Il giovane carmelitano Angelo Calvi, nacque il 23 luglio 1909 a Inzago (MI), terzogenito dei poverissimi genitori Francesco Calvi e Teresa Ceserani.
Crebbe frequentando il cortile della sua casa, condiviso con altre abitazioni nel paese bagnato dall’Adda, ragazzo molto responsabile, allegro e generoso; aiutava molto la mamma, lavava i piatti e pentole, collaborava all’allevamento dei bachi da seta, tagliava nei campi l’erba per la mucca; inoltre lavorava come apprendista nella bottega del falegname, andando prima ogni mattina nella chiesa del paese a dare un saluto a Gesù Eucaristia.
Quando non era al lavoro in casa o in falegnameria, lo si trovava nell’oratorio parrocchiale; era iscritto all’Azione Cattolica, da poco nascente nella diocesi di Milano ad opera del card. Andrea Ferrari, oggi beato; innamorato di Gesù Eucaristia promosse fra i compagni dell’Oratorio ‘S. Luigi’, l’adorazione notturna nella cappella.
Aveva 15 anni quando con l’amico Carlo Caldarola, si recò in visita al Santuario – Convento di Concesa di Trezzo sull’Adda, retto dai Carmelitani Scalzi, dove i due adolescenti assistettero alla cerimonia di vestizione di un gruppo di novizi, era il 14 settembre 1924; rimasero entrambi colpiti dalla suggestiva cerimonia e lì sbocciò la loro vocazione alla vita religiosa; l’amico Carlo fra i Figli di don Bosco e Angelo Calvi fra i Carmelitani.
Angelo aveva 17 anni quando il 22 novembre 1926, entrò nel Collegio per le vocazioni di ragazzi un po’ adulti, aperto dai Carmelitani a Cherasco in provincia di Cuneo; aveva lasciato la scuola già da parecchi anni, quindi fu duro riprendere gli studi e difficile tenere il passo con i compagni, nel corso scolastico già iniziato.
Ma la sua vocazione era genuina e quindi più risoluto a non perdersi d’animo, affidandosi all’intercessione di s. Teresa del Bambin Gesù, della quale fu sempre devoto; i suoi sforzi furono premiati, tanto da riuscire tra i primi del suo corso; gli avevano anche consigliato di restare fratello laico oppure di ritornare in famiglia, ma lui con forza decise di diventare sacerdote.
Terminato il ginnasio a Cherasco, il 21 giugno 1928 insieme ad altri cinque giovani, nel convento di Concesa vestì l’abito religioso, prendendo il nome di fra’ Benigno di S. Teresa del Bambin Gesù, poi iniziò l’anno del Noviziato con la vita in comune e con l’acquisizione della formazione specifica dei Carmelitani Scalzi.
Il 26 giugno 1929 fece la professione religiosa, seguita da quella solenne il 17 luglio 1932; continuò gli studi filosofici nello Studentato di Milano e quelli teologici a Piacenza.
I suoi compagni di studi assicurarono di non averlo mai visto alterato o crucciato, ma sempre mite, dolce e costante in qualsiasi circostanza sia favorevole che avversa; accoglieva qualunque osservazione e correzione con umiltà, la metteva in pratica dimostrandosi riconoscente.
Diventò il beniamino dei confratelli più anziani e ammalati, che chiamavano sempre lui, quando era il suo turno di infermiere; perché sapeva ascoltare, compatire e dire qualche buona parola, che valeva più di ogni medicina.
Nel resto era assolutamente un giovane religioso ordinario; seguì sempre la massima della sua protettrice santa Teresa del B. G.: “La santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare le cose ordinarie in modo straordinario”.
La preghiera fu la base della sua vita spirituale, da cui traeva l’amore per i confratelli, l’umiltà, l’obbedienza e la sua serenità.
Venne ordinato sacerdote a Piacenza il 26 maggio 1935 attorniato dai familiari; dopo vari incarichi, nel giugno 1936 fu destinato al convento di Concesa di Trezzo sull’Adda (MI) come vice maestro dei novizi e in sostituzione del parroco ammalato, come viceparroco di S. Maria Assunta, la chiesa del paese.
Innumerevoli sono le testimonianze riguardanti il suo spirito di carità verso gli ammalati, i disabili, i deformi e minorati psichici; accorreva ovunque fosse richiesto come sacerdote, a cui lui aggiungeva l’aiuto pratico nell’assistenza, fu un anno intenso e tutti i fedeli poterono conoscerlo e apprezzarne le virtù.
Nel contempo essendo un carmelitano tutto d’un pezzo, non trascurò la vita comunitaria, né la formazione e la fraterna amicizia con i novizi affidatagli, né la carità verso i confratelli anziani.
Poi iniziò il calvario della sua malattia, verso settembre del 1937 avvertì violenti dolori all’addome, che tre illustri clinici diagnosticarono come semplice colite; lui continuò a sorridere, a tacere e a salire a piedi dal convento alla parrocchia.
La situazione precipitò il 21 ottobre, quando dolori più forti lo costrinsero a letto, nei giorni successivi fu ricoverato d’urgenza all’ospedale di Legnano; portato in sala operatoria, all’incisione dell’addome uno spruzzo di pus sporcò dappertutto, si cercò di fare quello che si poteva, allora non era stata ancora inventata la penicillina.
Si era evidenziata al taglio, una peritonite da tubercoloma, sebbene un po’ sollevato dal suo dolore, l’infezione galoppava con febbre altissima, grande arsura e bruciore del taglio.
Padre Benigno consapevole della sua fine, attorniato da alcuni confratelli e dal superiore, offrì la sua vita per la Provincia Lombarda dei Carmelitani, che in quel periodo correva il rischio di soppressione e poi per un suo compagno padre Teofano Stella, missionario in India.
Dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti e dopo aver rinnovato i voti del Carmelo, ormai allo stremo, fu deciso di riportarlo nel convento di Concesa, con il consenso dei parenti giunti nella notte al suo capezzale.
Trasportato nella sua cella chiese perdono a tutta la Comunità, raccolta con dolore attorno a lui ed esclamando: “Sono contento di morire carmelitano”, rese la sua giovane e pura anima a Dio, era il 25 ottobre 1937 ed aveva appena 28 anni.
I suoi funerali furono un’apoteosi di folla, a conferma della fama di santità che l’aveva accompagnato in vita.
La causa per la sua beatificazione si aprì il 22 giugno 1991 con il nulla osta della Santa Sede e dai processi diocesani a Milano, si è passato a quelli presso la Congregazione per le Cause dei Santi, attualmente in fase avanzata.
Dal 2 aprile 1995, i suoi resti mortali sono stati traslati dal cimitero cittadino, al Santuario-Convento della Divina Maternità di Concesa.
Autore: Antonio Borrelli
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