La sua storia sembra ricalcare quella del beato Nunzio Sulprizio (1817-1836), giovane lavoratore proveniente dalla provincia, malandato in salute, modello di sopportazione cristiana delle sofferenze e morto in ospedale a Napoli. Anche Luigi Avellino nacque in provincia, a Vico Equense (Napoli) nella Penisola Sorrentina, il 16 aprile 1862, da Andrea Avellino e Lucia Volpe, genitori di sei figli e modesti lavoratori dei campi. Luigi fu educato dal parroco Aiello, che gli fece anche da padrino di cresima e fin da ragazzo dimostrò una indole buona e docile. Sotto la guida dello zio materno il sacerdote Giuseppe Volpe, si preparava a prendere la via del sacerdozio, quando a 16 anni fu costretto a lasciare gli studi e mettersi a lavorare nei campi per aiutare la famiglia. Per le ulteriori difficoltà familiari, accettò di lavorare in una cava di pietra di tufo come manuale e qui si ammalò di artrite deformante, che lo fece diventare paralitico poco alla volta. A Vico Equense, da sempre luogo di riposo, venne a villeggiare nell’autunno del 1882, il direttore dell’antico e grande ospedale degli Incurabili di Napoli, il dott. Ortale, il quale conosciutolo gli offrì il ricovero nel suo nosocomio. A Napoli Luigi Avellino trascorse 18 anni, edificando tutti, medici, suore, infermieri e degenti, per la sua fede, il suo spirito di preghiera e di rassegnazione. Organizzava e preparava le funzioni religiose e le feste solenni dell’anno, si prendeva cura materiale e spirituale degli altri ammalati, fu così nominato ‘priore’ del proprio reparto. Terziario Francescano, praticò le virtù della povertà e umiltà, sopportando sorridendo le sofferenze che lo tormentavano e che lo portarono alla morte a 38 anni, il Venerdì Santo 13 aprile 1900. Il 28 giugno 1911 fu aperto il processo informativo in cui testimoniarono con entusiasmo, sanitari, sacerdoti, assistenti e iscritti alle Confraternite del luogo. I suoi resti mortali, dopo vari anni deposti in chiese napoletane, sono ora nella parrocchia del Ss. Salvatore di Vico Equense, dove fu battezzato.
Autore: Antonio Borrelli
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