Sangano, Torino, 30 gennaio 1919 – Hammerstein, Polonia, 22 aprile 1944
Renato Sclarandi nacque il 30 gennaio 1919 a Sangano, in provincia di Torino. Fu allievo del ginnasio «San Giovanni» di Torino e del Liceo Salesiano di Valsalice. Impegnato nell’Azione Cattolica parrocchiale e diocesana, non frenò il suo apostolato neanche quando fu chiamato alle armi nel Corpo degli Alpini, il 5 dicembre 1941. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu fatto prigioniero e deportato prima a Luckenwalde, poi a Przemyśl. Continuò per quanto possibile a stare accanto ai compagni di prigionia, portando conforto e amicizia. Il 22 aprile 1944, mentre si stava dirigendo verso il vicino campo di Hammerstein in Pomerania, presentò alla sentinella tedesca il lasciapassare. La guardia lo stracciò senza nemmeno guardare chi glielo presentava, ingiungendo al prigioniero di rientrare subito nella sua baracca, Renato si girò per obbedire: il soldato gli sparò a bruciapelo alle spalle. Dal 1967 le sue spoglie mortali riposano nella tomba di famiglia a Sangano.
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Renato Sclarandi nacque il 30 gennaio 1919 a Sangano, in provincia di Torino. Fu allievo del ginnasio «San Giovanni» di Torino e del Liceo Salesiano di Valsalice. In questo periodo di studi fu vivamente ammirato per la sua costante allegria e letizia, la serietà dell’impegno e l’entusiasmo nelle attività. A Valsalice era ricordato come il migliore degli studenti, gentile, servizievole, studioso, allegro, simpatico, dal sorriso limpido.
S’impegnò profondamente nella sezione di Azione Cattolica della sua parrocchia di San Bernardino, situata in Borgo San Paolo di Torino, ma anche nella sede diocesana, nelle parrocchie di città e paesi di campagna del Piemonte e fuori regione, sia al tempo del liceo, sia come universitario.
Gli piacevano la bicicletta e la montagna. Amava la gente, la parrocchia e i giovani. Era un giovane vivo e vivace, con la mente piena di idee, dotato di una parola fluida e convincente. Una ragazza della sua parrocchia d’origine diceva: «Si sentiva in lui la purezza dell’anima, la fede cristallina, l’ottimismo della sua fiorente giovinezza; era la forza motrice della nostra parrocchia».
Il 5 dicembre 1941, dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi nel Corpo degli Alpini. La svolta della vita militare, con le sue regole e la sua disciplina, non attenuò il fervore del suo apostolato.
Sia ad Aosta nel corso allievi ufficiali, sia nelle varie tappe della vita militare a Merano, a Bassano del Grappa, a Civitavecchia, a Pinerolo, il suo primo e immutato impegno fu quello di rintracciare, fra i soldati, quelli che provenivano dall’Azione Cattolica. Li radunava per impostare con loro un dialogo e per studiare insieme il modo di vivere da cristiani l’esperienza militare e con tutte le preoccupazioni di quel triste periodo bellico.
A Pinerolo fu in contatto con Carlo Carretto e don Giovanni Barra, con i quali aveva discusso a lungo sulle prospettive del movimento giovanile cattolico e sul ruolo storico che l’Azione Cattolica avrebbe avuto in quel tragico periodo e soprattutto nel futuro post-bellico.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fatto prigioniero, il sottotenente degli Alpini Renato Sclarandi fu deportato come tanti soldati italiani nel lager di Luckenwalde in Germania e poi in quello di Przemyśl in Polonia.
Non cedette allo sconforto: prese a compilare un diario e iniziò a scrivere un libro. Intanto continuava a stare in mezzo ai compagni di prigionia, fornendo a ciascuno un fraterno calore di solidarietà, un po’ d’aiuto, alimentando in tutti la speranza per sopravvivere in quella desolazione dei corpi e dello spirito.
Tutti lo conoscevano, avevano ascoltato le sue conferenze, organizzate alla meglio, sulla Sacra Sindone, sul presepio e l’albero di Natale, sulla Santa Messa, sul “Figlio dell’Alpe” (lo spirito degli Alpini). Traduceva dal latino le letture sacre e guidava la recita del Rosario.
Dal suo diario si apprende il ricordo degli anni trascorsi come studente fra i Salesiani. Annotò i nomi d’insegnanti e Superiori come persone amiche e care. Pregava per tutte le Opere Salesiane, per i padri defunti, per le Associazioni di ex allievi.
Il 30 gennaio del 1944, giorno del suo venticinquesimo compleanno e vigilia della memoria di san. Giovanni Bosco, Renato Sclarandi invocò il fondatore dei Salesiani d’insegnargli «in modo particolarissimo la via della fede completa nella Provvidenza e di guidarmi verso una profonda, completa e filiale devozione a Maria SS. Ausiliatrice, affinché risolva tutti i miei problemi».
Il 22 aprile 1944, impegnato come sempre a portare sollievo ad un prigioniero ammalato nel vicino campo di Hammerstein in Pomerania, oggi in Polonia, presentò alla sentinella tedesca il lasciapassare. La guardia lo stracciò senza nemmeno guardare chi glielo presentava, ingiungendo al prigioniero di rientrare subito nella sua baracca, Renato si girò per obbedire: il soldato gli sparò a bruciapelo alle spalle.
Fu sepolto nel cimitero del campo. Solo nel 1967, per la tenacia e la costanza dei genitori, le sue spoglie mortali fecero ritorno in Italia e composte nella tomba di famiglia a Sangano. La città di Torino gli ha dedicato una scuola e una lapide.
Autore: Antonio Borrelli
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