una grande folla, compresi i sovrani del Belgio e tutta la loro corte. Madre Anna fu sepolta nella chiesa del monastero, dove rimase fino a che l’imperatore Giuseppe II scatenò la persecuzione contro gli Ordini religiosi. Costrette a lasciare il Belgio, le Carmelitane vollero portare la salma con loro. Ottenuta l’autorizzazione dell’arcivescovo di Malines, aprirono la tomba: trovando il corpo in cattive condizioni, misero in un’altra cassa, che fu sigillata dall’autorità ecclesiastica, le ossa e le vesti rimaste, e la portarono al loro convento di Parigi. Appena le condizioni furono di nuovo a loro favore, le monache rientrarono a Bruxelles con i suoi resti mortali.
L’inizio della causa di beatificazione Madre Anna fu circondata da fama di santità sin dal momento stesso della morte. Subito fu cominciata la raccolta di notizie sulle sue virtù e sui miracoli che le venivano attribuiti. La prima biografia fu scritta nel 1632 da padre Ángel Manrique. Già nel 1635 si svolsero cinque processi ordinari in Belgio, mentre negli anni 1625, 1633, 1621, 1636 le monache che avevano vissuto con lei rilasciarono relazioni giurate. Il materiale fu inviato a Roma, ma rimase chiuso fino al 1680. Al momento dell’apertura, si verificò un imprevisto: il processo di Douai si era svolto “sede vacante”, cioè in assenza del vescovo titolare, quindi sotto la presidenza del Vicario Capitolare, canonico Gaspare de Laurenten. Tuttavia, né a Roma, né a Bruxelles dove furono rimandati gli atti del processo, fu possibile trovare qualcuno che conoscesse la firma di questo Vicario.
La ripresa della causa Nei secoli seguenti, madre Anna appariva a tratti dimenticata: santa Elisabetta della Trinità, che pure ha vissuto al Carmelo di Digione, non la menziona espressamente nei suoi scritti. Santa Teresa di Gesù Bambino, invece, la vide in sogno, secondo quanto scrisse nella sua «Storia di un’anima» La soluzione del suo caso avvenne nel 1875, col ritrovamento, nella cattedrale di Tournai, della tomba del canonico De Laurenten, morto l’11 ottobre 1648. Questo fatto permise di riprendere la causa: tra il 2 maggio 1878 e il 1898 si svolsero i Processi Apostolici, mentre il 2 maggio 1885 fu emesso il decreto sugli scritti. Il 17 maggio 1904 fu concesso il Decreto di convalida dei processi. L’anno dopo fu preparata la “Positio super virtutibus”, ma mancavano le “Animadversiones” (Osservazioni) da parte del Promotore di Giustizia. La causa continuava a protrarsi, anche a causa dei conflitti con padre Doria, codificati nella storiografia carmelitana. Gli studi storici successivi hanno portato a comprendere le ragioni di madre Anna e a portare a compimento il suo cammino verso gli altari.
Il decreto sulle virtù eroiche Nel 2013 venne quindi completata e ristampata la “Positio” già edita nel 1905, che passò al vaglio dei Consultori Storici il 12 novembre 2013, essendo la causa di natura antica o storica. Il 9 ottobre 2018 il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi diede voto favorevole, confermato dalla Sessione Ordinaria dei cardinali e dei vescovi, il 5 novembre 2019. Il 28 novembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Anna veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione Anche il miracolo per la beatificazione ha avuto un percorso lungo secoli, essendo avvenuto poche ore dopo la morte di madre Anna. Suor Giovanna dello Spirito Santo, monaca entrata a Bruxelles nel 1608, manifestò i primi sintomi di una paralisi agli arti inferiori il 24 aprile 1613, dopo dieci giorni di febbre persistente. In sei anni, nonostante qualche lieve miglioramento, la malattia peggiorò a tal punto che, verso la fine del 1619, la monaca fu costretta a letto e non fu sottoposta più ad alcuna terapia, dato che la sua malattia appariva incurabile. Madre Anna ne fu molto dispiaciuta: pochi giorni prima di morire auspicò di poter intercedere per lei. Il 4 marzo 1621 anche suor Giovanna volle andare a portare l’ultimo saluto a madre Anna: fu caricata su di una carrozzina e accostata alla salma con l’aiuto di due consorelle. Mentre cercava di baciarle i piedi, si sentì presa da un tremore improvviso. Le monache che la stavano sorreggendo la rimisero seduta, ma lei affermò di sentirsi guarita: riuscì a camminare e a gettarsi in ginocchio accanto al corpo della defunta, mentre le altre monache intonavano il Te Deum. Lo stesso pomeriggio assistette in coro all’Ufficio dei Defunti per madre Anna; da allora in poi riprese la vita comunitaria in modo normale.
Il processo sul miracolo Il caso fu così eccezionale che il Nunzio di Sua Santità in Belgio, J. F. Bagni, istruì un “Processiculum” dall’8 novembre al 17 dicembre 1621, dove interrogò personalmente suor Giovanna, la priora e le consorelle di Bruxelles, oltre ai due medici curanti. Nel 1635 fu istruito il Processo Ordinario nella diocesi di Malines, dove la sanata e dodici monache furono chiamate a deporre. Dopo la ripresa della causa, si procedette a integrare, nel 1890, gli Atti del “Processiculum” e del Processo Ordinario, in quelli del Processo Apostolico. Il 17 maggio 1904 la Sacra Congregazione dei Riti (competente al tempo sulle cause di beatificazione e canonizzazione) convalidò gli Atti, confermati, l’8 giugno successivo, dal Papa san Pio X. Nella “Positio super miro”, l’asserita guarigione fu presentata insieme alle altre prove della continua fama di santità e di segni di cui gode madre Anna di Gesù fino ai nostri giorni. La Consulta Medica del Dicastero delle Cause dei Santi, il 23 gennaio 2020, riconobbe che la guarigione era completa, duratura e impossibile da spiegare scientificamente. Il 30 maggio 2023 i Consultori Teologi confermarono il nesso tra la guarigione e l’intercessione di madre Anna, ratificato dai cardinali e dai vescovi membri del Dicastero, il 5 dicembre 2023.
La beatificazione Il 28 novembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui la guarigione di suor Giovanna era definita miracolosa, aprendo la via alla beatificazione di madre Anna. Lo stesso Pontefice presiedette il Rito della Beatificazione durante la Messa celebrata nello Stadio Re Baldovino di Bruxelles il 29 settembre 2024, nel corso del suo viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio. La memoria liturgica della Beata Anna di Gesù venne fissata al 25 novembre, giorno della sua nascita.
Autore: Emilia Flocchini
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