Aurillac, Francia, ca. 856 - St. Cirgues-Quercy, Francia, 13 ottobre 909
Martirologio Romano: A Saint-Ciergues nella regione dell’Auvergne in Francia, san Gerardo, che, conte di Aurillac, con grande profitto per i suoi possedimenti condusse segretamente vita monastica sotto l’abito secolare, divenendo modello di riferimento per i potenti.
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Si fa più presto a dire quello che non è. Sul versante laico, non è amante della guerra né della caccia né dei tornei, pur appartenendo al ceto che di tutto questo campa. E nella Chiesa non è prete né vescovo, né monaco né abate. Ha fatto buoni studi, e anche questo fa di lui una mosca bianca tra la nobiltà del tempo. È uno dei primi laici venerati come santi, e vive mentre l’Impero di Carlo Magno si sbriciola nelle guerre tra i suoi discendenti, che riportano violenza e miseria.
I vescovi d’Europa, poi, nei loro sinodi lamentano come in troppi monasteri non c’è più disciplina; alcuni sono addirittura vuoti; altri ancora sono diventati condomini per monaci con mogli e figli. Sta andando a picco l’intera istituzione monastica, con tutti i suoi meriti verso la Chiesa e verso la società.
Uno dei più pronti a reagire è lui, Geraldo, figlio del conte di Aurillac, che lo ha incoraggiato negli studi, ma non lo vuole prete né monaco, perché è il suo unico erede. Morto poi il padre, lo distoglie da quel proposito il vescovo Gozberto di Rodez: sono importantissimi anche i laici, specialmente quelli colti come lui, in un tempo di fede raramente illuminata. Tra i battezzati c’è chi da un lato prega il Signore con speranza, e dall’altra venera impaurito il diavolo, anche con riti e sacrifici notturni. Questa gente ha bisogno non soltanto di prediche in chiesa, ma soprattutto di esempi quotidiani, in casa e per strada. Così Geraldo comincia a vivere “nel mondo” con l’austerità dei più esemplari religiosi. La gente scopre in lui un nobile del tutto diverso dagli altri. Non solo aiuta i poveri, ma vive come loro. Esorta alla preghiera e la pratica; si può davvero obbedire a quello che dice, semplicemente osservando quello che fa. Non sembra che abbia grande fama di parlatore, con tutti i suoi studi. La voce della sua santità si ispira alle opere e ai comportamenti.
Geraldo è anche un pellegrino instancabile. Visita le tombe dei grandi santi di Francia: Martino a Tours, Marziale a Limoges... Ma soprattutto lo attira Roma: ci va sette volte nella sua vita. Nell’anno 894 nasce ad Aurillac un nuovo monastero, fondato da lui sulle sue terre. Lo dedica a san Pietro e lo pone sotto la dipendenza diretta del Pontefice. Ne è l’ispiratore, ma non l’abate. Geraldo rimane sempre laico, anche se osserva in tutto e per tutto le regole monastiche. Che sono rigorose, secondo la più rigida tradizione: silenzio, preghiera, molto lavoro manuale, confessione pubblica delle colpe, aiuto ai malati e ai pellegrini, scuola. Nel 910, questa comunità andrà ad unirsi al grande movimento di riforma monastica, iniziato a Cluny dall’abate Bernone.
Ma, nell’anno 902, Geraldo deve chiudere con i pellegrinaggi, perché è diventato cieco. Si ritira allora nel territorio del Quercy, in un possedimento della sua famiglia a St. Cirgues, rimanendovi fino alla morte. Il suo corpo viene poi riportato ad Aurillac, per essere sepolto nella chiesa del monastero da lui fondato. Ed è sempre in questo monastero, alcuni decenni dopo, che prenderà l’abito benedettino il giovane Gerberto, anche lui di Aurillac, che diventerà poi Silvestro II, il Papa dell’Anno Mille.
Autore: Domenico Agasso
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